Non c’è molto tempo da perdere. Le piazze dell’11 ottobre e quella del 25 ottobre hanno plasticamente dimostrato che non esiste alcun spazio politico diverso dai comunisti e dal PD.
È in corso una straordinaria offensiva di potenti forze moderate, se non reazionarie, alcune visibili, altre occulte e criminali, contro gli storici avversari, i comunisti.
Come si fa a non scorgere tutto ciò? Come si fa a non capire la torsione autoritaria che il governo Berlusconi sta conducendo? Come interpretare altrimenti il modellamento privatistico del sistema della formazione e della ricerca, se non denudando la strategia di rendere l’Italia un simulacro di democrazia subalterna a potenze straniere e a poteri forti e occulti?
Sta arrivando una recessione economica che travolgerà l’attuale livello occupazionale, ma i movimenti che si riescono a leggere hanno ben altri obiettivi che predisporre argini e tutele. C’è lo svuotamento del parlamento e l’inconsistenza dell’opposizione; i venti di future riforme costituzionali; la demolizione del sistema dei partiti; si lavora all’isolamento della CGIL per giungere al sindacato unico di regime; si procede alla sostanziale cancellazione della contrattazione nazionale; va avanti la criminalizzazione della storia del movimento operaio, e così via, secondo una trama sinistramente analoga al piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.
Quale dovrebbe essere allora il ruolo, anzi l’imperativo dei comunisti sparsi, divisi, litigiosi, se non lavorare per la ricostruzione di un unico fronte democratico e di sinistra cominciando proprio dalla riunificazione di PRC e PdCI? E’ difficile vedere o praticare altro. È un obiettivo complesso, nient’affatto scontato, ma avrebbe almeno – questo sì – un vero profilo strategico. Lo snodo infatti è di quelli senza ritorno: non si tratterebbe dell’ennesimo escamotage per superare uno sbarramento elettorale o della solita operazione di ceto politico, ma di una prospettiva sicura e assai più solida di quanto oggi lo scenario politico offre a quelle centinaia di migliaia di donne, uomini, giovani che l’11 ottobre hanno affollato le strade di Roma recando gioiosamente una bandiera con falce e martello. Quelle donne, quegli uomini, quei giovani non sfilavano per i propri partiti, ma per l’unità degli stessi, per l’unità dei comunisti. Hanno lanciato il messaggio chiaro di rifiuto dei tatticismi; hanno espresso la voglia di superare il disorientamento per la tremenda sconfitta elettorale. Hanno dimostrato la consapevolezza forte, assai più di quella dei gruppi dirigenti, della necessità di un solo partito comunista che, innervandosi nei movimenti e nelle lotte sociali, sappia far riprendere al Paese quello straordinario cammino riformatore interrottosi negli anni 80.
Abbiamo profondo rispetto del dibattito interno del Prc, ma appare evidente a tutti come la strategia dell’attuale minoranza sia diretta a superare non solo il Prc, ma a chiudere definitivamente i conti con la storia, la tradizione e la cultura politica dei comunisti.
Il rinvio della scelta finale a un momento successivo alle elezioni europee da parte della minoranza guidata da Vendola risponde a un tatticismo ipocrita e insidioso. Quella che si gioca dentro Prc è una partita mortale che produrrà effetti profondi e duraturi che andranno ben oltre le sue stesse sorti, che potranno essere benefici o esiziali a seconda dell’opzione che prevarrà. Incedere faticosamente per tenere ciò che non starà mai più insieme, non solo è illogico, ma finirà per gettare i presupposti per un secondo ‘bagno di sangue’ della sinistra e dei comunisti: e tutto ciò a chi gioverà se non alle forze reazionarie e illusoriamente a chi coltiva piccoli interessi?
Non è difficile immaginare lo sgomento che proverà l’elettore comunista quando, aprendo la scheda elettorale per le europee, si troverà a dover scegliere tra due distinte liste con falce e martello. Cosa proverà? Incredulità? Fastido? E un istante dopo cosa farà? Annullerà la scheda o, peggio, metterà una croce sul simbolo del Pd o di Idv? Il Pdci ha ben chiaro questo rischio, e perciò è pronto da mesi a ricomporre con coraggio, onestà e determinazione le linee spezzate della storia dei comunisti in Italia. Saranno altri ad assumersi la responsabilità di un esito diverso. In ogni caso è la terribile temperie politica della nuova fase ad annunciare imperiosamente che il tempo delle scelte è arrivato.