Dini: grossa sconfitta per la sinistra

ROMA—«Non vorremmo cantare vittoria, mi pare che però c’è un’altra parte che esce sconfitta». Lamberto Dini fatica a nascondere la soddisfazione per l’esito della partita sul protocollo sul Welfare. Lui e i suoi Liberaldemocratici portano a casa un primo risultato grazie alla decisione del governo di porre la fiducia sul testo dell’accordo di luglio. Un “regalo” che arriva proprio nel giorno in cui l’ex premier, Natale D’Amico e Giuseppe Scalerà celebrano al Senato il “matrimonio” con l’Unione democratica di Willer Bordon e Roberto Manzione. L’ex presidente del Consiglio naturalmente non dà l’immediato via libera, non dice che voterà sì quando la legge arriverà al Senato. Prende altro tempo, dice che il testo del maxiemendamento è complesso; «è alto così», dice usando il pollice e l’indice. Vuole ancora vedere cosa si cela dietro la richiesta di delega sui lavori usuranti. Ma è evidente che Dini è convinto di avere vinto la partita. Ed è altrettanto convinto che abbiano perso i massimalisti. Lo dice pure: «Se devo giudicare dalle dichiarazioni degli esponenti del Partito di Rifondazione comunista, mi pare che stiano subendo una grossa sconfitta».
Dunque il sì dei Liberaldemocratici è quasi scontato. Anche perché, spiega D’Amico, «il testo sul quale il governo propone la
questione di fiducia quanto ai lavori usuranti riporta al testo originario. Cade anche l’irragionevole limite invalicabile alla proroga dei contratti a termine. Si evitano gravi danni alla finanza pubblica, e si evitano controriforme del mercato del lavoro che avrebbero generato disoccupazione». Chi non ha alcun dubbio se votare o
meno la fiducia sono Bordon e Manzione. «Certamente sì – dice l’ex presidente dei senatori della Margherita – Il governo sta facendo l’unica cosa che non poteva non fare e cioè mettere la fiducia su un testo concordato con le parti sociali».
Il Welfare non è il solo motivo che ha portato Liberaldemocratici e Unione Democratica a sposarsi, dando vita ad un “sottogruppo” del gruppo Misto di Palazzo Madama. I cinque senatori sono uniti dal tentativo di superare l’attuale quadro politico. Dini spiega che vuol dire «che non c’è più una maggioranza sicura per il governo e si chiede qualcosa di diverso, perché questo governo si é dimostrato inadeguato». In questo scenario il “minigruppo” sceglie «un sistema compiutamente maggioritario che salvaguardi la natura competitiva del nostro sistema politico e lo orienti in direzione tendenzialmente bipartitica per assicurare governabilità e alternanza». Quanto alle riforme istituzionali, si punta ad una riforma dei regolamenti parlamentari che tuteli l’opposizione ma che dia la capacità alla maggioranza di attuare il proprio programma e al rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio». Grande attenzione, infine, ai problemi del rigore economico e finanziario e l’assicurazione di impedire in Parlamento tentativi di “svuotamento” del pacchetto sicurezza varato dal governo.