Domus Aurea, le lacrime di coccodrillo di Buttiglione

Chissà, forse Buttiglione in questi ultimi anni è tornato ai suoi amati studi di filosofia e noi non ce ne siamo accorti. Solo così si possono commentare le preoccupazioni dell’attuale ministro dei Beni culturali nei riguardi dello stato della Domus Aurea, chiusa ieri con effetto
immediato a causa delle infiltrazioni d’acqua provocate dalle ingenti piogge di questi giorni che possono essere dunque causa di crolli. Il suo allarme, pur doveroso, appare quanto meno ipocrita. La tutela dei beni culturali ed ambientali non solo non è stata una delle prime preoccupazioni del governo Berlusconi, ma, al contrario, la Casa delle libertà si è adoperata al massimo per sottrarre fondi alle istituzioni deputate alla difesa di monumenti, opere d’arte e ambiente più in generale. Per questi sacrosanti motivi il suo Sos fa sorridere. «Dov’era
Buttiglione durante questi quattro anni di governo del Polo? – si chiede Titti De Simone, deputata di Rifondazione e membro della Commissione cultura. della Camera – L’esecutivo che rappresenta ha approvato solo tagli pesanti al bilancio dei Beni Culturali, ha messo
in vendita il patrimonio artistico e culturale attraverso la Patrimonio spa, ha approvato condoni e allentato i vincoli relativi alla salvaguardia dei beni ambientali ed artistici.» Insomma le sue sono lacrime di coccodrillo. Si rivolge, per trovare i soldi per la Domus Aurea ed altri monumenti a rischio, anche a quegli enti locali, come lo stesso Comune di Roma, le cui casse sono praticamente vuote, a
causa anche in questo caso della Finanziaria. Sembra un’anima in pena, un questuante qualsiasi. E invece è un ministro che, evidentemente non doveva accettare quell’incarico se non condivideva le scelte di Palazzo Chigi. Anche i Verdi reagiscono duramente all’allarme dell’esponente dell’Udc. Parla il senatore Sauro Turroni, vicepresidente della commissione ambiente di Palazzo Madama:
«Buttiglione si assuma le sue responsabilità – dice l’esponente ambientalista – inutile che lanci l’allarme se poi non riesce a trovare i soldi per tutelare il patrimonio storico-artistico della Nazione. Il Ministro parla impropriamente di “valorizzazione”, ma non esiste valorizzazione senza tutela. La chiusura della Domus Aurea è l’ennesima manifestazione della sua impotenza. Invece di strillare,
provveda ad inserire nel maxiemendamento alla finanziaria i fondi necessari (almeno cinque milioni di euro per i lavori urgenti e centotrenta per la messa in sicurezza dell’intera zona di Colle Oppio ndr) per salvare la domus aurea dalla rovina».
Anche Walter Veltroni, sindaco di Roma, pur dichiarando la propria disponibilità, non lesina critiche al governo: «Siamo a disposizione – ha detto il primo cittadino – ma delle pericolose infiltrazioni i Beni Culturali non ci hanno mai informato.» Per Giovanna Melandri, esponente diessina e già ministro dei Beni Culturali «la chiusura sine die va scongiurata e Buttiglione si deve attivare per reperire immediatamente le risorse necessarie per la manutenzione ordinaria e straordinaria di questo luogo d’arte e di tutta l’archeologia
italiana a rischio». La Meandri punta l’indice contro una gestione a dir poco sciagurata del governo, che ha letteralmente abbandonato la residenza di Nerone. «Dopo la riapertura delle prime sale, avvenuta nel giugno del 1999, il Ministero non si è dimostrato all’altezza della sfida, che era quella di continuare l’attività di scavo, consolidamento e riapertura delle ulteriori sale mediante un costante stanziamento di risorse adeguate». Risorse però che non sono mai arrivate e che, anzi, sono state dimezzate negli ultimi tre anni. In particolare è stata ignorata e non rifinanziata la legge speciale del 1999 con cui era stato varato un primo, parziale, Piano nazionale per l’archeologia.
L’allarme non riguarda comunque solo la Domus: «Abbiamo già avuto un crollo al Palatino – ha ricordato il ministro – e problemi gravi riguardano anche Caracalla, dove le visite sono già state ristrette.» Per Bottiglione è l’intera politica del governo a riguardo che va rivista
completamente: «I circa 48 milioni di tagli fatti dalla Finanziaria ai beni culturali devono essere ritirati tutti.»
Come già detto, riaperta, seppur parzialmente, al pubblico nel 1999, la Domus Aurea aveva sino ad oggi agibili 32 stanze su 150 e è stata visitata ogni giorno da circa mille persone. L’ex casa di Nerone sorse sulle ceneri del terribile incendio del 64 d. C., che distrusse gran parte della città di Roma e che sarebbe stato provocato dalla stesso imperatore.
La fastosa residenza del principe, affidata alle cure degli architetti Severo e Celere, venne ad occupare quasi tutto il centro di Roma, cancellando case e edifici pubblici, in un’area di circa ottanta ettari, compresa tra il Palatino, l’Esquilino, l’Oppio e il Celio, includendo in essa un lago vasto “quasi come un mare” (lo stagnum Neronis) e “edifici grandi come città”, al punto da meritare l’appellativo di Aurea. L’impressione suscitata presso i contemporanei fu tale da oscurare il ricordo della casa precedente e da ispirare i famosi versi satirici “Roma è oramai una sola casa: migrate a Veio, o Quiriti, se questa casa non occuperà anche Veio”. Ora, a quasi duemila anni di distanza
da quell’evento, a causa dell’incuria di uomini senza scrupoli, quell’edificio rischia di cadere in rovina. Veri e propri lanzichenecchi del ventunesimo secolo.