«I militari stanno rastrellando tutti i giovani dalle case per farli uscire e portare via. Dagli ospedali ci giunge la notizia che sono impossibilitati ad entrare dentro con le ambulanze per portare via i feriti, che vengono lasciati morire dentro le case. Si registrano colpi sparati sulle ambulanze. Nella zona di Atatra, vicino all’american school, hanno preso tutte le case e cacciato la gente. E’ difficile avere notizie non c’è rete elettrica e la rete telefonica è un vero macello». Ecco il grido d’allarme arrivato ieri sera dai cooperanti italiani rimesti a Gaza.
Eppure il generale Aviv Kochavi, comandante della divisione di Gaza, proprio ieri ha dichiarato che l’offensiva su Gaza, condotta per il secondo giorno di seguito con artiglieria, carri armati, ed elicotteri da combattimento, serve a «danneggiare le infrastrutture delle organizzazioni terroristiche».
Non deve aver avuto notizia, come del resto anche gli organi di stampa del suo paese, delle dichiarazioni del portavoce del ministero della Sanità palestinese, Khalid Radhi che ieri, oltre a riferire degli oltre 40 morti palestinesi registrati dall’inizio dell’operazione “pioggia d’estate”, ha denunciato il ferimento (con alcuni casi di mutilazione di arti) di 82 persone, tra cui donne e 27 bambini.
Un bilancio, come sempre in questi casi, provvisorio, e, come vuole la letteratura in materia, destinato a salire.
Secondo le dichiarazioni di Radhi, inoltre, 12 dei feriti si trovano in terapia intensiva ed alcuni dei corpi non sono stati identificati perché irriconoscibili.
Ieri il primo Ministro palestinese Ismail Haniyeh, in visita ai cittadini ricoverati all’ospedale Shifa di Gaza City, ha fatto appello alla comunità internazionale affinché si rechi a Gaza per vedere coi propri occhi quanto sta accadendo, definendo l’incursione israeliana «crimini contro l’umanità che l’occupazione sta compiendo sulla nostra gente».
Appello a cui si è unito il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen che nel corso di una conferenza stampa a Gaza ha dichiarato «il mondo deve far cessare questa aggressione e questa invasione inumana».
Ieri due condanne di quanto sta accadendo sono arrivate da Nazioni Unite ed Unione europea. Il World Food Program dell’Onu ha chiesto «un corridoio umanitario» per poter far arrivare cibo e medicinali a Gaza sotto assedio. Mentre la Commissione europea attraverso un comunicato del primo ministro finlandese Matti Vanhanen presidente di turno, ha condannato «la perdita di vite causato dall’uso sproporzionato della forza da parte dell’esercito israeliano.
Per far fronte all’emergenza l’Ue ha anche stanziato 34 milioni di euro di aiuti umanitari destinati alle popolazioni palestinesi dei Territori, a Gaza e in Libano. I fondi verranno utilizzati in particolare per la distribuzione di derrate alimentari e provvedere alla mancanza di acqua.
Resta comunque per ora un’incognita la durata di “pioggia d’estate”. Il Generale Kochavi ha reso noto di non avere intenzione di fornire informazioni a riguardo, né notizie su quali saranno i metodi che verranno utilizzati dai suoi militari. Una strategia, ha spiegato il generale, tesa a cogliere di sorpresa la parte palestinese.
Kochavi ha inoltre sottolineato che i “danni” provocati dalle operazioni israeliane contribuiranno a far comprendere ai palestinesi che attaccare Israele con i qassam “non è utile”. E su questo non potranno che concordare i sopravvissuti all’incursione ricoverati in ospedale. Non è chiaro invece come il governo israeliano intende giustificare la morte di civili in quanto “danni” collaterali, a meno di ignorare basilari principi relativi alla salvaguardia dei diritti umani, fino a prova contraria, universali.
