Augusto Pinochet Ugarte è spirato ieri pomeriggio nel reparto rianimazione dell’Ospedale militare di Santiago, dove era stato trasferito d’urgenza dalla sua camera alle 13,30, a causa di un «inatteso scompenso». Il dodicesimo e ultimo bollettino me-
dico emesso a partire dal 3 dicembre, giorno del ricovero, afferma che «sono state applicate tutte le misure mediche possibili per rianimarlo, ma non si è ottenuta una risposta clinica positiva, e la morte è sopraggiunta alle 14,15».
Ad assisterlo erano, assieme ad alcuni amici, i figli e la moglie Lucia Hiriart, che proprio ieri festeggiava il compleanno. Appena si è diffusa la notizia, all’esterno dell’edificio si è riunita una piccola folla di sostenitori, esibendo fotografie del defunto e invocandone il nome. Sventolio di bandiere nazionali. Pianti. Il canto dell’inno. E rabbia nei confronti dei giornalisti, contro cui sono stati scagliati sassi e bottiglie a sostanziare l’accusa «di approfittarsi del dolore di chi ha salvato la patria». Tale è infatti Pinochet, un eroe, per una minoranza di concittadini nostalgici dell’epoca felice in cui gli avversari politici potevano essere impunemente eliminati e l’assassinio etichettato come un servizio reso alla nazione.
Contemporaneamente altri cileni, il cui numero è andato crescendo con il passare delle ore, scendevano nelle strade della capitale festeggiando la scomparsa di uno degli uomini più odiati e disprezzati in patria e nel mondo. Cortei di automobili attraversavano il centro suonando il clacson come se avesse vinto la squadra del cuore. Gruppi di giovani convergevano verso Piazza Italia, abituale luogo di raduni popolari, e nelle vicinanze dello stadio, luogo carico di dolorose memorie legate ai primi atroci momenti della brutalità golpista. Fu là infatti che vennero ammassati centinaia di oppositori, prima della tortura e dell’uccisione. «Oggi si celebra la Giornata internazionale dei diritti umani», ricordava una dimostrante sottolineando la coincidenza temporale con la scomparsa di Pinochet. «La sua morte in un giorno come questo non poteva essere più emblematica». Attorno a lei la gente ballava e cantava. Di fronte alla Moneda, dove il presidente legittimo Salvador Allende sacrificò la sua vita lottando sino all’ultimo contro i golpisti, un gruppo di democratici ne ha ricordato silenziosamente la figura di nobile combattente per la libertà. Lui sì un eroe, lui sì un vero patriota.
Proprio ieri mattina il quotidiano «La Tercera» aveva pubblicato l’esito di un sondaggio, da cui risultava che il 72 per cento dei cileni disapprovava che venisse decretato il lutto nazionale quando Pinochet fosse morto, anche se per il 45% l’attuale capo di Stato Michelle Bachelet dovrebbe comunque partecipare alle esequie.
Poco dopo il ricovero di Pinochet in ospedale, la Bachelet aveva privatamente ricevuto il comandante dell’aviazione Oscar Izurieta per definire il protocollo della futura cerimonia. Era stato stabilito che la camera ardente fosse installata presso l’Accademia militare e che alle spoglie fossero resi gli onori militari, visto che, essendo riuscito sino ad ora ad evitare condanne per i numerosi crimini commessi, Pinochet non ha mai perduto i gradi. Di fatto, ieri sera si è diffusa la voce che la salma sarebbe stata traslata proprio all’Accademia militare, dove dovrebbe rimanere fino a quando la famiglia, le Forze armate e il governo non avranno concordato la data e la forma dei funerali. Un vertice si è svolto nella residenza della presidente per decidere cosa fare. Figlia di un generale vicino ad Allende, torturato e ucciso dagli sgherri di Pinochet, la Bachelet, durante la campagna per le elezioni presidenziali poi vinte nel 2005, si era detta assolutamente contraria all’eventualità che il dittatore, da morto, venisse onorato con funerali di Stato, tre giorni di lutto, e bandiera a mezz’asta.