Magistratura Democratica e Associazione studi giuridici sull’immigrazione presentano oggi a Roma (alle 16,30 Hotel Nazionale, piazza Montecitorio) il documento di proposta sulla normativa di immigrazione e asilo in Italia. In sostanza, si tratta di dieci punti di riforma della legge Bossi-Fini, frutto di anni di esperienza e elaborazione che i magistrati e avvocati hanno maturato a stretto contatto con la società civile. «Sono stati anni durissimi, ma senza dubbio è stato prodotto un sapere largamente condiviso – dice il presidente dell’Asgi Lorenzo Trucco – noi giuristi abbiamo lavorato gomito a gomito con delle associazioni, toccando con mano la realtà dell’immigrazione. Per questo, anche a partire da visioni diverse, non è stato difficile trovare convergenza sui punti che elenchiamo». Da molto tempo, dunque, si ragiona su quali meccanismi legislativi introdurre per migliorare il funzionamento delle politiche migratorie, ma è chiaro che con il nuovo governo si aprono prospettive più rosee: «Non vogliamo banalizzare un problema complesso, e il nostro è solo un contributo. Ma è chiaro che ci aspettiamo di essere ascoltati dal nuovo esecutivo. E’ necessario cambiare rotta, riconoscendo che il sistema adottato fin qui è stato un fallimento, fonte di clandestinità a gettito continuo».
La prima parte del vostro documento è dedicata a «una legislazione giusta e efficace». Cosa proponete?
Prima di tutto chiediamo di costruire nuovi canali di ingresso legale: sappiamo benissimo che il meccanismo della chiamata a distanza non ha mai funzionato, basata com’è su una grossa ipocrisia. E’ giunto il momento di rendere conveniente l’ingresso legale. Come? Noi proponiamo l’introduzione dell’ingresso per ricerca di lavoro, una maggiore flessibilità nella conversione dei vari titoli di soggiorno, la valorizzazione di istituti come il ricongiungimento famigliare e lo sponsor, che andrebbe reintrodotto. Un secondo punto riguarda quello che chiamiamo lo «statuto della convivenza»: rendere cioè più stabili i permessi di soggiorno. Non è accettabile che un immigrato presente regolarmente in Italia da, poniamo, cinque anni diventi irregolare dalla sera alla mattina perché ha perso il lavoro. Se sussistono altre condizioni di regolarità, perché imporre l’allontanamento dall’Italia?
Chiedete anche di abolire il «diritto speciale per gli immigrati».
Ci riferiamo, essenzialmente, al sistema delle espulsioni che va totalmente rivisto. Oggi, tutto si basa sulle espulsioni, il che è inefficace e ingiusto. Ad esempio, attualmente esistono ben sei fonti diverse di espulsione. Illogico. Oppure: è assurdo porre sullo stesso piano chi è entrato in Italia in violazione di ogni norma e chi invece è stato regolare e poi non lo è più. Dopodiché, continuiamo a essere contrari alla detenzione amministrativa, che consideriamo una ferita aperta nel nostro ordinamento giuridico. Ma ci sono anche altre cose di cui parlare.
Ad esempio?
Lo straniero oggi è sottoposto a una pluralità di giurisdizioni, Se la questura non gli rinnova il permesso, il ricorso va presentato al Tar. Nel frattempo è irregolare e quindi può essere espulso, a quel punto va dal giudice di pace. Se riceve un decreto di allontanamento entro cinque giorni dall’Italia e non lo rispetta, commette reato, e entra in campo il giudice penale. E’ un assurdo giuridico.
La soluzione?
Chiediamo che il giudice ordinario abbia anche le competenze attualmente assegnate al Tar. E che al giudice togato vengano restituite le competenze assegnate al giudice di pace nel 2004.
E sul diritto d’asilo?
Anche questo è un tema complesso. Preliminarmente basti dire che chiediamo una legge nazionale che sia in linea con la Costituzione e con la normativa internazionale.
La seconda parte del vostro documento è dedicata invece al «diritto alla convivenza». Di che si tratta?
Ormai viviamo in una società multiculturale. Agiamo anche su questo fronte: intanto utilizzando la legislazione antidiscriminatoria che c’è, ma viene scarsamente applicata. Poi iniziando a ragionare sul tema del diritto alla diversità culturale, religiosa e linguistica. Ovviamente si intreccia al tema molto serio della salvaguardia della laicità dello stato. La materia è complessa, ma secondo noi è alla base di una convivenza vera. In ordine generale, riteniamo che occorra stare attenti a non creare – anche su questo punto – una legislazione speciale. Il diritto penale deve tutelare da una parte la persona aggredita dal suo gruppo culturale di appartenenza (pensiamo alle mutilazioni genitali), ma dall’altra bisogna evitare ogni tipo di criminalizzazione indirizzata a una determinata appartenenza culturale. Poi ci sono molte altre questioni: tra queste la necessità di riconoscere i diritti politici e procedere a una riforma della cittadinanza che valorizzi lo ius soli.