«Dieci palazzi distrutti a Beirut per ogni attacco con razzi su Haifa». Sarebbe questo l’ordine che il capo di stato maggiore israeliano, generale Dan Halutz, ha dato al suo esercito. Lo ha riferito il sito on-line della radio militare israeliana, citando un «alto ufficiale dell’aviazione». Una rappresaglia feroce, che sembrerebbe confermata dai bombardamenti dei giorni scorsi, ma che un portavoce militare dello stato ebraico si è affrettato a smentire: «Si tratta di una notizia totalmente infondata».
Intano l’Onu è finita di nuovo nel mirino. Nella serata di ieri, un proiettile sparato da un carro armato israeliano ha colpito una postazione dell’Unifil – la missione di caschi blu schierata in Libano dal 1972 – nel villaggio di Rmeish, nel sud del paese, e quattro osservatori, tutti provenienti dal Ghana, sono rimasti feriti. I quattro sono stati immediatamente trasportati all’ospedale dell’Unifil di Naqur. Dall’inizio dell’offensiva israeliana contro gli Hezbollah, le postazioni dell’Unifil sono state colpite diverse volte dalle due forze belligeranti. La scorsa settimana un militare indiano è stato ferito gravemente dalle schegge di un proiettile sparato da un carro armato israeliano. Domenica è stato ferito gravemente dagli Hezbollah il capitano italiano Roberto Punzo, attualmente ricoverato nell’ospedale di Haifa in condizioni stabili.
Ieri è stata la prima giornata di quiete nella capitale libanese, in coincidenza con l’inatteso arrivo del segretario di stato americano, Condoleezza Rice. Ma, a fronte della relativa quiete di Beirut, la battaglia è infuriata ieri nei dintorni di Bint Jbeil, dove carri armati e soldati israeliani hanno continuato a martellare i guerriglieri di Hezbollah dalla vicina altura strategica di Marun al-Ras appena conquistata, ma dove numerosi civili che non erano riusciti a fuggire – fra i 35.000 abitanti della cittadina sei km a nord del confine – sarebbero anche rimasti sepolti sotto le macerie delle loro case bombardate. Da una parte e dall’altra si succedono intanto i bollettini delle perdite inflitte al nemico: Israele ha affermato di aver ucciso dieci guerriglieri sciiti del Partito di Dio e di averne catturati altri due; Hezbollah ha ammesso la perdita di due soli miliziani e sostenuto di aver distrutto cinque carri armati e abbattuto un elicottero israeliani, uccidendo due soldati e ferendone altri 17. E sempre nel sud del Libano in fiamme, i caccia israeliani hanno colpito per la prima volta il campo profughi palestinese di Rashidiyeh, alla periferia di Tiro, dove una nave noleggiata dall’ambasciata tedesca, la «Princessa Marisa», ha intanto trasportato aiuti alimentari e medicinali e imbarcato alcune decine di stranieri in fuga.
Razzi israeliani hanno invece provocato almeno nove morti e una ventina di feriti tra i civili libanesi nei villaggi di Hallusiye, Maalliye e Safad Al-Battikh, rispettivamente a nord e sud di Tiro e a sud di Bint Jbeil, il capoluogo dell’omonima regione dove truppe israeliane e guerriglieri Hezbollah si sono dati battaglia. Alcuni residenti nella zona, citati dalla Reuters, hanno riferito che l’esercito d’Israele punta ora a conquistare la cittadina collocata a cavallo della strada che (a nord) porta a Tiro e dell’altra che (a sud-ovest) costeggia invece quella parallela al confine.
Sull’altro fronte, la Galilea è stata tempestata anche ieri dai razzi katyusha lanciati da Hezbollah: 80 ne sono caduti solo nel pomeriggio, provocando almeno 50 feriti. Due piloti israeliani di elicottero sono morti quando il loro Apache è precipitato in Galilea al ritorno da una missione in Libano. Gli hezbollah ne hanno rivendicato l’abbattimento, per Israele è stato invece un incidente.
Si iniziano intanto a quantificare i danni economici che il conflitto sta infliggendo a entrambe le parti. Tredici giorni di guerra hanno provocato danni enormi alle economie dei due Paesi: almeno un miliardo e mezzo di dollari di danni in Israele e tre miliardi in Libano, secondo stime di varie fonti messe insieme dal Wall Street Journal.