Cresce l’occupazione, diminuiscono i senza lavoro e il tasso di disoccupazione è ai minimi storici: le cifre del terzo trimestre 2006 danno un quadro ottimistico, una situazione ideale del mercato del lavoro in Italia. Ma non sono tutte rose e fiori: come segnalano i dati Istat permangono gli squilibri (territoriali, di sesso, di età) il basso tasso di attività. Di più: parte crescente del lavoro è precario, senza contare che un forte contributo all’incremento deriva dalla regolarizzazione degli immigrati. Infine, l’armonizzazione degli standard statistici porta a considerare come occupate anche le persone che risultano aver lavorato una sola ora.
Nel terzo trimestre l’offerta di lavoro (il totale degli occupati e delle persone in cerca di occupazione) è salita rispetto al terzo trimestre 2005 di 221 mila unità (lo 0,9%) a quasi 24,5 milioni. La crescita, però, è concentrata al Nord (+225 mila unità) e al Centro, mentre nel Mezzogiorno le forze di lavoro diminuiscono dell’1,1%, cioè di 79 mila persone. Perché? Eppure anche al Sud l’occupazione cresce, anche se l’incremento (1,8%,) è inferiore a quello del Nord e del centro. Ma al Sud si verifica uno strano fenomeno: la diminuzione delle persone in cerca di occupazione (194 mila persone) è nettamente superiore all’incremento fatto registrare dai nuovi occupati (115 mila lavoratori in più). Un fenomeno inspiegabile. O meglio, spiegabile con la forte ripresa delle migrazioni interne e probabilmente con una nuova ondata di lavoro nero che sfugge alla rilevazione ufficiale dell’Istat che tra l’altro annota come persone in cerca di occupazione solo quelle che «si danno da fare» concretamente per trovare un posto di lavoro. In ogni caso, per l’intera Italia gli occupati risultano 459 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2005 con un incremento – notevole – del 2,0%. Come al solito è il Nord a far registrare la migliore performance, con una crescita degli occupati del 2,2%. Le persone in cerca di lavoro sono scese a meno di 1,5 milioni, con una flessione del 13,8% su base annua, ma mentre al Nord e al Centro la diminuzione della disoccupazione è stata accompagnata da un forte aumento degli occupati, al Sud, come accennato, non c’è rapporto tra i numeri della diminuzione delle persone in cerca di occupazione (-19,9%) e quello dell’incremento dell’occupazione.delle forze di lavoro con il numero occupati. Il risultato degli andamenti dell’occupazione e della disoccupazione fornisce il dato decisamente più clamoroso: il tasso di disoccupazione non destagionalizzato nel terzo trimestre è sceso al 6,1%. Ma mentre al Nord è solo del 3,6%, al Sud la percentuale è quasi tripla: 10,7%. La crescita degli occupati – spiegano i tecnici dell’Istat – «si coglie in un periodo di ripresa e si spiega con l’aumento degli occupati a tempo determinato, 215 mila in più, pari a circa il 40% della crescita dell’occupazione, un nuovo sviluppo dell’occupazione straniera e una crescita ulteriori delle persone di 50 anni e oltre, in particolare di quelle occupate con contratto a tempo indeterminato full time. Queste sono le tre componenti fondamentali della crescita».
L’incremento dell’occupazione straniera è risultato pari a 172 mila unità in più rispetto al terzo trimestre 2005, dei quali 89 mila nel Nord. Il tasso di occupazione maschile è aumentato su base annua di 9 decimi di punto, arrivando in prossimità dei tassi dei maggiori paesi industrializzati, al 74,4%, con una punta del 79,1% nel Nord-est. Il tasso di occupazione femminile ha raggiunto appena quota 50,1%, con un forte squilibrio tra Nord-est (59,7%) e Mezzogiorno (36,2%). Per gli occupati stranieri il tasso si è attestato al 67,2% (+1,6%) ed è risultato pari all’83,7% per gli uomini e al 51% per le donne. Per quanto riguarda il lavoro precario, da segnalare l’ulteriore crescita (a quasi 3 milioni) dei lavoratori a tempo parziale (sono saliti al 12,7% del totale). E, cosa ancora peggiore, tra i lavoratori con contratto a termine (2,249 milioni) quelli a tempo parziale sono saliti a 455 mila. Va peggio per le donne: fra le dipendenti il 25,8% (oltre 1,8 milioni lavora a tempo parziale. Poche per libera scelta.