DOPOGUERRA . Stati uniti d’Iraq

Pronti i 23 ministri Usa del protettorato. Nessun britannico

LONDRA
Se i rapporti tra Usa e Gran Bretagna non sono tutti rose e fiori, sembra che nemmeno all’interno dell’amministrazione Bush le cose vadano benissimo. Oltre alla differenza di vedute sull’azione militare vera e propria, a quanto pare gli Usa non sono nemmeno del tutto in sintonia sul post-guerra. Gli inviati del quotidiano The Guardian a Sulemanyia (nel nord Iraq), hanno infatti rivelato ieri che ci sarebbero forti disaccordi sul futuro governo dell’Iraq. Secondo i giornalisti inglesi, l’Iraq post-Saddam Hussein dovrebbe essere governato da 23 ministeri che avranno a capo un americano. Di ogni ministero faranno anche parte quattro consiglieri iracheni, ma nominati dagli Stati uniti. Il governo, secondo il Guardian, si insedierà in Iraq, città dopo città. Il generale Tommy Franks (il capo delle forze armate statunitensi) dovrà proclamare le zone «liberate» che passeranno progressivamente sotto il controllo del governo temporaneo che dovrebbe essere controllato a sua volta dal generale Jay Garner, l’ex militare americano nominato responsabile dell’occupazione militare dell’Iraq.

Sempre secondo il Guardian membri del governo provvisorio sarebbero già arrivati in Kuwait in vista della caduta del regime iracheno. Che però non sembra essere più così prossima come invece avevano promesso i capi militari americani. Se dunque, come pare, l’ultima parola sulla composizione del governo spetterebbe agli Stati uniti, la parte del leone dovrebbe farla in particolare il vice segretario di stato per la difesa, Paul Wolfowitz. Cosa che non piacerebbe troppo, secondo il Guardian, al generale Garner che ufficialmente è il responsabile del piano militare ma che in realtà avrebbe dovuto accettare una serie di personaggi «controversi» iracheni come consiglieri dei futuri ministri. Tra queste figure «controverse» ci sarebbe Ahmed Chalabi, il presidente del congresso nazionale iracheno, nominato da Paul Wolfowitz. Chalabi avrebbe «chiesto» al vice segretario di stato per la difesa di poter essere affiancato da alcuni «stretti collaboratori», compreso suo nipote. Certo è che durante il suo esilio Chalabi è riuscito a ritagliarsi un posto nel cuore del Pentagono che ora lo considera l’uomo forte dell’opposizione irachena a Saddam Hussein. Tra gli ammiratori di Chalabi c’è lo stesso segretario di stato per la difesa Donald Rumsfeld. Ma il presidente del congresso nazionale iracheno non gode invece delle simpatie della Cia e del dipartimento di stato.

Le rivelazioni sulle intenzioni di Bush non piaceranno certo al premier inglese Tony Blair che già troppe volte è sembrato fuori sintonia con il suo alleato. Blair deve cercare di riguadagnare terreno con gli Usa sul coinvolgimento, nella ricostruzione dell’Iraq, delle Nazioni unite e ora si trova anche a dovere fare i conti con un piano di governo per il post-Saddam praticamente già pronto e dal quale ancora una volta la Gran Bretagna è stata esclusa.