Il Prc – lo sapete – non è mai stato d’accordo con la missione militare in Afghanistan. Cosa sarebbe successo – mi chiedo – se il ministro Paolo Ferrero, quando si trattò di votare il rifinanziamento di quella missione, avesse detto: «io mi dimetto?» . Cosa avrebbero scritto i giornali? Avrebbero scritto: Rifondazione irresponsabile, Rifondazione traditora, Rifondazione egoista, Rifondazione massimalista, Rifondazione venduta, eccetera eccetera eccetera. Scalfari, Panebianco, Ostellino, Galli della Loggia e chissà quanti altri avrebbero sibilato i loro editoriali. Non voglio nemmeno provare a immaginare quale sarebbe stato il sarcasmo caustico di D’Alema o il piagnucolio iroso di Rutelli. «Come nel ’98! come nel’98! inaffidabili, trucidi, pericolosi, inutili, cacciateli via, sgabelli di Berlusconi…».
Non è così? Esagero? In verità hanno scritto cose analoghe anche per molto meno.
Adesso aspetto di leggere i giornali di oggi per vedere se ad Emma Bonino – che vorrebbe imporre a un governo di centrosinistra una linea economica di destra-destra, cioè un po’ più a destra della linea economica di Berlusconi e Bossi – se ad Emma Bonino, dicevo, sarà riservato un trattamento analogo. Se i commentatori moderati faranno scoccare i loro strali, se sottolineranno il grado di fortissima irresponsabilità politico-istituzionale della ministra radicale, e la nettezza, inaccettabile, del ricatto che esercita su Prodi, chiedendogli di rompere coi sindacati e di spostare su posizioni reazionarie e reaganiane il suo governo.
Può darsi che questo articolo sia eccessivamente polemico. Cerco sempre di evitare gli eccessi della polemica, che non aiutano mai la discussione, però a volte non riesco a non perdere la calma quando sento una esponente politica di un governo del quale fanno parte le sinistre – e che è stato eletto su un programma di sinistra – infischiarsene del mandato degli elettori e intimare al premier – usando la forza del ricatto concessagli dal sistema politico elettorale, cioè dalla sua appartenenza al famoso ceto politico – di stracciare il programma sottoscritto, di rompere le relazioni sindacali, di varare un decreto che punisca migliaia e migliaia di lavoratori che da 35 anni si ammazzano in fabbrica, di giorno e di notte, e che sono quelli che creano la ricchezza di questo paese (che però viene considerata poi a disposizione di Montezemolo e Bonino).
Dice Bonino: cosa ce ne frega di 130 mila persone? Niente, sono solo elettori del Prc e dar loro soddisfazione ci costerebbe troppo.
Come si fa – mi chiedo – a non perdere la calma di fronte a tanta arroganza aristocratica e – Dio mi perdoni per l’uso di questa parola – un po’ fascista? Più che la rappresentante di un partito che ha sempre difeso le minoranze, Bonino sembra la signora della famosa canzone di Paolo Pietrangeli: «sapesse contessa che cosa mi han detto… volevano avere i salari aumentati…».
Emma Bonino non ha sopportato l’idea – che ieri sera sembrava molto concreta – di un buon accordo tra governo e sindacati. Non vale molto, adesso, rivendicare il merito del lavoro svolto da Rifondazione, nel governo, per ottenere questo buon accordo. Quello che è importante è che Prodi respinga il ricatto e chiuda subito la trattativa coi sindacati.