Direzione nazionale PRC 21/10/05 – Intervento di Beatrice Giavazzi

Non c’è dubbio che il segno distintivo delle primarie sia stata la straordinaria partecipazione. Nessuno di noi, né i più strenui sostenitori dello strumento primarie né i più critici, avrebbe potuto prevedere che il “popolo di sinistra” avrebbe dato una risposta di tali proporzioni alle primarie.
Neppure avremmo potuto pensare che la risposta del Partito, di tutto il partito, avrebbe potuto essere quella offerta da migliaia di compagne e compagne che hanno contribuito alla sua realizzazione in termini organizzativi. (gli oltre 9.000 seggi sono stati al 90% coperti dalla presenza di nostri compagni e compagne).

Non si può, inoltre, non notare – dai dati disaggregati – che la prova migliore, anche in termini di risultato, sia stata quella ottenuta dalle federazioni che hanno più di altri “chiuso” con il congresso e dato il via a percorsi di gestione unitaria e plurale delle nostre federazioni.
Ma queste considerazioni, molto positive, non ci possono distogliere dall’analisi né del dato politico del risultato, che non coincide con la mera partecipazione di massa, né dal quadro politico che tale risultato ha determinato.
Sansonetti nel suo editoriale di martedì ci mette in fila i 3 fattori che, secondo lui, stanno dentro la grande partecipazione a questo appuntamento che per la prima volta affrontavano gli elettori.

1) l’anti berlusconismo che diventa di massa – ma direi ri-diventa di massa – e che travolge ogni altra considerazione politica
2) il ritorno alla politica, la politica dei partiti la grande organizzazione dei partiti nel portare tanta gente a votare.
3) quello che lui chiama il “prodismo” che fa coincidere con la richiesta di unità della sinistra.

La voglia di cacciare Berlusconi è direttamente proporzionale all’insostenibilità delle condizioni materiali di larga parte della popolazione. E’ un sentire prezioso che ci indica sicuramente la necessità di percorrere percorsi politici unitari. Ma qui vorrei anche ricordare che già abbiamo assistito allo stesso fenomeno tangibile di espressione dell’ anti-berlusconiscmo con la manifestazione di San Giovanni del 2003, dove altro che € 1,00 e le code ai seggi; la mobilitazione portò 3 milioni di persone a Roma da tutta Italia. E oggi misuriamo a Bologna come stia evolvendo la politica di Cofferati che di quel movimento straordinario era stato pure leader indiscusso.
Infine, quando parliamo di “prodismo”, indichiamo una risposta precisa ad un clima (“la legge elettorale farà vincere la destra”, ad esempio) che si era creato nell’immediata vigilia del 16 ottobre, al quale il popolo della sinistra ha voluto dare una risposta fortissima esprimendo il voto al candidato che rappresenta, oggettivamente, il maggior antagonista di Berlusconi, cioè esprimendo il voto considerato più “utile”, rafforzando al massimo il candidato già dato in partenza per vincente.

Il nostro risultato.
Per ragionare sul nostro risultato, che io continuo – senza essere né Cossutta né Pansa – a ritenere non soddisfacente (e, peraltro, di questo tutta stampa italiana è convinta), dobbiamo evitare di dare una lettura univoca e, a mio parere, non completa, dei dati.
Ho letto qualche dichiarazione, e ne sono rimasta alquanto colpita. Si afferma come sia logico che l’aumento della base elettorale determini il calo del nostro risultato. Spero che questa sia stata una svista lessicale perché in contraddizione con il vero e sincero impegno che da sempre riserviamo alla sollecitazione di partecipazione. Da un lato e giustamente enfatizziamo i 4.300 mila elettori (le code, l’euro, le previsioni della vigilia che parlavano, i più ottimisti, di al massimo 1 milione, 1 milione e mezzo) e dall’altro gli assegniamo la causa di un risultato inferiore alle aspettative. Non sta in piedi. Peraltro il Segretario nella sua relazione di stamattina, vedo, sgombera il campo da questa interpretazione e ne sono contenta.
Credo quindi sia la qualità politica di questa partecipazione che dobbiamo analizzare.

