ROMA —. Soddisfatto per la manifestazione «magnificamente riuscita». Rivendicativo con il governo: «Abbiamo reso Prodi più forte, ma adesso deve correggere le norme sulla precarietà contenute nell’accordo sul welfare».
Critico con chi non c’era, cioè Fabio Mussi e la Sua Sinistra democratica:
«È stato un errore, se vogliamo costruire l’unità della sinistra si deve iniziare dalle iniziative di lotta. Ma se qualcuno si sfila alla prima occasione…».
Deciso ad andare oltre:
«Da oggi dobbiamo essere testardi nel cercare di ricostituire le ragioni dell’unità. Se l’avessimo fatto prima, magari evitando di lasciarmi solo quando chiedo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, saremmo già a buon punto». Oliviero Diliberto (foto), all’indomani del corteo anti-precarietà, ha riunito il comitato centrale del Pdci per discutere della Cosa rossa che verrà e del partito dei comunisti che non si scioglierà.
«Ci mancherebbe. I partiti non si sciolgono, di certo non il partito dei Comunisti italiani. Se ci sarà, la Cosa rossa sarà una confederazione alla quale aderiranno i partiti esistenti e tutti coloro che non sono organizzati anche se condividono i nostri stessi valori».
E se sarà, pensa Diliberto, sarà molto rossa: «Io sono rimasto comunista dopo l’89 non sono disponibile a fare la Bolognina con quindici anni di ritardo. Senza contare che per noi alle ultime elezioni abbiamo avuto 900 mila persone, non sono tantissime ma neanche poche». E infatti il Pdci, cioè Diliberto, sta comprando una nuova sede e a giorni farà partire il quotidiano online del • partito diretto da Nicola Tranfaglia. Insomma sta intanto pensando a consolidarsi e non di fondersi. E di certo Diliberto non è disponibile a cedere le insegne, cioè la Falce-e-martello: «La Confederazione sarà di sinistra, senza altri
aggettivi che sono escludenti, sono saracinesche. Ma io non rinuncio ai simboli del lavoro. E anche la confederazione dovrebbe averli
nel suo simbolo».
Addirittura falce-e-martello? «Si vedrà, di sicuro i simboli del lavoro: so che circolano alcune ipotesi in questi giorni che sono inaccettabili». Simboli storici e niente pasticci neppure sulla forma del nuovo soggetto politico: «Se si andasse al voto in primavera, cosa che non auspico, la sinistra dovrà essere comunque unita. Se i tempi saranno più lunghi potremo fare una cosa diversa dal cartello elettorale». Certo la Cosa rossa immaginata dal segretario del Pdci rischia di non piacere ai Verdi e anche a quel mondo che non ama il Pd ma trova nostalgico il comunismo: «Ma perché? Ne discuteremo, del resto eravamo in piazza tutti insieme sabato». Ma ognuno con le proprie bandiere. A questo proposito Diliberto già sente l’ingombro di Rifondazione: «Quando leggo che il mio amico Franco Giordano dice che Rifondazione promuoverà la costituente della sinistra, non è un buon modo di iniziare. Ma è un vecchio vizio della sinistra. Le cose si fanno insieme». Per non parlare dei ballon d’essai sul nome di Nichi Vendola come. possibile leader della Cosa: «Non entro nel merito della persona, ma trovo surreale la discussione sulla leadership quando non c’è il partito. Il Pd ha fatto così, ma noi vogliamo fare l’opposto». Un’ultima puntura di spillo agli «amici» di Rifondazione: «Non ci sarà un tesseramento alla Cosa rossa, ogni partito porterà i suoi tesserati. Più chi ci vorrà stare».