Per la sinistra, domenica, due sconfitte e una vittoria, sia pure le une e le altre piuttosto risicate: in Svezia, il voto più importante della tornata, il governo socialdemocratico, sorretto dall’esterno dal Partito della Sinistra (ex maggioranza Pc) deve abbandonare alla coalizione di centrodestra dopo 12 anni di ininterrotto esercizio del potere; in Germania, l’alleanza Spd-Pds (ora unita alla Nuova Sinistra di Oskar Lafontaine) perde il governo dello stato orientale del Mekleburgo, ma riconquista, sia pure di misura, il controllo strategico del Land di Berlino (che è città- stato). Difficile extrapolare da questi dati chiare linee di tendenza, sia nell’uno che nell’altro paese.
In Svezia il centrosinistra perde per pochi voti dopo un duro testa a testa con una coalizione che non si può nemmeno chiamare di destra, il suo programma sociale essendo tale da rischiare di passare per un progetto di estrema sinistra in Italia come in altri paesi europei: un po’ meno welfare e un po’ più di tasse, ovviamente, ma non molto. Perchè in questo paese nordico, sebbene tutti denuncino l’iperprotezione soffocante dello stato, nessuno può però seriamente azzardarsi a rimettere in discussione conquiste secolarmente consolidate. Un paese che, a differenza della Danimarca, aveva in questi ultimi turobolenti anni resistito allo tsumani liberista e anche razzista: qui gli immigrati non erano mai stati attaccati e anzi erano state varate leggi che imponevano si rispettasse il loro livello di studio, per evitare che ingegneri africani finissero a fare gli spazzini.
E allora perché dopo tanto onorato servizio perde il partito socialdemocratico e più pesantemente, quello di sinistra? Nel conto del 2,6% perduto da quest’ultimo vanno messi non solo l’aumento del Partito Verde, in Svezia assai più radicale e inventivo dei suoi ormai paludati fratelli, ma anche quelli dispersi perché non hanno raggiunto il quorum del 4% (e perciò per ora non conteggiati) da due nuove formazioni: Iniziativa femminista, un partito creato qualche anno fa dalla ex presidente del Partito di Sinistra, una donna intelligente e assai popolare – Gudrun Shyman – ormai insofferente della sottile ma perdurante discriminazione a danno delle donne, in ogni pezzo dello schieramento politico e sopratutto nella società. Sebbene in Svezia nel Parlamento sieda il 45% di deputati di sesso femminile, o forse proprio perché qui così alto è il livello della parità formale, più forte è il fastidio per il rifiuto di riconoscere fino in fondo il problema di genere. Punito dall’estromissione massicia dal sistema mediatico subita durante la campagna elettorale, il partito di Gudrun, cui i sondaggi davano alla vigilia più del 5% ha comunque raggiunto – a quanto sembra – fra l’1% e l’1,5%, quasi il 2% nella città universitaria di Upsala. E tutti gli osservatori sono comunque concordi n ell’indicare nella disaffezione femminile la ragione prima del calo socialista. Accanto a Iniziativa femminista va conteggiato anche il nuovo partito dei «pirati informatici», forte di 10.000 iscritti e impegnato sul fronte del soft libero e, più significativamente, della conoscenza come bene comune. Il 14 settembre, i sondaggi gli davano il 1,5%. I due dati, così come la preferenza accordata al centro ai danni della socialdemocrazia, ci dicono che non è che la destra vinca: quel che accade, piuttosto, è che la sinistra è sempre meno in grado di rappresentare bisogni, culture e fantasie emergenti, che la società è pervasa da inrrequietezza e scontento e da una confusa, ma corposa, ricerca di nuove e per ora nemmeno cercate risposte.
Il voto tedesco, oltre alla pericolosa e lugubre riapparizione della destra nazista (ma non a Berlino, per fortuna) ci dice invece quanto comunque difficile sia fare nuovi partiti. A perdere, nella inedita coalizione rosso-rosso che ha in questi anni governato la capitale, è stata proprio la nuova formazione nata dall’incontro fra la ormai vecchia e inesorabilmente solo orientale Pds di Gysi e di Biski con Wasg (il movimento formato da sinistra sindacale e movimenti no-global) di cui l’ex presidente della Spd che a suo tempo aveva rotto con Schroeder, Lafontaine, ha preso la testa in occasione delle ultime elezioni politiche. All’appuntamento berlinese, dopo soli dieci mesi e nonostante il successo allora riportato, le due ali si sono presentate divise e in pieno conflitto. La Wasg ha accusato la Pds di tutti i tagli sociali ed ha disperso il 3,5%. La Pds che si è difesa con il noto ritornello che «non poteva fare nulla», ha perso il 7%.