Credo che mai nella storia della nostra Repubblica un presidente di Confindustria abbia chiesto le dimissioni di un governatore di Banca d’Italia. Di solito marciavano di concerto. Questo inedito è avvenuto ieri a Cortina d’Ampezzo, dove nel corso di un dibattito estivo Luca Montezemolo ha detto: «Fazio dovrebbe dimettersi». Penso che questo fatto rispecchi lo stato di grave indebolimento e crisi della Confindustria e di Banca d’Italia. E’ la confessione della incapacità di affrontare e risolvere il grave problema che si è aperto con la Banca d’Italia e non solo con Antonio Fazio. Dobbiamo aspettare il 26 di agosto quando alla riunione del Cicr (comitato per il credito e il risparmio) Fazio e i rappresentanti del governo dovranno dire qualcosa, ma con i tempi che corrono non è affatto escluso che avremo solo pasticciati e screditanti esiti. L’invito a una nomina bipartisan (già proposta da Fassino) del nuovo governatore ne è più che un annuncio. La crisi del vertice di Bankitalia e la sortita (neppure tanto imprevedibile) di Montezemolo, con sullo sfondo le cordate immobiliari e cooperative, sono il segno – lo ripeto – di una doppia crisi. Di una crisi dell’economia nella quale crescono i profitti, ma non la produzione, e di una crisi politica di governo (non c’è un governo, neppure un cattivo governo). Molto ragionevolmente Montezemolo ha detto che sarebbe stato meglio votare subito dopo le regionali ma le forze politiche hanno preferito rinviare. Non c’è un governo e non c’è neppure una banca centrale, che avendo perso il governo della moneta con l’euro si deve districare tra tutti gli altri organi di controllo cresciuti in questi anni e tutti non particolarmente brillanti (Parmalat e Cirio sono alle nostre spalle).
Per concludere queste mie poco edificanti considerazioni verrebbe da aggiungere che non solo non C’è un governo, ma non si intravede neppure la fisionomia di un futuro possibile governo capace di affrontare il problema Bankitalia. Non c’è uno straccio di programma, ma neppure delle opzioni forti e comprensibili; una volta, a sinistra, si diceva parola d’ordine. Siamo al punto che prima del programma ci sono le primarie e anche queste sono primarie finte. Non una gara per vedere chi arriverà primo e dunque governerà, ma una gara a non sfigurare tra tanti candidati ciascuno dei quali ha bisogno di voti per avere un qualche peso nel futuro del governo e, visto che si è messo in gara, per non sfigurare. E, come è naturale, per non sfigurare le tenterà tutte con il risultato di indebolire tutti i candidati e soprattutto quello che tutti i concorrenti dicono che deve vincere: ancora il nome di Romano Prodi non è stato cancellato.
La confusione è massima e la situazione non è affatto eccellente, direi pessima. Aspettiamo il 26 di agosto.