Doomsday Clock: 5 minuti alla mezzanotte nucleare

Il Doomsday Clock – l’orologio dell’autorevole rivista statunitense Bulletin of the Atomic Scientists che dal 1947 mostra, in base alla situazione internazionale, a quanti minuti siamo dalla apocalittica mezzanotte della guerra nucleare – nel 1980 indicava 7 minuti a mezzanotte.
Con la fine della guerra fredda, nel 1991, la lancetta è tornata indietro a 17 a mezzanotte. Dopo, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, ha cominciato a riandare avanti: 14 minuti a mezzanotte nel 1995, 9 nel 1998, 7 nel 2002. Due giorni fa, il 17 gennaio, è stata spostata di altri due minuti: ora segna 5 a mezzanotte.
Perché è stato deciso di spostarla? Lo spiega il consiglio direttivo in una dichiarazione redatta con la consulenza di 18 Premi Nobel e altri esperti: «Siamo sull’orlo di una seconda era nucleare», più pericolosa della precedente. Sedici anni dopo la fine della guerra fredda, le due maggiori potenze, Stati uniti e Russia, sono in una posizione di stallo per ciò che riguarda la riduzione dei loro arsenali: posseggono ancora 26 mila testate nucleari, ciascuna con una potenza 8-40 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima. Ne basterebbero 50 per sterminare 200 milioni di persone. Il pericolo maggiore deriva dal fatto che migliaia di queste armi sono pronte all’uso ventiquattr’ore su ventiquattro. Basterebbe un incidente o un lancio non autorizzato a innescare una guerra nucleare nel giro di pochi minuti.
Ugualmente preoccupante è il fatto che gli Stati uniti hanno dichiarato nel 2002 che le armi nucleari «forniscono credibili opzioni militari contro una vasta gamma di minacce», tra cui quelle delle armi chimiche e biologiche, e «contro sviluppi militari inattesi». Questa nuova dottrina militare, che prevede l’uso di armi nucleari anche contro «obiettivi che devono essere urgentemente distrutti», è divenuta operativa agli inizi del 2004. Questa rinnovata enfasi sulla necessità delle armi nucleari, da parte degli Stati uniti, spinge altri paesi a considerare i loro arsenali nucleari necessari per la propria sicurezza.
Poiché le cinque maggiori potenze (Stati uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina) continuano a fare affidamento sulle armi nucleari, altri paesi (Israele, India, Pakistan, Corea del nord) ne seguono l’esempio. E il club nucleare rischia di allargarsi ulteriormente, non solo per le «ambizioni nucleari dell’Iran», ma per il fatto che almeno altri 30 paesi sono in grado di costruire tali armi. La materia prima non manca: oltre 1.400 tonnellate di uranio altamente arricchito e 500 tonnellate di plutonio sono sparse nel mondo in circa 140 siti, diversi dei quali non sufficientemente custoditi.
Altre grandi quantità di materiale fissile, adatto alla fabbricazione di armi nucleari, saranno prodotte dai reattori nucleari in costruzione soprattutto in Asia, 30 dei quali saranno realizzati in Cina entro il 2020. I pericoli provengono non solo dall’accesso di altri paesi agli armamenti nucleari, ma dallo sviluppo qualitativo delle armi nucleari e di altre di nuovo tipo soprattutto attraverso le nanotecnologie. Tutto ciò avviene in una situazione globale caratterizzata dall’«erosione» degli accordi internazionali per la limitazione degli armamenti nucleari.
In base a questi e altri fatti, la lancetta dell’orologio è stata spostata di altri due minuti verso la mezzanotte nucleare. Di fronte a questo ci si aspetterebbe un’allarmata reazione nelle sedi parlamentari e politiche, negli ambienti scientifici e culturali, nell’opinione pubblica.
Non è invece così. In genere, anche chi è informato distoglie lo sguardo dall’orologio, certo che mai suoneranno i rintocchi, che la guerra nucleare è un’eventualità inconcepibile, che chi la pensa diversamente è affetto da catastrofismo. Vedendo la lancetta avanzare verso la mezzanotte, c’è anche chi assume un atteggiamento fatalistico, o cade nel pessimismo.
C’è però anche un altro modo di comportarsi: cercare con tutte le forze di fermare e riportare indietro la lancetta. Ciò significa schierarsi, apertamente e decisamente, contro la lucida follia della corsa agli armamenti nucleari, qualsiasi siano le motivazioni con cui si giustificano il mantenimento e l’ammodernamento degli arsenali nucleari.