La notizia della concessione della grazia a Ovidio Bompressi ha suscitato, in molti, un senso di liberazione. Alla gioia per un provvedimento lungamente atteso, e scippato per troppo tempo dal ministro Castelli che si è rifiutato di controfirmare la decisione presa dal Presidente Ciampi (comportamento giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale), ha fatto immediato seguito la convinzione che la grazia a Bompressi sia anche la premessa per un analogo atto di clemenza nei confronti di Adriano Sofri (come peraltro preannunciato dal ministro Mastella, che ha però voluto ricordare che la decisione è di esclusiva competenza del Capo dello stato).
Poche le reazioni negative! Tra queste, ancora una volta, quella dell’ex Guardasigilli Castelli («ingiustizia è fatta»): parole che confermano come, malgrado i cinque anni passsati al Ministero della Giustizia, non abbia fatto tesoro delle indicazioni della Corte Costituzionale che, proprio in relazione alla posizione di Bompressi, ha voluto ribadire che la grazia ha finalità “essenzialmente umanitaria” e che la funzione di tale atto di clemenza individuale è quello di “attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione, garantendo soprattutto il senso di umanità, senza trascurare il profilo di rieducazione, cui debbono ispirarsi tutte le pene”. Reazione, quella di Castelli, che si discosta apertamente anche dalla presa di posizione della famiglia Calabresi, che ha mostrato, come sempre, un atteggiamente di grande dignità, limitandosi a espressioni di rispetto della decisione del Presidente della Repuubblica.
In questo contesto, sarebbe forse opportuno – anche per evitare polemiche strumentali – che si possa serenamente riflettere su un segnale più ampio di conciliazione rispetto a un periodo, quale quello degli anni ’70, in cui molti giovani, da una parte e dall’altra, hanno purtroppo ritenuto che la violenza potesse essere strumento di lotta politica. Si potrebbe ad esempio pensare a un numero, significativo ancorchè limitato, di grazie individuali, per chi ha già scontato numerosi anni di carcere e/o ha dato prova certa di aver compreso che la forza della democrazia è proprio quella di essere un formidabile strumento di confronto e lotta politica per cambiare la società: l’obiettivo è quello di lanciare un messaggio che possa far comprendere a tutti che quel periodo, di cui non si può cancellare la memoria, deve essere definitivamente superato (giova ricordare, a tale proposito, che, se dal 1950 al 2000 vi sono stati in media circa 500 provvedimenti di grazia al’anno, dal 2001 ad oggi questi sono stati in tutto 45).
Ma è ancor più importante ribadire, per l’ennesima volta (e con la ferma volontà di passare dalle parole ai fatti), che non è più procrastinabile – rispetto al complesso della popolazione carceraria, alle disumane condizioni detentive e alle disastrose condizioni degli uffici giudiziari – un provvedimento di amnistia e di indulto, capace di ristabilire, nelle aule di giustizia e nelle carceri, princìpi costituzionali che vengono quotidianamente violati. E’ quindi sempre più urgente riprendere a lavorare concretamente – con serietà e serenità, evitando voli pindarici, facile demagogia e fallaci illusioni e operando con sano realismo – per trovare una soluzione che possa avere quella maggioranza qualificata, prevista dalla Costituzione, per un provvedimento che renda le carceri meno invivibibili e la giustizia più celere ed efficiente. Se, contemporaneamente, si opererà, come è possibile e doveroso fare, per cancellare leggi criminogene, quali quella sulla droga e la ex-Cirielli, e per creare un nuovo e più moderno sistema sanzionatorio, non solo si manterranno gli impegni presi in campagna elettorale e si attuerà il programma dell’Unione, ma sarà possibile quell’inversione di tendenza, rispetto alla politica del centrodestra, che è il presupposto, necessario ancorchè non sufficiente, per una giustizia eguale per tutti e realmente al servizio di tutti. Questi, del resto, erano i nostri impegni e le nostre priorità: questi, quindi, non possono che continuare ad essere i nostri impegni e le nostre priorità!