Dopo-Genova: Pacifici consigli

Lasciatemi dire, prima di tutto, che a mio parere gli organizzatori del Genoa Social Forum hanno fatto un lavoro eccellente nel portare a Genova tutte quelle persone e nell’organizzazione della protesta. Questa è stata finora la più grande mobilitazione contro la globalizzazione delle multinazionali. Non si può fare altro che apprezzare un simile risultato, se teniamo conto dei pesanti vincoli a cui erasoggetto il Gsf, compresa la mancanza di collaborazione da parte della polizia e del governo, e anche da parte dell’amministrazione a livello locale, riluttante a fornire le strutture per conferenze e i servizi di traduzione promessi.

Polizia all’offensiva
Ho la sensazione che la differenza nel comportamento della polizia a Genova rispetto alle precedenti grosse mobilitazioni – Seattle, Washington DC, Melbourne, Chiang Mai, Praga (a Québec non c’ero) – consista nel fatto che a Genova le forze di polizia avessero un atteggiamento offensivo, mentre precedentemente, benché in molti casi si siano comportate in modo brutale, il loro atteggiamento era in larga misura difensivo. L’attacco preventivo al corteo pacifico all’incrocio di Corso Torino con Via Tolemaide, distante oltre tre chilometri dal muro d’acciaio che circondava l’area del Palazzo Ducale, sta a dimostrarlo. Penso che la scelta di questa strategia non sia stata fortuita. Probabilmente fra le forze di polizia vi sono state consultazioni a livello internazionale e un certo coordinamento, dato soprattutto che le élite globali sono ora fortemente preoccupate di queste proteste.

Denunce e critiche fraterne
Sono d’accordo che la nostra risposta dovrebbe essere denunciare la polizia e lo stato, che sono stati i principali istigatori della violenza a Genova. Per la verità, Genova può essere descritta come una sommossa di polizia. Non penso invece che sia appropriato denunciare persone che dicono di essere dalla nostra parte, ma di cui possiamo non condividere le scelte tattiche. Sebbene vi sia spesso una sottile linea di separazione fra la denuncia e l’analisi critica, penso che dovremmo essere liberi, quando è necessario, di analizzare i gruppi che dicono di essere dalla nostra parte ed esercitare su di essi una fraterna critica.

Provocatori: non un gruppo omogeneo
Sono d’accordo sul fatto che molti dei provocatori fossero poliziotti. Le prove visive raccolte finora dal Genoa Social Forum lo confermano. Comunque, penso che sarebbe un errore dire che tutti erano poliziotti. C’erano anche altre persone che non erano sotto il controllo dello stato e agivano come hanno agito per credo o ideologia. Cancellare questa distinzione significherebbe farci illusioni che danneggerebbero la nostra capacità di affrontare contingenze future. Poiché c’è tantissima suscettibilità sui nomi che usiamo per questi raggruppamenti politici, userò il termine “Ps”.

No alla tattica parassitaria
Se i Ps vogliono lo scontro violento con la polizia, è una cosa. Possiamo deplorarlo, ma non possiamo farci niente. Ciò che più conta per me è che essi limitino i confronti a loro stessi e alla polizia, e operino politicamente e fisicamente a una grande distanza da noi. E’ quando usano le nostre mobilitazioni di massa non violente per i loro scopi, che io traccio la linea di demarcazione. Una tattica che ho osservato spesso a Genova era che i Ps stavano ai margini del corteo e da lì provocavano la polizia lanciando pietre contro di loro. La polizia rispondeva invariabilmente lanciando i lacrimogeni contro di noi, creando disordine e confusione e ferendo i nostri. Questo è un modo parassitario di operare che oltretutto in molti casi ha reso impraticabili i programmi della nostra gente di mettere in atto azioni di disobbedienza civile pacifiche e di massa.
Vi prego di non fraintendermi. Non mi riferisco alle reazioni arrabbiate che i nostri hanno avuto di fronte agli attacchi preventivi durante il primo giorno. Era molto comprensibile che un sacco di gente che si trovava nell’area di Corso Torino lanciasse pietre alla polizia, spesse volte per difendersi da attacchi non provocati da parte della polizia. No, io mi riferisco al modo deliberato in cui i Ps, specialmente il secondo giorno, provocavano la polizia creando disturbo davanti alla testa del grande corteo, ad esempio bruciando macchine o restando sul perimetro esterno del corteo. Tirando sassi o bruciando automobili provocavano la polizia ad attaccarci dai lati e da dietro – cosa che la polizia era ben felice di fare. Questo è successo molte e molte volte.
Insisto su questo non solo perché mi preoccupa l’immagine di violenza e confusione che queste azioni hanno determinato, associando tale immagine a una altrimenti notevolissima dimostrazione di protesta pacifica. E’ stata anche una questione di sicurezza fisica. Era semplicemente irresponsabile provocare un attacco della polizia su migliaia di persone che marciavano attaccate in un viale stretto. Quel secondo giorno i pericoli legati a una fuga generalizzata sono stati davvero molto grandi, e se fosse successo sarebbe stato un disastro. Il fatto che i nostri non abbiano rotto le righe spaccando in preda al panico, quando sono stati attaccati coi lacrimogeni, testimonia il loro senso di responsabilità. Penso si siano resi conto di dover sopportare il bruciore agli occhi e alle vie respiratorie perché l’alternativa era peggiore. Qualunque sia la sua ideologia, chiunque espone deliberatamente masse di persone a tali pericoli agisce in modo criminale.
Durante la marcia c’erano alcuni incaricati di proteggere la gente dalla polizia e dai provocatori. Per la gran parte, essi hanno svolto un lavoro ammirevole nonostante fossero sottoposti a una grossa tensione. Hanno tenuto calmi i dimostranti quando era forte la tentazione di scappare. E’ anche ammirevole il modo in cui comuni dimostranti hanno preso in mano la situazione. Molte volte, quando alcuni Ps volevano sfasciare una vetrina o capovolgere una macchina, gruppi di dimostranti li hanno invitati a non farlo. Qualche volta la dissuasione morale ha funzionato. Qualche volta no.

