Direzione nazionale PRC – 17 luglio 2006: il documento di Grassi e Cannavò sull’Afghanistan

Documento per la Direzione Nazionale del 17 luglio 2006 a firma Grassi e Cannavò

Viviamo una fase della politica internazionale molto difficile e drammatica.
In queste ore in Medio Oriente una nuova, vecchia, guerra riemerge violentemente con l’uso indiscriminato delle bombe sui civili, con il terrore di Stato, con la chiusura unilaterale del dialogo e della
trattativa. Una guerra che si aggiunge, e si intreccia con drammatici effetti di radicalizzazione, alle tante contro cui ci battiamo da sempre, dall’Iraq all’Afghanistan. Come recita l’appello dell’assemblea pacifista del 15 luglio “la guerra, sempre più, si presenta come strumento privilegiato degli Stati più forti e dei potenti della terra, a partire dalle grandi multinazionali, per costruire un “ordine” internazionale fondato sul dominio e l’oppressione che a loro volta generano morte, miserie sempre più marcate povertà. La guerra si erge, quindi, a sistema politico globale sia nella sua versione più spregiudicata, l’unilateralismo statunitense, sia nella versione temperata del multilateralismo a copertura Onu e a guida Nato”.
E’ contro questa guerra che noi intendiamo batterci senza mediazioni perché sulla guerra non si può mediare né, tanto meno, ridurre il danno. Se la guerra è un sistema di dominio e di oppressione – che non serve a ridurre o a depotenziare i fenomeni terroristici come la storia degli ultimi cinque anni dimostra – il NO alla guerra è fondativo di un’identità politica collettiva che ha preso le mosse nelle manifestazioni contro la guerra del Kosovo e poi contro la “guerra infinita e preventiva” in Afghanistan e in Iraq.
Per questo siamo contrari al provvedimento varato del governo in cui si prevede, accanto all’importantissimo ritiro dall’Iraq – frutto delle battaglie di un forte movimento pacifista – il mantenimento delle truppe italiane in Afghanistan a copertura di una missione di guerra che non solo contrasta con l’articolo 11 della Costituzione italiana ma anche con lo spirito e le aspettative di quello stesso movimento. Un provvedimento che viola l’impegno assunto dal programma dell’Unione di differenziare il voto sulle singole missioni e che è stato definito dall’ex ministro degli Esteri, Fini, “simile al mio” con ciò a segnare una continuità con il governo precedente.
Nei prossimi giorni e nelle prossime ore il Prc dovrà battersi per modificare il Disegno di legge che il governo presenta in Parlamento per introdurvi la strategia di uscita dall’Afghanistan e la fine della missione Enduring Freedom a cui l’Italia partecipa senza alcuna chiarezza sui suoi
reali obiettivi.
Ma l’impegno pacifista non si misura solo sull’iniziativa parlamentare.
Serve uno scatto in direzione del movimento per un nuovo corso e una nuova iniziativa unitaria e radicale in grado di rimettere al centro dell’attenzione del paese il rifiuto della guerra. Questa iniziativa passa oggi per la completa solidarietà al popolo palestinese per la costituzione di uno Stato laico e democratico che includa i Territori occupati nel ’67 e
con Gerusalemme capitale. Questo obiettivo per essere realizzato ha bisogno di alcune condizioni sostanziali: l’immediato cessate il fuoco, il ritiro di Israele dai Territori occupati, lo smantellamento del Muro, lo sblocco degli aiuti europei al legittimo governo palestinese. Il governo italiano deve impegnarsi su questi punti a cominciare dalla revisione dell’accordo di cooperazione militare con Israele. L’Onu invii un contingente militare di interposizione nei Territori occupati.
Il “Via dall’Iraq e dall’Afghanistan” va accompagnato da un’iniziativa di pacificazione e di un impegno in direzione della cooperazione e della solidarietà civile da parte dell’Italia. Questo significa contrastare il ruolo di gendarme mondiale della Nato a cominciare dalla revisione degli
accordi di Washington del 1999.
Obiettivo importante del movimento contro la guerra è anche il rifiuto delle basi militari stranieri e la presenza del nucleare sul suolo italiano.
Infine occorre rilanciare una campagna per la riduzione delle spese militari con la completa revisione del nuovo modello di Difesa che prevede l’incremento di missioni militari all’estero, per una politica di disarmo e con la riconversione dell’industria bellica senza penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici. Su tutto questo vanno rafforzate le iniziative di mobilitazione in corso e costruiti momenti unitari in futuro.
Le scelte che si annunciano sono difficili e chiamano tutti noi a una grande responsabilità. Il Prc non intende mettere in discussione l’attuale quadro di governo ma solo ribadire con fermezza il proprio rifiuto della guerra come elemento costitutivo della propria identità e della propria agenda che viene prima delle tattiche parlamentari. Per questo la Direzione nazionale del Prc invita il governo a un gesto di disponibilità modificando il provvedimento relativo alle missioni internazionali permettendo così, con una scelta sul merito, la compattezza della sua maggioranza parlamentare.
Una tale scelta, infine, va realizzata anche per quanto riguarda il Dpef. Così com’è il Documento di programmazione economica e finanziaria, infatti, merita l’atteggiamento che nel Consiglio dei ministri ha tenuto la
delegazione di Rifondazione. Un atteggiamento che abbiamo condiviso e che quindi sosteniamo pienamente. Il governo ha l’obbligo di modificare il documento che il Parlamento è chiamato ad approvare in particolare eliminando qualsiasi riferimento a riduzioni della spesa pensionistica,
sociale, del pubblico impiego e per gli enti locali, nonché qualsiasi
accenno alla “moderazione salariale”. Il governo Prodi è nato per operare una discontinuità con le politiche liberiste del passato: questa discontinuità non può contemplare tagli allo stato sociale, compressioni delle condizioni di vita dei lavoratori, riduzioni dei servizi pubblici ma anzi deve prevedere un forte rilancio delle condizioni di vita dei lavoratori a partire dall’abrograzione della legge 30 che, al pari della Bossi-Fini e della legge Moratti, costituisce una delle peggiori eredità del governo precedente. E’ con questo spirito che Rifondazione comunista affronterà la discussione parlamentare sul Dpef ma soprattutto che sosterrà le iniziative del movimento contro la precarietà a cominciare dalla manifestazione promossa dalla rete “Stop Precarietà Ora” nell’assemblea di Roma dell’8 luglio e prevista per il mese di ottobre.

Claudio Grassi
Salvatore Cannavò