Intanto dall’ufficio del premier israeliano Olmert è giunta informazione che «non ci sarà alcun cessate il fuoco senza il rilascio del soldato rapito». Ancora una volta l’esecutivo israeliano ha ribadito che l’operazione militare in corso ha l’obiettivo di bloccare il lancio di razzi qassam, che ancora ieri sono stati lanciato contro la cittadina di Sderot (Negev) e di ottenere la liberazione di Shalit. Su quest’ultimo punto, il quotidiano israeliano Ha’aretz, citando vertici della difesa, ha ieri riportato la notizia che l’offensiva dell’esercito potrebbe portare ad una diminuzione del lancio di missili, ma non bloccarli del tutto. Elemento che alimenta ulteriori dubbi sulla natura dell’operazione in corso, considerando anche che, secondo quanto riportato dal quotidiano Ma’ariv, Israele si starebbe dotando di sofisticati mezzi per intercettare “proiettili volanti”, approvvigionandosi di un sistema ultramoderno al laser denominato “skyguard”, con ogni probabilità ampiamente efficace contro i razzi prodotti in cantina dai miliziani palestinesi.
L’ordine di aprire il fuoco contro l’esercito israeliano partito ieri dal ministro degli Interni Siam, che, pur non avendone le prerogative ha anche dichiarato lo stato d’emergenza, è stato sconfessato dal presidente Abbas, a cui rispondono gli apparati della sicurezza. Un elemento che oltre a creare confusione tra le fazioni armate palestinesi, mostra l’inesperienza istituzionale dei vertici di Hamas.
Se a Gaza lo scenario è ormai da guerra, in Israele le forze di sicurezza sono in stato di massima allerta e stanno valutando in queste ore informative dell’intelligence sulla minaccia di attentati terroristici. Per questo ieri, giornata di preghiera per i musulmani, è stato impedito l’accesso alla spianata delle moschee a Gerusalemme di tutti i palestinesi uomini sotto i 45 anni.
Secondo un sondaggio relativo alla situazione attuale effettuato in questa fase, l’opinione pubblica israeliana, irritata dall’atteggiamento di un governo ritenuto non all’altezza di gestire la situazione, né di proteggere in maniera adeguata la popolazione delle città del sud, sarebbe, secondo un sondaggio ripreso dalla Bbc, per l’82% favorevole all’uccisione dei leader di Hamas da parte dell’esercito, mentre il 53% si dice favorevole alla rioccupazione di parte di Gaza. Tale percentuale di israeliani potrà ritenersi soddisfatta. Tre degli insediamenti “disimpegnati” da Israele nell’agosto del 2005 sono infatti oggi occupati da Tzahal (Dugit, Nissanit e Elei Sinai), come anche la periferia di Beit Hanun e due quetieri di Beit Lahya (nord di Gaza).
E mentre, in seguito agli avvenimenti degli ultimi due giorni, Hamas, ha ieri, attraverso il deputato di Mushir al-Masri fatto sapere che al momento «non c’è alcuna trattativa sul soldato scomparso», il Presidente egiziano Mubarak ha confermato al Presidente palestinese Abbas che Israele è pronta a scarcerare detenuti palestinesi in seguito alla liberazione di Shalit. A tale riguardo, Abbas ha aggiunto, a conferma delle indiscrezioni della stampa araba dei giorni scorsi, che «ci sarà anche il ritiro da Gaza e la scarcerazione dei ministri palestinesi». Il presidente dell’Autorità palestinese ha lanciato anche un appello perché cessi il lancio di razzi su Israele dalla Striscia di Gaza.
L’escalation in corso tra israeliani e palestinesi rischia intanto, ogni giorno che passa, di infiammare l’intera regione.
Dagli schermi della televisione iraniana, il presidente Ahmadinejan ha dichiarato che «l’aggressione» di Israele contro Gaza potrebbe provocare una reazione a catena tale da provocare «un’esplosione» nella regione mediorientale, tale da danneggiare non solo Israele ma anche «tutti coloro che la appoggiano nel mondo.