«Due milioni ad Abu Omar? Il Sismi dica come spende i fondi»

I commissari inquirenti dell’ Europarlamento, dopo la denuncia della presunta tangente di due milioni di euro offerta un mese fa all’ ostaggio Abu Omar per negare di essere mai stato sequestrato, chiedono ai vertici del Sismi di chiarire finalmente come il nostro servizio segreto militare abbia impiegato in questi anni i propri fondi riservati. E a favore di chi siano stati spesi tutti i soldi che dopo l’ 11 settembre sono stati gestiti dai nostri 007 ora indagati, senza alcun obbligo di bilancio, in nome della sicurezza degli italiani. Parlando di «depistaggio» di «gravità inaudita», che «supera abbondantemente il limite della decenza», l’ europarlamentare Giusto Catania, capogruppo della sinistra nella commissione d’ inchiesta sui voli Cia, ora considera indispensabile sentire il sequestrato. «Ho scritto al presidente, Carlos Coelho, per chiedere che una nostra delegazione si rechi nel carcere egiziano per incontrare Abu Omar. Occorre un atto politico: è evidente che Abu Omar in Egitto rischia la vita». Ma il caso, secondo Catania, solleva una questione più generale: «Occorre immediatamente fare chiarezza sull’ utilizzo dei fondi riservati in mano all’ intelligence italiana, che vengono usati in modo assolutamente arbitrario e per fini immorali». Anche Claudio Fava, l’ eurodeputato Ds che è il relatore dell’ indagine di Bruxelles, condivide l’ appello a fare piena luce sui pagamenti riservati del Sismi: «Rischiamo di scivolare dai segreti di Stato alla corruzione di Stato». E sul tentativo di «comprare il silenzio dell’ ostaggio», Fava fa notare come «la versione falsa che si voleva mettere in bocca ad Abu Omar corrisponda alla lettera alla versione, altrettanto falsa, che il generale Pollari ha offerto alla nostra commissione a Bruxelles». Una coincidenza «per lo meno singolare». Il vicepresidente del Senato, Milziade Caprili, che rappresenta Rifondazione al Copaco, chiede anche ai parlamentari italiani di sentire Abu Omar: «Se è reale quella volontà manifestata da più parti di fare piena luce, il Copaco dovrebbe seriamente valutare la possibilità di recarsi nel carcere egiziano». Dall’ Egitto, l’ avvocato Montasser Al-Zayat ieri ha negato di sapere qualcosa sui soldi offerti ad Abu Omar, ma ha subito aggiunto che «due milioni di euro sono un prezzo troppo basso», visto che la difesa intende chiedere «almeno 15 milioni di euro di risarcimento al governo Berlusconi». Al-Zayat in effetti non è tra le fonti (italiane ed egiziane) che hanno rivelato al Corriere la notizia, su cui sta già indagando anche la Procura di Milano, ovviamente in base a propri elementi di prova. Quasi in risposta a questo nuovo scandalo, proprio ieri le autorità egiziane hanno per la prima volta dichiarato all’ agenzia Ansa che Abu Omar tornerà libero: «Le indagini non sono ancora state ultimate – ha dichiarato una “fonte ufficiale” del Cairo -: dovranno durare ancora tre mesi e, a questa scadenza, sarà rilasciato». La moglie dell’ imam rapito nel 2003 a Milano, Nabila Ghali, ha scritto personalmente a Romano Prodi «un appello urgente», che si apre con queste parole: «Salvate la vita di mio marito». Ricordando «le continue torture e abusi disumani» di cui è vittima Abu Omar dal febbraio 2003, Nabila scrive: «Vi supplico, a nome del vostro buon cuore, dei nobili sentimenti umani, dei diritti dell’ uomo, d’ intervenire con i mezzi diplomatici presso il presidente Hosni Mubarak. (…) Per la giustizia e la clemenza umana, siate voi il buon mezzo per darci l’ aiuto di cui hanno tanto bisogno i nostri bambini».