È abbastanza scissione

Il dado è tratto. O quasi: il Prc va verso una nuova scissione. Restano, tra la minoranza vendoliana dell’area Rifondazione per la sinistra, i distinguo su modi e tempi, la contrarietà di una parte degli ex bertinottiani, le proposte in extremis per tentare se non altro di rimandare il divorzio a dopo le europee di giugno. Ma, dicono scissionisti e non, «ormai è il processo è irreversibile». Una precipitazione legata al licenziamento del direttore di Liberazione Piero Sansonetti, che sarà sostituito lunedì dalla direzione del partito, e confermata (salvo successiva precisazione) dall’ex segretario Franco Giordano. Che ieri su Repubblica arrivava alle conclusioni di uno scontro durissimo consumato ma non fino in fondo al congresso di Chianciano che ha eletto segretario Paolo Ferrero, e ora all’ultima puntata: «Non ci sono più le condizioni per rimanere in questo partito». Prima tappa indicata da Giordano, lunedì: «Se cacciano Sansonetti, un minuto dopo lasceremo l’incarico in direzione».
La vede così, come la dice Giordano, l’ex subcomandante Fausto che, amareggiato dalla vicenda del quotidiano del partito e di fronte alla chiusura all’ipotesi di una lista unitaria della sinistra alle europee, avrebbe dato il via libera all’intervista. Non la pensano esattamente così, invece, altri vendoliani. In disaccordo non tanto sul merito, ma sul metodo. Quello della scissione annunciata via intervista, e senza aspettare l’assemblea dell’area che si terrà il 25 gennaio. L’esecutivo dei giovani comunisti, ad esempio, protesta: «Non condividiamo la modalità del dibattito per la costruzione di una nuova soggettività politica della sinistra, pur sentendone forte urgenza e necessità». Basta col vincolare l’unità «esclusivamente ai momenti elettorali», e basta con «interviste e annunci che non provengono da percorsi collettivi e democratici», è scritto nel comunicato firmato da Elisabetta Piccolotti e Federico Tomasello. E l’intervista di Giordano ha provocato parecchi malumori non solo tra i giovani.
E’ dunque ancora Franco Giordano, nel pomeriggio, mentre il segretario Ferrero partecipa all’essemblea dei giornalisti di Liberazione e dopo che è stata ufficializzata dalla stessa segreteria la candidatura del sindacalista della sinistra Cgil Dino Greco a direttore politico del quotidiano, a correggere il tiro: «Non voglio la scissione, in questo momento occorre una discussione tra tutte le forze di sinistra per una piattaforma comune, una lista unitaria. Evitiamo di presentarci alle europee con sette liste di sinistra». Una «precisazione» dovuta non solo ai malumori sui modi e alla mobilitazione dei veri e propri «anti-scissionisti», ma anche alla reale volontà, sempre condivisa con Bertinotti, di percorrere in extremis la strada della lista unitaria. Possibilità che però Ferrero esclude categoricamente: «E’ ridicolo che chi parla di unità faccia la scissione per costruire un partitino, così ridicolo che la scissione non la prendo nemmeno in considerazione», premette il segretario. Che esclude così la lista unitaria: «Sarebbe ancora più ridicolo fare un raggruppamento che dopo il voto si dividerebbe tra chi come la Sinistra democratica di Fava vuole andare nel gruppo socialista, chi con i Verdi e chi, come noi, restare nella Sinistra europea. E poi con questa legge elettorale passano tutti e l’Abruzzo ha dimostrato che se si va divisi si prendono più voti». E Ferrero non crede nemmeno che l’idea della scissione avrà un gran seguito tra chi al congresso di luglio ha sostenuto Nichi Vendola. In ogni caso oggi potrebbe incontrare Fausto Bertinotti. Sicuramente Bertinotti oggi pomeriggio farà il punto con Giordano e con l’ex responsabile organizzazione del partito, Ciccio Ferrara.
La stessa scelta di Dino Greco come direttore di Liberazione (l’ex segretario della Camera di lavoro di Brescia si è preso 48 ore per rispondere, ma già annuncia che il suo non sarebbe «mai un bollettino di partito»), sembra puntare a spiazzare gli ex bertinottiani, agganciandone una parte. Per quanto riguarda il direttore responsabile (ieri era dato per certo Guido Caldiron, che però smentisce), il segretario sostiene che questa figura servirà a garantire legalmente l’uscita del giornale e si avrà una doppia direzione «come si usava nei giornali di sinistra». Come dire, non necessariamente per rispondere al modello Bonaccorsi-Fagioli. Non per questo l’ipotesi che entri nella proprietà l’editore di Left legato al guru dell’analisi collettiva è tramontata, anzi. Nella maggioranza del Prc c’è chi, a partire dall’area di Claudio Grassi, ma anche tra gli stessi ferreriani, vede l’ipotesi come fumo negli occhi. Perciò negli ultimi incontri tra Ferrero e Luca Bonaccorsi si sarebbe parlato dei limiti da mettere alla diffusione del pensiero fagiolino sul giornale, in particolare sulla parte culturale.
Lunedì la direzione si occuperà della sfiducia a Sansonetti e della nomina dei nuovi direttori. Ma sull’ingresso di un editore privato, Ferrero ai giornalisti e al sindacato ha spiegato che si deciderà entro un paio di settimane. E se il cdr chiede che la maggioranza resti al partito, il segretario risponde: «Se si cederà il 99 o all’1 per cento si vedrà, l’importante è che non si perda il finanziamento pubblico». Il segretario ha poi sostenuto che sarà presa in considerazione la proposta avanzata ieri dalle colonne di Liberazione dal costituendo consorzio Bgi, ma sostenendo – a differenza di quanto si assicura nel giornale – di esserne stato tenuto strumentalmente all’oscuro fino a ieri.
Appuntamento dunque a lunedì per la prima tappa. Per la scissione ufficiale molto probabilmente si dovrà attendere febbraio. Il seminario di fine mese di Rifondazione per la sinistra, ma anche le elezioni in Sardegna.