Negazione o preparazione?
Io penso che data l’alta visibilità raggiunta a Genova, sarebbe ingenuo non aspettarsi che i Ps scendano in forze nella prossima, grande mobilitazione. Possiamo andarci negandolo, oppure possiamo essere preparati.
Prima di tutto, penso che non dobbiamo farci intimorire né dalla polizia né dai Ps, ma decidere di fare della prossima protesta contro la globalizzazione delle multinazionali la più grande e la più militante di sempre.
In secondo luogo, dobbiamo aspettarci che la polizia abbia un assetto offensivo, con il quale cercherà di distruggere la nostra capacità di dispiegare la disobbedienza civile trasformandoci da dimostranti disciplinati in una folla arrabbiata che agisca disordinatamente. La gente deve essere preparata a ritirate ordinate, avanzate rapide e resistenza disciplinata. Questo non vuol dire militarizzare le nostre dimostrazioni; vuol dire semplicemente renderle più efficaci al punto di vista organizzativo nel comunicare il nostro messaggio al mondo, stanti le condizioni della nuova strategia offensiva della polizia.
In terzo luogo, dobbiamo trovare un modo di dialogare con i Ps. Possiamo aspettarci che ancora una volta cercheranno di aggrapparsi a noi per raggiungere il loro obiettivo di provocare uno scontro violento. Penso che abbiamo bisogno di elaborare a una strategia per neutralizzarli. Io proporrei i seguenti punti:
1. Avviare un dialogo, nell’ambito nella programmazione della mobilitazione, con i gruppi Ps più aperti, onesti e affidabili, allo scopo di convincerli a rispettare i parametri politici ed etici delle nostre azioni di massa.
2. Organizzare i nostri manifestanti in modo da poter schierare, quando necessario, delle squadre che dissuadano in modo pacifico i Ps impegnati in attività violente.
3. Nel caso in cui ciò non dovesse funzionare, elaborare modi ordinati per mettere la massima distanza fisica e politica fra i nostri dimostranti e i Ps in situazioni di confronto.
4. Nel caso che ciò non riesca, elaborare e mettere in atto metodi non violenti per limitare e ridurre al minimo i comportamenti violenti.
Lasciatemi solo dire che, se non inseriremo misure come queste nei nostri preparativi, molti fra noi potrebbero avere difficoltà a mobilitare con piena convinzione delle persone per la prossima azione di massa. Senza tali misure, ci penserei due volte prima di esporre delle persone ai pericoli di fuga improvvisa, panico e rabbia incontrollabile che a Genova sarebbero potuti esplodere in qualunque momento, con conseguenza incalcolabili.
In conclusione, fatemi dire che la controparte – le élites politiche ed economiche pro-globalizzazione – è ora sulla difensiva. Nonostante tutti i nostri problemi, dobbiamo ricordare che Genova è stata una grossa battuta d’arresto per il G8. Il nostro movimento ha oggi la preminenza morale. Non possiamo permetterci di perderla. E una delle ragioni per cui continuiamo ad averla è che continuiamo a imparare sia dai successi che dagli errori. Genova ha prodotto nuove sfide. Sono fiducioso che le affronteremo a testa alta.

Il testo è una sintesi – a cura dell’autore – di vari interventi svolti da Bello durante la conferenza degli attivisti mobilitati intorno al Wto il 31 luglio 2001