Donne, una su 10 perde il lavoro perché mamma

“Uno virgola due” è il tasso di natalità italiano ed è anche il titolo di un documentario di Miriam Mafai in cui viene denunciato il ricatto che si fa alle donne mettendole di fronte alla scelta: «O i figli, o il lavoro».
La bassa natalità è legata ad una realtà molto critica: avere un figlio rappresenta per le donne il rischio di perdere il posto di lavoro. In Italia, nel 2005, una donna su dieci esce dal mercato del lavoro a causa della maternità. E’ uno dei dati più critici che emergono da “Maternità, lavoro, discriminazioni”, una ricerca realizzata dall’Area ricerche sui sistemi del lavoro dell’Isfol, su incarico dell’ufficio nazionale della Consigliera di parità.

Il volume presentato ieri al ministero del Lavoro va ad indagare le correlazioni tra maternità, lavoro e discriminazioni, nella consapevolezza che la partecipazione femminile al mercato del lavoro non sia legata solamente ad un’ottica di promozione della parità di genere, ma ad un sistema di sviluppo del capitale umano e di progresso economico. La curatrice del libro, Valentina Cardinale, spiega: «La ricerca si articola in tre sezioni: una parte documentale che ha raccolto, sintetizzato e sistematizzato tra loro dati nazionali ed europei, evidenziando i contesti e le forme contrattuali e l’incidenza di variabili quali età, istruzione, condizione personale e professionale. Una seconda parte di analisi qualitativa, ricavata dall’indagine campionaria Isfol Plus, che ha intervistato un campione di 25mila donne sui temi chiave della partecipazione lavorativa. La terza sezione ha raccolto le problematiche e le politiche territoriali di sostegno, verso la definizione di un welfare inclusivo e sussidiario per uomini e donne».

Uno dei dati più importanti che emerge è il gender gap o buco di genere, cioè la differenza tra la partecipazione maschile e quella femminile nel mercato del lavoro. L’Italia è superata soltanto da Grecia e Spagna – e di poco – il cui gap è al 25%, mentre Finlandia e Svezia presentano uno scarto di circa il 5%.

Questa ricerca, oltre a far conoscere la complessità del rapporto tra maternità e condizione professionale, ha come obiettivo quello di porre sul tavolo alcune questioni chiave che chiamano in causa diversi attori politici e sociali. Il tema della partecipazione di uomini e donne al mercato del lavoro è una delle priorità sancite a livello nazionale ed europeo. L’Italia è ancora distante dagli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona, che impone agli stati membri di raggiungere entro il 2010 il 60% dell’occupazione femminile. Nel nostro Paese persistono ancora stereotipi di genere e prassi discriminatorie, come sottolinea con una battuta il presidente dell’Isfol, Sergio Trevisanato: «Un istituto con il 90% di lavoratrici donne ha come presidente un uomo».

«La maternità – continua Sergio Trevisanato – che dovrebbe essere oggettivamente un elemento di sviluppo e di identità da parte dell’uomo e della donna, diventa un elemento di criticità. C’è la necessità di avviare una serie di servizi di supporto per permettere alle donne di rientrare nel mondo del lavoro dopo la nascita di un figlio».