1) Il plebiscito a Prodi. 75,5% dei consensi. Ma il nostro obiettivo non era (e spero resti) quello di spostare a sinistra l’asse dell’Unione? Chiedo se riteniamo davvero (come inspiegabilmente ho letto) che un tale risultato significhi aver spostato a sinistra l’asse politico dell’Unione o non significhi, a mio avviso al contrario, aver rilanciato l’Ulivo dentro l’Unione. Tutti i commentatori politici lo sottolineano, e i vari leaders del centro sinistra ce lo ricordano tutti i giorni (Fassino con il suo calendario progressivo di ritiro dall’Iraq delle truppe, le dichiarazioni di Treu sulla legge 30 e lo stesso Prodi con la rivendicazione della direttiva Bolkenstein). Il quadro politico che esce da queste primarie è indubitabilmente un quadro di un’Unione più spostata al centro.
2) Il dato che emerge dai dati disaggregati è un dato omogeneo. Nord, Sud, Isole – con l’esclusione del risultato dell’Emilia-Romagna, dove pesa ancora l’organizzazione dei Ds e delle grandi associazioni di massa, eredità mai smantellata del Pci – non ci sono differenziazioni, neppure parziali. All’esatto contrario dei dati elettorali dove, invece, leggiamo nelle differenze, spesso grandi, delle percentuali del nostro voto le grandi differenze di condizioni politiche, sociali ed economiche di ogni regione d’Italia. Ci dice o no questa omogeneità che le primarie restano uno strumento non di contenuto ma neutro, che spostano l’attenzione dal contenuto della proposta politica avanzata (quando c’è) alla competizione individuale dei candidati che si presentano spogliati delle proprie idee? Insomma, che le primarie stanno dentro una logica leaderistica che bipolarizza lo scontro, essa stessa quindi funzionale al bipolarismo culturale (l’esito irrisorio del voto agli altri candidati ce lo dimostra), che è completamente slegata dalle condizioni materiali dell’elettorato? Il VOGLIO (centro di una bella ed efficace campagna elettorale che abbiamo attuato) che si esprime ma che non si aspetta una risposta, che stimola le corde emozionali ma non si misura con il perché-devo-chiedere nè con il destinatario cui si invia.

Questo è il risultato insoddisfacente che lamento. Usciamo politicamente indeboliti da queste primarie, che, ovviamente non significa battuti. Abbiamo la necessità di guardare avanti.
Abbiamo oggi la necessità di riparlare di che fare, di programmi, di puntare con impegno a cercare la più ampia convergenza sulle grandi questioni sociali, economiche, democratiche (a partire dalla difesa strenua della Costituzione e del rilancio del sistema proporzionale) la cui crisi evidente impedisce il dispiegarsi del conflitto e della partecipazione attiva di milioni di lavoratori. In un processo programmatico che tenga assieme le forze della sinistra di alternativa (Verdi, Sinistra Ds, PdCI) , le forze sociali e i movimenti – che non hanno dato segno concreto di accettare la proposta senza contenuto delle primarie – condividendo e lavorando attorno alle idee per un contributo alla costruzione di un vero programma dell’alternativa.
Con grande spirito unitario, anche interno.
Al Segretario, che sollecita, dentro differenze politiche anche grandi, la necessità di un lavoro comune che oggi non funziona ancora, condividendone profondamente l’impostazione, voglio ricordare però che spetti principalmente alla maggioranza dare segnali in questo senso. Al proposito ricordo che il gruppo di lavoro centrale delle primarie proposto alla precedente Direzione, era stato composto esclusivamente da compagni della maggioranza e che solo dopo una mia esplicita richiesta, che poneva esattamente il tema del lavoro comune, venne aggiunto il mio nome. Ricordo anche che, a proposito della bella lettera della compagna del circolo di Schio (VI) che il Segretario ha citato, giustamente, stamattina nella sua relazione a dimostrazione del grande lavoro “unitario” che il Partito ha saputo esprimere nelle realtà territoriali, che l’autrice è compagna della mozione Essere Comunisti e che il Circolo di Schio è stato lasciato solo, dal centro, nella organizzazione e nella gestione della straordinaria manifestazione antifascista del 10 luglio scorso. Che ancora (è di ieri il Cpr del Lazio) si compongono segreterie “monocolore” anche in presenza di propensioni unitarie largamente condivise ed evidenziate dall’iniziativa politica.
Allora facciamo nostra la sollecitazione del Segretario a saper costruire quel lavoro comune centrale necessario al sostegno della nostra iniziativa politica, assumendocene però la responsabilità politica, ognuno per quanto gli compete. Sarà questa la migliore risposta anche ad alcune dichiarazioni che considero “irricevibili” (e l’articolo di Franco Giordano sul nostro giornale è una di queste per il ruolo che il compagno riveste che non gli consentirebbe toni e linguaggio a noi estranei) di quanti praticano o agiscono un’autoreferenzialità della parte (se pur maggioranza) sul tutto (il Partito) che non é data, puntando il dito, inspiegabilmente ed esclusivamente su chi, pur critico, ha contribuito con lealtà e impegno concreto alla nostra iniziativa.