“Dire addio al comunismo” e Ingrao medita la svolta

Non è un´abiura: «Sapete cosa significhi per me il comunismo…». Ma Pietro Ingrao, il leader storico dei comunisti italiani, è pronto alla svolta: «Rinunciare al comunismo? Se nascesse una nuova unità, un contenitore innovativo, non avrei preclusioni: si può rinunciare al nome “comunismo” e al simbolo». Il convegno di Rifondazione comunista sulla cultura si è appena concluso: sala gremita; viavai di intellettuali, registi, attori. Il «compagno Pietro» – accolto da una standing ovation a cui lui risponde abbandonando il bastone e alzando il pugno – alla vigilia dei suoi novantun´anni, con i cronisti lancia il cuore oltre l´ostacolo. Al contrario del segretario Fausto Bertinotti che sul comunismo ha appena precisato: «Rinunciare al comunismo? No, non ci abbiamo rinunciato quando essere comunisti significava essere sotto schiaffo, non vedo perché dovremmo farlo adesso. Dobbiamo ritrovare le radici ma anche andare oltre, dopo gli anni difficili sarebbe oggi un suicidio rinunciare alla nostra idea di rifondare il comunismo».
Una frenata. Che arriva dopo il dibattito acceso dei giorni scorsi sul progetto del Partito della sinistra – sezione italiana di quello europeo – che Rifondazione individua come il progetto politico all´orizzonte. Rina Gagliardi in un editoriale sul quotidiano del partito, Liberazione, proprio ieri ha sintetizzato: «Nei prossimi mesi non ci sarà sulla scena della politica italiana soltanto il progetto del Partito Democratico… Ci sarà una nuova forza della sinistra». Ecco a parlarne – tra un applauso a Mario Monicelli in platea, e gli interventi di Vladimir Luxuria, Luisa Boccia, Leo Gullotta, Marcello Cini – la coppia Bertinotti-Ingrao. In un reciproco passarsi il testimone. Convergendo e divergendo. Ingrao sul Partito della sinistra dirà poi ai cronisti: «Non è ancora vicino, penso che dobbiate ancora attendere perché finora si sono messi d´accordo su alcune questioni immediate. Ma non vedo un confronto profondo». Bertinotti durante il dibattito aveva invece ammonito sul Partito della sinistra: «È un progetto importante», senza rinunciare alle radici comuniste. Cambiamo ma per ora restiamo comunisti: è lo slogan di Bertinotti che individua nei «movimenti» il nuovo soggetto della trasformazione come il proletariato lo era per il marxismo.
Pressing invece di Ingrao affinché nella campagna elettorale entrino le sfide della sinistra e «il proletariato» torni protagonista della politica: «Nell´ultimo secolo abbiamo maturato l´idea dell´operaio come eroe, fulcro della mutazione sociale. Oggi questa idea mi sembra impallidita. Vorrei capire quanto e se è entrato nella campagna elettorale il tema della liberazione del lavoro. Fausto – si rivolge al segretario – sono preoccupato, mi sembra che non si parli per niente di lavoro. Mi piacerebbe che nei dibattiti tv ci fosse anche una faccia di operaio». Replica di Bertinotti: «Caro Pietro, sul proletariato sono d´accordo con te. Però noi dobbiamo guardare la realtà, questo proletariato è una “bestia”, siamo in una fase di transizione e oggi il proletariato riguarda il movimento dove ci sono diverse realtà che si confrontano».
Altra frecciata quindi dell´ex presidente della Camera contro la guerra in Iraq: «Ti chiedo un favore, Fausto: tu che hai una relazione con Prodi, io non ce l´ho, digli che dovrebbe affermare chiaramente che lo stesso giorno in cui l´Unione vince le elezioni sarà finita la guerra dell´Italia in Iraq». Ricorda l´articolo 11 della Costituzione che spetta al capo dello Stato far rispettare. Un duetto. Quindi il comune affondo anti Berlusconi: «Che cosa sarebbe l´Italia in caso di vittoria elettorale del centrodestra? – attacca il segretario – Saremmo una provincia povera degli Usa». E ancora: «Berlusconi sta dimostrando un estremismo populista che inonda il paese di un´aggressività per la necessità di individuare nemici esterni. Fa quello che fa Le Pen all´opposizione, paradossale che lo faccia Berlusconi al governo». Sulla campagna elettorale: «È schizofrenica, perché ci troviamo di fronte a una campagna mediatica e a una reale». Annuisce Ingrao.