Dubbi e critiche, la Cgil chiede modifiche

In alcuni settori di movimento circola una «provocazione»: le due più fedeli guardie del corpo della Finanziaria sono la Cgil e Rifondazione. E’ solo una battuta, naturalmente. Anche perché, se scavi a fondo, scopri che il sostegno è molto più articolato e contraddittorio di quanto si immagini. Abbiamo sondato i segretari di alcune categorie della Cgil un’idea più precisa. Su un punto sono tutti d’accordo, con sfumature diverse: nella Finanziaria c’è un segno nuovo e riguarda la politica fiscale. Detto in soldoni, i lavoratori dipendenti non sono più le vittime sacrificali, mucche da spremere per chiudere i buchi di bilancio. Questo, almeno, nella filosofia generale della manovra. Poi cominciano i dubbi, le critiche e le richiesta di modifiche radicali a parti consistenti del testo.
«Nelle intenzioni generali c’è una discontinuità sul terreno fiscale rispetto alle vecchie Finanziarie. Non è tollerabile, per chi rappresenta dei lavoratori che di euro ne guadagnano 25 mila l’anno, la polemica sui “poveracci tartassati” solo perché guadagnano più di 70 mila euro. Vedo altri due segni positivi», dice Carlo Podda, segretario della Funzione pubblica, «non si sono toccate le pensioni e sono state reperite le risorse per i contratti pubblici». Altrettanto nette le critiche di Podda, a partire dal mancato intervento sul precariato: «Avevamo chiesto un percorso di stabilizzazione dei 350 mila precari del settore e invece ci si risponde con la regolarizzazione di ottomila ministeriali. Agli enti locali si tagliano di brutto i fondi, con effetti pesanti sull’occupazione e sui servizi. Nella sanità non cambia il trend che vede un’accelerazione delle terziarizzazioni e delle privatizzazioni, il welfare non è visto come una risorsa ma come un problema. E persiste la convinzione superficiale e sbagliata che privato è buono e pubblico è cattivo». Si potevano percorrere altre strade per tagliare la spesa? «Certo che sì, a partire dalle convenzioni con i privati nella sanità, e dalle consulenze che ammontano a 1,4 miliardi di euro. Si poteva mettere mano ai costi della politica». A proposito di lotta al precariato e, dunque, alla legge 30, Podda ha dato la sua adesione alla manifestazione del 4 novembre «con convinzione, a condizione però che non se ne snaturi il senso: è una manifestazione che prescinde dalla Finanziaria. Poi, se il governo non dovesse dare una risposta positiva alle nostre richieste di modifica della Finanziaria decideremo come agire. Se necessario, con il conflitto».
«Non mi sento di dare un giudizio complessivo, tanto più che ci saranno modifiche da valutare attentamente. Sembra una manovra fiscale che non punisce i lavoratori dipendenti. Ma attenzione: il taglio del cuneo fiscale – e con quel 40% che invece di essere restituito ai lavoratori viene spalmato su tutti i contribuenti – senza fiscal drag, alla fine non consente un aiuto alle fasce più basse. C’è una redistribuzione – dice Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom – fatta a metà. Non vedo inversioni di tendenza nel modo di affrontare il tumore del precariato, nei ticket sanitari e nei tagli agli enti locali, con quel che comporta in termini di welfare». Quel che preoccupa di più il segretario dei metalmeccanici, però, è quel che verrà dopo la Finanziaria: «Tra due mesi si riapre la partita più importante che riguarda pensioni, precarietà e contratti. Noi abbiamo due certezze, che non si apre alcun tavolo di trattativa senza un accordo unitario tra le confederazioni e che nessun accordo potrà essere sottoscritto se non dopo la consultazione e il voto di tutti i lavoratori».
«Finalmente si interviene sul fronte delle entrate – dice Filomena Trizio, segretaria del Nidil – introducendo una progressione fiscale che alla fine aiuta le fasce più basse. L’allargamento della base imponibile premia la legalità e comincia ad affrontare il nodo del lavoro nero. L’intervento sul cuneo fiscale è positivo, nonostante la scelta di spalmare quel 40% su tutti i contribuenti non ci convinca fino in fondo». Ma Nidil vuol dire lavoro parasubordinato, precariato. Dunque, il giudizio positivo sulla «filosofia» della manovra non può che attenuarsi nello specifico: «E’ vero che aumentano i contributi rendendo così meno appetibile il lavoro precario. Ma non è chiaro se i rialzi siano tutti a carico delle imprese. Le previdenze sociali sono limitate e nel complesso, la manovra su questi punti è malscritta con alcuni aspetti inaccettabili, come quello che riguarda le maternità a rischio. Per le partite Iva, è grave che i lavoratori debbano pagarsi per intero i contributi. Così si incentivano le aziende a scegliere le formule più convenienti, trasformando i cocoprò in partite Iva. Ma l’aspetto meno convincente è il mancato intervento sul precariato nel pubblico impiego».
Fatto salvo il solito «giudizio positivo sulla manovra fiscale» e «sulla salvaguardia delle pensioni», Enrico Panini, segretario della Flc che raccoglie scuola, università e ricerca, giudica «molto deludente la parte che riguarda la conoscenza. Non c’è un centro di gravità nella manovra, o se c’è non è certo la politica della conoscenza. Ci sono cose inaccettabili: alzare l’obbligo scolastico a 16 anni ma aggiungere che il progetto per sostenere i ragazzi più deboli debba essere cercato in agenzie al di fuori della scuola pubblica, vuol dire abbattere uno dei punti di riferimento della sinistra degli ultimi 40 anni, e violare il programma dell’Unione. E ancora, che investimento si fa sul sapere se si lesinano i fondi? Non ci sono risposte ai problemi che abbiamo posto su università, ricerca, accademie e conservatori e le risposte sulla scuola statale sono deboli».