Tentazioni centriste
Su Il Sole 24 ore una diecina di giorni fa è apparso un appello di settanta economisti dal titolo «Più rigore, concorrenza e investimenti», che ha ricevuto tra gli economisti un grande successo tanto da arrivare in breve tempo a oltre 170 adesioni (Marcello De Cecco, Michele Salvati, Vittorio Valli, Enzo Rullani, Stefano Zamagni…), ricevendo il plauso di Mario Monti su Il Sole 24 ore del 16 giugno. L’appello esprime una convinta partecipazione del paese all’Unione europea, è a favore di una politica di riequilibrio dei conti pubblici e del rigore fiscale, vede importante sia «il mantenimento, seppur in forma aggiornata, dello Stato sociale» che «uno sforzo del governo, delle imprese e dei lavoratori per ridurre le rendite, aumentare il grado di concorrenza, migliorare la qualità della istruzione, investire in ricerca e nelle infrastrutture in un quadro di stabilità monetaria e di equilibrata finanza pubblica». Le scarne frasi dell’appello spiegano la facilità della sua condivisione. Ci sono però due aspetti che rendono quest’appello interessante, tanto da commentarlo su il manifesto , e sottolineati da Monti nel suo commento. Il primo è che si è di fronte a una voglia di protagonismo politico di un’ampia schiera di economisti accademici emarginati da un tremontismo troppo rozzo anche nella forma da poter essere condiviso. Il secondo è che, come scrive Monti, questo appello si presenta contro il centrodestra «contrario al radicamento dell’Italia nell’Unione Europea», ma anche contro il centrosinistra che «ha una visione diversa da quella di una moderna economia di mercato». L’appello degli economisti prefigura quindi per Monti un «partito degli economisti» che è un «partito di centro», un partito «tecnico» con ricette e risposte chiare che la destra e la sinistra dovrebbero ascoltare. Se questa diagnosi di Monti è corretta vale la pena di prendere sul serio questo «partito degli economisti» che potrebbe diventare protagonista politico in un auspicato cambiamento di governo e iniziare a fargli qualche domanda per capire di quale partito si tratta.
Una prima domanda è sull’Europa sociale. In Europa vi sono esperienze molto diverse di welfare state e in nazioni come la Danimarca è stato sperimentato che è possibile una copertura molto ampia delle persone nell’arco delle loro vita (indennità di disoccupazione, pensioni elevate di cittadinanza, aiuti tecnologici gratuiti per tutte le persone anziane e disabili) perché i costi di una politica di prevenzione e di assistenza a domicilio compensano i maggiori costi che derivano da un aumento di persone meno autonome, più presenti nei pronti soccorsi e negli ospedali. Il partito degli economisti pensa alla Danimarca oppure quando parla di «aggiornamento dello Stato sociale» o pensa ad un aumento delle privatizzazioni importando il modello statunitense?
Seconda domanda. L’appello degli economisti ha al suo centro l’impresa e la competitività in una, come scrive Monti, «moderna economia di mercato»; ma a quale tipo di impresa si sta pensando? La commissione per i diritti umani dell’Onu ha proposto nel 2004 un sistema di regole valide a livello internazionale per controllare le multinazionali e processarle nel caso di trasgressione e questa proposta è stata accolta positivamente dalle organizzazioni internazionali dei sindacati e delle Ong (in Italia la campagna a favore di questa proposta è stata organizzata da Amnesty International) e negativamente dalla International Chamber of Commerce e dai governi neoliberisti statunitensi e italiani, che accettano solo adesioni volontarie delle multinazionali a codici di responsabilità sociale dell’impresa. Cosa pensa il partito degli economisti di questa proposta?
Terza domanda, cosa pensa degli organismi internazionali Wto, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, che a queste multinazionali hanno dato il massimo potere agevolando le forme peggiori di sfruttamento, connivenze politiche, disastri ecologici? E in relazione alle imprese che si arricchiscono sulle guerre, cosa pensa il partito degli economisti? E’ disponibile a partecipare alle numerose campagne internazionali contro le industrie belliche e il traffico d’armi? L’elogio della competitività presente nel titolo dell’appello significa aderire ad un’Europa solo competitiva, irresponsabile nei confronti dei disastri ambientali e delle condizioni di vita in nazioni in cui, ad esempio, non c’è accesso all’acqua potabile o si muore per l’Aids? Oppure, solo per mancanza di spazio, si è omesso nell’appello di parlare anche di un’Europa solidale, disponibile a impegnarsi per l’accesso di tutte le persone del mondo a beni comuni come l’acqua, la salute, l’istruzione? Come sono visti in una possibile e diversa Europa solidale i flussi migratori, la precarizzazione del lavoro, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro?
Anche la parte dell’appello che parla di istruzione e di ricerca scientifica può avere letture molto diverse a seconda che si pensi ad un’Europa delle multinazionali oppure ad un’Europa politica, sociale ed economica responsabile verso tutte le diverse persone del mondo.
Il Partito degli economisti, tenuto a battesimo da Mario Monti, dovrebbe precisare meglio le proprie idee se vuole contribuire con un barlume di luce, come direbbe Keynes, ad uscire dal buio nel quale rischiamo di restare anche nel dopo Berlusconi. Questo detto nella modesta convinzione che, come ci insegnava Federico Caffé, più che di parametri finanziari e rigidità europee, ci sia bisogno di riscoprire una «programmazione per le persone comuni», una «politica dei piccoli passi», sia per le persone che per le imprese più in difficoltà, che costituirebbero la vera innovazione di cui il paese ha bisogno.