Direzione nazionale del 9 ottobre – Intervento di Gianluigi Pegolo

Il criterio delle “tendenze” come metro di misura della legge finanziaria può essere assunto come ci proponeva Zipponi. Ma esso deve essere applicato a tutte le parti di cui si compone la manovra. Per cui, se la rimodulazione delle aliquote IRPEF può essere considerata positiva nel momento in cui si ispira a criteri di redistribuzione del reddito – ma dobbiamo altresì riconoscere che gli effetti economici sono in generale piuttosto limitati – non si può dire lo stesso per altre scelte compiute. Ciò vale, in particolare, per lo stato sociale. A tale riguardo, il tentativo di comprimere significativamente la spesa è del tutto evidente. Ciò vale per le spese sanitarie, col corollario dei tichets sul pronto soccorso e sulle visite specialistiche. Vale in larga misura per gli enti locali dove, come è noto, i tagli ai trasferimenti vengono compensati dalll’ampliamento dell’imposizione fiscale locale, ma vale anche all’opposto per l’esiguità di talune poste di bilancio, come quelle destinate ai non autosufficienti. Ma se ci limitassimo a queste voci potrebbe sfuggirci l’orientamento complessivo – la tendenza appunto – che sembra caratterizzare la politica del governo in merito allo stato sociale. L’intesa raggiunta con i sindacati in tema di previdenza contiene propositi allarmanti in tema di età pensionabile e contributi. Sulla base di quel documento si apriranno le trattative fra governo e sindacali. Un altro provvedimento già in discussione al Senato riguarda i servizi. Mi riferisco al disegno di legge Lanzillotta che promuove la liberalizzazione generalizzata della gestione dei servizi pubblici locali. Se, insomma, guardiamo la manovra anche da altre prospettive non c’è da stare allegri, anche perché il saldo che viene a prodursi fra benefici fiscali e maggiori spese sociali alla fin fine mette in seria discussione l’impronta redistributiva che dovrebbe caratterizzare la manovra. Ma non si tratta solo dello stato sociale. Una impostazione chiaramente liberista si coglie nello proposte sullo sviluppo, a partire dal taglio al cuneo fiscale che porterà dall’anno prossimo sgravi per 2,5 MD di euro alle imprese, che saliranno a 5,5 l’anno successivo. Non condivido il giudizio su tale operazione. Essa non è selettiva. Beneficia infatti i principali settori produttivi, industria in primis, e si applica in modo generalizzato, seppure si attui attraverso gli sgravi ai lavoratori a tempo indeterminato. Questa misura non può certo essere definita selettiva. Criteri relativi all’innovatività dell’impresa, alla sua performance economica, alle prospettive di crescita, sono assenti. Lo stesso dicasi per il sud dove ci si limita ad accentuare il taglio del cuneo fiscale o ad introdurre altre misure di defiscalizzazione. Si tratta di provvedimenti che muovono dal proposito di abbattere i costi di produzione e del lavoro. Si tratta di misure che sono del tutto estranee alle vere criticità del sistema industriale italiano, che sono le piccole dimensioni, la presenza concentrata soprattutto in settori tradizionali, la scarsa propensione innovativa. Anche in questo caso non ci si schioda da un’impostazione classicamente liberista. Ed è assai dubbio che da questa impostazione deriveranno sostanziali benefici in termini di sviluppo, mentre sono invece certi i tagli di spesa che dovranno compensare le minori entrate di cui beneficerà lo stato. La manovra, quindi ha evidenti limiti. Magnificarla è un errore. In primo luogo perché essa non sta ottenendo un riscontro positivo fra i cittadini, nemmeno fra gli elettori del centro sinistra. Non si tratta quindi semplicemente di migliorare la comunicazione. Questa finanziaria è contraddittoria e per questo deve essere ulteriormente cambiata.

Sulla Sinistra Europea mi sento in obbligo di esplicitare un dissenso. Si tratta di una proposta molto debole. Non è un caso che – come hanno sottolineato diversi interventi – essa non stia suscitando grandi emozioni. Le adesioni sono assai esigue. Di fatto il successo dell’operazione è legato alla possibile adesione della sinistra DS, a seguito della nascita del Partito Democratico. Dipende insomma, in larga misura, da un evento esogeneo. Quale sia il profilo del nuovo soggetto – il Partito della Sinistra Europea – sezione Italiana – nessuno lo sa. A sentire Folena dovrebbe trattarsi di una formazione collocata nel solco del socialismo. Il che è tutto dire. In ogni caso quello che fino ad ora sta emergendo è che le adesioni o le potenziali adesioni dipendono in larga misura, da un lato, dall’esistenza di fasce di ceto politico in cerca di ricollocazione e, dall’altro, dalle opportunità che Rifondazione Comunista è in grado di offrire in funzione della sua presenza nel governo nazionale e in quelli locali. Per questo, alla fin fine, diventa così importante la “cessione di sovranità “ che il partito si appresta a fare. Si tratta del mezzo per convincere i soggetti esterni. Nella relazione di De Cesaris si è cercato di sostenere la tesi che nascita della Sinistra Europea ed esistenza del PRC non sarebbero in contraddizione. Temo che non sia così. La stessa indeterminatezza delle soluzioni organizzative proposte, la stessa equivocità di termini come “nuovo soggetto politico”, le stesse posizioni che sono filtrate anche qui, nel dibattito – penso all’intervento di Alfonso Gianni in cui si invita a sciogliere da subito il partito nella Sinistra Europea – la dicono lunga. Personalmente ritengo che, con ogni probabilita’, ci troveremo di fronte a due possibili esiti. O la sconfitta pratica di questo progetto e quindi la sopravvivenza di Rifondazione o un suo successo che creerà le condizioni per il definitivo superamento della stessa. In questo caso, come mi sembra ovvio, le nostre strade divergeranno.
Quello che però vorrei sottolineare, e su questo invito i compagni della maggioranza a riflettere attentamente, è che resta da dimostrare che il nuovo soggetto riesca a reggere la concorrenza del nascituro Partito Democratico. Sia per i risultati elettorali già ottenuti dall’Ulivo, ma anche in relazione alla sua perfetta compatibilità con un sistema rigidamente bipolare, mi pare che questa formazione abbia molte più chances rispetto una Sinistra Europea che si annuncia come un soggetto ibrido e dotato di una debole identità.