«E’ la conferma che i governi sapevano»

Oggi il Parlamento europeo vota il rapporto preliminare firmato da Claudio Fava per la Commissione ad hoc sulla Cia, un lavoro partito in sordina ma che va acquistando forza settimana dopo settimana. Il sì, scontato, darà altri sei mesi di lavoro a Fava.
Gli arresti di ieri a Milano possono aiutarvi, scardinando l’omertà dei governi?
Gli arresti confermano la necessità di continuare a lavorare e confermano che i molti abusi e violazioni dei diritti umani che abbiamo registrato spesso sono avvenuti con la compiacenza, con la responsabilità o con il silenzio dei governi europei. E questo caso italiano è esemplare. Intanto abbiamo la certezza che il capo dei servizi, Nicolò Pollari, ha mentito di fronte alla nostra Commissione (nell’audizione del 6 marzo negò di sapere del rapimento di Abu Omar, ndr) e mi auguro che sia questa la lettura da dare. Perché se così non fosse, ossia se Pollari avesse detto la verità affermando di essere stato informato casualmente alcuni giorni dopo il sequestro di Abu Omar, saremmo di fronte ad uno scenario ancor più allarmante, cioè di settori dei servizi segreti italiani che all’insaputa dei loro responsabili organizzano d’accordo con la Cia atti illegali sul suolo italiano. Un’attività chiaramente eversiva.

Frattini durante il dibattito in aula di ieri ha rilanciato proprio il tema del controllo sui servizi segreti.
Adesso è un problema italiano, ma la questione è europea. Occorre un controllo, ma anche una responsabilità politica complessiva nella gestione dei servizi, sul ruolo dei servizi e sull’uso dell’informazione che questi servizi propongono. Anche in questo l’esempio italiano è allarmante. Se è vero che non ne sapevano nulla, come hanno sempre riferito i ministri del governo Berlusconi, allora sarebbe ancor più grave che il governo in carica non fosse stato in condizione di governare i propri servizi. Mi permetto però di coltivare più di un dubbio, non foss’altro perché fonti autorevoli interne alla Cia ci hanno confermato a Washington che mai sarebbe stato possibile organizzare un’operazione di simile portata sul suolo di un paese alleato senza aver prima avvisato il governo del paese alleato. Forse Frattini, come ministro degli esteri, poteva anche non sapere, sia perché la legge non lo prevede e sia perché credo nella sua buona fede. Credo invece che all’interno di quel governo qualcun altro sapesse.

Oltre all’operazione Abu Omar, l’Italia ha ospitato anche una serie di voli della Cia.
Il problema dei voli è un altro problema di presunta cecità dei servizi e dei governi europei. Abbiamo minuziosamente analizzato e ricostruito un migliaio di voli. È mai possibile che su oltre mille voli non si sia mai trovato un poliziotto o un funzionario disposto a chiedere all’equipaggio da dove provenissero, dove andassero, per quale missione? Negli Usa farebbero immediatamente queste domande invece in Europa gli aerei della Cia stazionavano e ripartivano senza alcuna richiesta di informazioni, spesso prima, dopo o durante le renditions con il coinvolgimento, almeno sul piano della distrazione, di decine di paesi europei. In Italia sono 13 gli aeroporti usati, c’è Sigonella, ce ne sono due in Puglia e poi Napoli, Cagliari, Roma, Venezia, Firenze, Pisa, Milano, Genova… alcuni sono legati a renditions come il volo che atterra a Ciampino con a bordo il cittadino canadese Maher Arar, prima di affidarlo ai suoi aguzzini siriani.

La base di Ramstein è al centro di questa ragnatela di voli, Aviano è servita per trasferire Abu Omar. Cosa non funziona nel controllo delle basi Usa e Nato?
Le convenzioni internazionali non prevedono uno status di extraterritorialità per queste basi che arrivi fino alla copertura di atteggiamenti illeciti, cioè se un sequestrato viene trasportato in una base Nato c’è una piena responsabilità delle autorità locali per intervenire a bloccare il reato. Vanno rivisti gli accordi tra paesi europei e Usa, quelli tra la Ue e gli Usa, va rivista la garanzia di trasparenza nella cooperazione tra servizi nazionali e va rivista la Convenzione di Chicago sull’aviazione civile che siamo capaci di applicare con scrupolo totale solo quando gli aerei arrivano dalla Colombia e forse hanno dentro qualche chilo di cocaina, ma quando arrivano da Kabul, da Baghdad o dall’Uzbekistan magari con dentro qualche disgraziato in catene, allora questa convenzione non vale più.

Oggi il rapporto viene votato dal Parlamento. Come si presenta il panorama?
All’interno del Ppe la fronda disposta a sostenere la mia relazione è cresciuta; resta la forte opposizione di tutti i deputati del centrodestra italiano e di Forza Italia che votano contro quasi fosse una questione d’onore. Rigetteremo gli emendamenti che vogliono ridurre il lavoro ad una somma di presunzioni; ahimé, purtroppo non ci sono solo ipotesi ma anche fatti assai gravi.