Il giudice Oded Mudrik, della corte distrettuale di Tel Aviv, si pronuncerà oggi sul ricorso di Vittorio Arrigoni e di altri due pacifisti (un sudafricano e un australiano) detenuti da una settimana nell’aeroporto Ben Gurion dopo aver opposto resistenza passiva contro un tentativo di espulsione per «motivi di sicurezza» da parte delle autorità israeliane. Tra i compagni di Vittorio che aderiscono all’International solidarity movement (Ism) e gli attivisti che da anni si battono per i diritti civili e l’indipendenza della Palestina c’è grande attesa per questo giudizio. Come ci spiega da Londra Charlotte Carson, dell’Ism, è la prima volta che un membro del gruppo fa ricorso contro l’espulsione facendo leva esplicitamente sul «diritto a sostenere campagne per i diritti umani e la giustizia». «Se la Corte confermerà l’espulsione – dice al telefono Carson – sarà chiaro che lo Stato d’Israele non ammette alcuno spazio per simili battaglie. Se, al contrario, si darà il diritto a Vittorio di entrare, questo incoraggerà centinaia di pacifisti».
Fonti dell’ambasciata italiana a Tel Aviv fanno sapere di essere in contatto con Arrigoni e di averne costatato personalmente le buone condizioni di salute, dopo che il pacifista – con anni d’eperienza in Palestina – aveva denunciato pestaggi da parte della polizia. Arrigoni, il sudafricano Robin Horsell e l’australiana Shareen Lock, che oggi avrebbero dovuto partecipare, a Betlemme, a una conferenza internazionale sulla resistenza non violenta, sono stati bloccati una settimana fa dalle autorità israeliane all’aeroporto Ben Gurion.
Quando Arrigoni ha provato a opporsi all’espulsione (avvenuta l’altro ieri) di Gabriele Corno, un suo compagno dell’Ism che aveva raggiunto Israele dopo Vittorio, sarebbe stato incatenato mani e piedi e pestato da un gruppo di poliziotti. «È uno Stato amico e uno stato democratico quello che pone in detenzione degli italiani, per non meglio chiarite “ragioni di sicurezza”? Che si oppone a legittime richieste di spiegazioni, che nonostante l’intervento dell’Ambasciata italiana di Tel Aviv, nega i contatti telefonici con l’Ambasciata stessa, violando qualsiasi regola sancita dal diritto internazionale, che lo picchia e lo incatena perché si è opposto, con la resistenza passiva, a uscire dalla cella per stare vicino al suo compagno?» si chiede Egidia Beretta, madre di Arrigoni e sindaco di Bulciago, in provincia di Lecco.
Oggi pomeriggio alle 14:00 il giudice Mudrik – che più volte in passato ha difeso il diritto alle espulsioni sulla base di «prove segrete» mostrate dal ministero dell’interno solo al giudice – dirà la sua. Poi toccherà ad Arrigoni, dopo il rientro in Itali, raccontare la sua verità.