Dieci anni fa la Krajina: la Croazia festeggia

4-7 agosto la pulizia etnica della minoranza serba, morti e profughi

Contestato Mesic Il presidente croato, pur rivendicando in pieno l’azione, fischiato a Knin dai seguaci di Gotovina, il comandante croato ricercato per crimini di guerra. Ma neanche la Serbia ha dimenticato

Tra stendardi con la scacchiera al vento, marce militari e alzabandiera solenni, la Croazia ha celebrato l’altro ieri a Knin i suoi giorni più lunghi, quelli del 4, 5, 6 e 7 agosto 1995, le giornate della «liberazione» della patria e della vittoria sui secessionisti della Repubblica serba di Krajina. Ma in occidente il disastro serbo è passato in silenzio. Lo sradicamento di 250.000 civili serbi dalle terre abitate da quattro secoli è scivolato nell’oblio: oscurato dalle televisioni, lontano dalle prime pagine dei giornali e, soprattutto, dimenticato dalle cancellerie che contano. Nelle prime ore del 4 agosto di dieci anni fa scattava l’operazione Tempesta: 130.000 soldati croati iniziavano la loro avanzata verso le città e i villaggi della regione ribelle serba.L’obbiettivo numero uno era Knin, città dell’entroterra di Spalato e roccaforte dell’autoproclamata Repubblica serba di Krajina. In meno di 84 ore Zagabria riprese ilcontrollo di più di 10mila km quadrati, un quinto del Paese, e con la partenza di un convoglio biblico l’intero territorio si svuotò. Bilancio dell’offensiva lampo: 174 militari croati uccisi, 2.627 serbi dispersi e circa 250.000 rifugiati in Bosnia e Serbia.

Un decennio dopo, i festeggiamenti della Croazia. La cronaca della «giornata della vittoria e dell’orgoglio patriottico» inizia alle otto del mattino: le note dell’orchestra della marina croata accompagnano la consegna della medaglia ai difensori della patria. Poi, il volo dei Mig-21 di Zagabria nel cielo della Krajina introduce il discorso del presidente Stjepan Mesic e quello del premier Ivo Sanader. «L’operazione Oluja (tempesta) è stata legittima, giustificata e cristallina», è il coro unanime che arriva dal palco delle autorità. Migliaia di persone approvano e applaudono. Ma l’entusiasmo non è più lo stesso quando il presidente Mesic cerca di affrontare i crimini diguerra di casa. «Dobbiamo riconoscere che alcuni individui della nostra parte non hanno usato le armi solo per combattere», proclama; e la folla inizia a protestare. Quando però aggiunge che «alcuni singoli hanno commesso dei crimini contro l’umanità e meritano di essere condannati», scoppia la contestazione e la massa inneggia al ricercato per crimini di guerra Ante Gotovina, il generale che ha guidato l’operazione Tempesta. E non mancano neanche gli slogan per il pater patriae, il defunto presidente Franjo Tudjman.Così al grido di «Ante Ante» e «Franjo Franjo» il mea culpa di Mesic viene soffocato sul nascere. Poi tocca a Sanader, che ripete che la Croazia «è orgogliosa» dell’offensiva di dieci anni fa. Ma le sue parole non accendono gli animi: lo zoccolo duro del nazionalismo croato lo ha infatti abbandonato da tempo. E a dimostrarlo c’ è anche la sfida lanciata a Sanader da un ex combattente dell’esercito: un reduce ha affisso un enormeposter di Gotovina nella città dove è nato il primo ministro e sulla gigantografia c’è una domanda per il premier: «Lui è un eroe, e tu?». Sanader, che ha difeso l’ex generale fino quando è diventato primo ministro nel 2003, ora appoggia la richiesta di Bruxelles di estradarlo al tribunale dell’Aja: l’arresto del comandante dell’operazione Tempesta è ultima condizione posta da Bruxelles per l’avvio dei negoziati di adesione di Zagabria all’Ue.

«Sono passati dieci anni dall’operazione Tempesta e la Croazia festeggia mentre la Serbia èin lutto». Così invece il presidente serbo Boris Tadic, ha ricordato in un’intervista alla tv di Belgrado l’offensiva croata del 1995. «Si è trattato di un crimine organizzato, con l’intenzione di uccidere delle persone e di cancellare qualsiasi diritto alla vita», ha affermato Tadic. Il presidente serbo è poi tornato sulla sua richiesta avanzata a Zagabria di riconoscere la responsabilità della leadership politica di allora: «Ho esortato la Croazia a condannare i crimini commessi contro la minoranza serba perché mi aspetto un miglioramento nelle nostre relazioni. Questi rapporti sono d’importanza vitale e possono diventare un punto fermo della sicurezza regionale». E la reazione di Belgrado non si ferma a Tadic: molto duro anche il premier serbo Vojislav Kostunica, che ha definito l’operazione Tempesta «la più grande pulizia etnica dai tempi della seconda guerra mondiale»; dalministro degli esteri serbo-montenegrino Vuk Draskovic, è arrivato invece un invito a Zagabria: scusarsi con le vittime e incoraggiare il ritorno dei profughi. Già, i profughi. Perl’Onu finora solo 100.000 rifugiati sono tornati in Krajina. Ma molti esuli la pensano come Milan, ex professore di biologia di una scuola di Knin che da dieci anni vive in una baracca alla periferia di Belgrado. «Perché tornare? Perché un croato assetato di vendetta uccida i miei figli?».