Una lettera pubblicata qualche giorno fa su “Liberazione” coglieva un elemento importante. Diceva che, comunque procederà, questo nostro dibattito è utile perché discutere tra noi è salutare e aiuta tutti quanti: ad ascoltare, a riflettere, a intendere la complessità della situazione. Sono d’accordo, e questa è la prima cosa che volevo dire. Spero che la discussione continui, libera e franca come sinora. E poco importa se qualcuno innalza barricate o lancia accuse gratuite: i compagni sapranno valutare.
La seconda cosa che mi preme sottolineare è meno positiva. Discutere fa bene, ma non basta. Non c’è ragione per limitarsi a intrecciare opinioni: potremmo anche agire. Insomma, temo che stiamo perdendo del tempo prezioso e vorrei spiegare perché.
Le proposte di Bertinotti offrono innegabilmente materia a un appassionato dibattito. A me paiono discutibili per diverse ragioni: a) sia o meno questo l’intento, l’ipotesi delle primarie e di una “coalizione democratica” in cui tutte le forze di opposizione dovrebbero, insieme, elaborare un’alternativa programmatica ingabbia Rifondazione comunista nel centrosinistra, mettendo a rischio l’autonomia del partito e precludendo alla sinistra di alternativa la possibilità di competere per l’egemonia con la sinistra moderata; b) il segretario non dovrebbe formulare proposte di tale portata senza un mandato degli organismi dirigenti del partito e senza nemmeno consultarli: questa modalità è incompatibile con la proclamata volontà di favorire democrazia e partecipazione; c) il meccanismo delle primarie di programma appare difficilmente praticabile per la vaghezza stessa dell’idea di “popolo elettore” (sul cui marcato sapore plebiscitario qui sorvolo); d) l’aspetto di per sé positivo della partecipazione verrebbe neutralizzato dal fatto che a scrivere il programma sarebbe un’assemblea di soggetti (l’intero arco delle forze di opposizione, da Rifondazione comunista all’Udeur, dai sindacati di base alla Cisl) a prevalenza moderata; e) l’idea del vincolo di maggioranza non può valere, ad ogni modo, su qualunque terreno: com’è stato osservato, esistono principi e acquisizioni strategiche non negoziabili (il no alla guerra anche sotto copertura Onu, al di là di qualunque tentativo di interpretare estensivamente l’art. 11 della Costituzione per legittimare pretesi “interventi umanitari”; la priorità dei diritti del lavoro in termini di difesa del salario e di lotta alla precarietà; la salvaguardia dell’interesse pubblico nei settori chiave della cittadinanza: sanità, previdenza, istruzione, informazione) sulle quali non c’è maggioranza che tenga. E in merito ai quali Rifondazione comunista non dovrà recedere, per nessuna ragione, dalle posizioni sin qui difese con coerente determinazione.
Questa è la mia opinione, che sottopongo al confronto con quelle degli altri compagni. Come dicevo, sono convinto che dibattere tra noi sia proficuo. E tuttavia mi parrebbe essenziale operare affinché, nel momento stesso in cui siamo impegnati in questa discussione, il confronto con le altre forze dell’opposizione proceda concretamente in vista della definizione di un’intesa programmatica. A questo proposito mi sembra di rilevare una contraddizione.
Per anni abbiamo dibattuto sulla sinistra di alternativa. L’abbiamo evocata quando non c’era o era intuibile come possibilità. Ora che nel paese la sinistra di alternativa esiste e fa sentire il suo peso nelle lotte contro la guerra e la globalizzazione capitalistica, per la difesa del lavoro e contro le leggi berlusconiane. Ora che un vasto e potenzialmente crescente schieramento di forze – movimenti, partiti, sindacati, associazioni – preme per imporre all’opposizione un’agenda politica nitidamente depositata in alcuni punti programmatici: abolizione della legge 30 e democrazia sindacale; difesa del salario e revisione del Patto di stabilità; blocco delle privatizzazioni e rilancio dell’intervento pubblico in economia; giustizia fiscale e difesa del welfare; cancellazione delle leggi di Berlusconi e tutela dell’indipendenza della magistratura; difesa della scuola pubblica e laica e ritorno al proporzionale; rifiuto di qualsiasi guerra e smantellamento delle basi Nato e Usa sul territorio nazionale. Ora che in Italia la sinistra di alternativa dimostra anche una concreta forza elettorale, pari a più di un quarto dei consensi ricevuti dai partiti di opposizione: ebbene noi che cosa facciamo per favorirne la coesione e per promuoverne forza e incidenza? Invece di rivolgerci alle forze sociali e politiche a noi più vicine per costruire con loro un programma comune, ci precipitiamo a proporre un tavolo delle opposizioni, inevitabilmente destinato ad attestarsi su posizioni di gran lunga meno avanzate.
Da un anno incombe su Rifondazione comunista un compito che implica una precisa responsabilità. In quanto unico partito di opposizione autonomo dallo schieramento ulivista, spetta principalmente a noi far sì che la sinistra di alternativa conquisti unità e autonomia, definisca a chiare lettere il proprio programma e su questa base vada al confronto con le forze moderate dell’opposizione, in vista di un’intesa programmatica quanto più possibile avanzata. Purtroppo non possiamo dire di aver sfruttato a dovere i mesi trascorsi, e adesso davvero il tempo incalza. Occorre dunque attivarsi senza indugi ulteriori. Spendersi per evitare che nelle altre forze di alternativa prevalga la rassegnazione e si faccia strada la tentazione di giungere ad un accordo di governo purchessia.
Allora chiudo come ho aperto. È bene che si continui a discutere, ma intanto mettiamo a frutto la nostra forza e l’esperienza maturata nelle lotte di questi anni. Affinché il prossimo governo non sia diverso dall’attuale soltanto nel nome di chi lo compone, ma anche e soprattutto nella sua sostanza politica.
Alberto Burgio