Dieci anni di … teppismo liberista in Serbia

*segretario, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia – onlus per l’Ernesto Online

Visto quello che ha fatto a Genova, vista la “celebrità” che gli hanno accordato i media, vista la sua provenienza da un… esotico paese slavo – la Serbia – affibbiargli il soprannome è facile: “Ivan il Terribile”. Ma capire la logica delle sue azioni è ben altra impresa.

I danneggiamenti e gli scontri di cui si è reso protagonista assieme ai suoi accoliti si sarebbero potuti evitare con una normale prevenzione poliziesca, così come si sarebbe potuta evitare questa sovraesposizione mediatica, di fronte alla quale in tanti siamo rimasti perplessi. Da Belgrado accusano: “Sapevate cosa stava per succedere”. (1) I servizi di sicurezza serbi spiegano di avere preavvertito, nel corso di un vertice e poi di nuovo attraverso il delegato della Uefa, sulle intenzioni degli “ultras” (teppisti, a tutti gli effetti) che dalla Serbia dovevano giungere in Italia per la partita tra le due nazionali di calcio lo scorso 12 ottobre. Il presidente della Federcalcio serba, Tomislav Karadzic, ha dichiarato che i tifosi della nazionale “non erano venuti soli a Genova”: per Karadzic infatti si sarebbe trattato di un piano preordinato per creare incidenti e far saltare l’incontro. E’ la stessa impressione che hanno avuto i giocatori della Serbia, alcuni dei quali il giorno stesso, prima della partita, avevano ricevuto inedite minacce, restandone sconvolti.

Anche se i responsabili serbi non avessero preavvertito, è quantomeno bizzarro che i servizi di sicurezza italiani non abbiano saputo prevenire le distruzioni e le escandescenze, data la “stretta” securitaria ordinata da Maroni già da qualche tempo (tessera del tifoso eccetera). Cosicchè, in Italia quei fatti sono subito diventati materia per una effimera polemica politica. Il Pd ha chiesto al ministro degli interni “come sia stato possibile che questo gruppo di violenti sia potuto giungere in Italia, a Genova e dentro allo stadio con tutto il corredo di armi improprie”. Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha rivelato anche che, messasi in contatto con la Questura, aveva percepito una scarsa volontà di prevenzione: “Ho capito che c’era una linea morbida per evitare la tragedia” (sic). (2)

Nei giorni successivi però da Belgrado sono arrivati altri dettagli, che dimostrano che il problema non è solo di politica interna, ma ha implicazioni molto gravi di politica internazionale. E’ stato rivelato infatti che i teppisti erano stati “pagati per creare incidenti a Genova”. Secondo il principale quotidiano belgradese Politika, due boss latitanti avrebbero versato 200 mila euro ai teppisti per organizzare i disordini. (3) Inoltre, i quotidiani di Belgrado hanno scandagliato la figura di “Ivan il Terribile”, scoprendo alcune cose che i media italiani si sono guardati bene dal riportare.

Ivan Bogdanov appartiene ad una ben precisa tipologia di teppisti. E’ stato un protagonista degli incidenti di piazza a Belgrado il 5 Ottobre 2000, quando bande di (ribadiamo) teppisti anti-jugoslavi assaltarono il Parlamento, diedero fuoco agli uffici elettorali e alle sedi dei partiti della sinistra, e realizzarono così quella che da noi è stata candidamente elogiata come la “rivoluzione anti-Milosevic” (“Belgrado ride”, intitolò vergognosamente Liberazione). In particolare, Bogdanov guidò l’attacco alla stazione di polizia e i connessi saccheggi sulla Via Jevrosime Madre. Quest’anno è ricorso il decennale di quella “rivoluzione” – nessuno in realtà lo ha festeggiato. Non sappiamo se “Ivan il Terribile” già allora viveva nel lussuoso quartiere di Dedinje – i “Parioli” o la “Via San Babila” di Belgrado -, in Bulevar Karadjordjevic, di fronte all’ambasciata di Israele. Uno dei suoi più prossimi vicini di casa è il Ministro dell’Interno Ivica Dacic. (4)

La tipologia cui appartiene “Ivan il terribile” è dunque quella del teppista provocatore, ben pagato e rifornito di ogni comfort. Ciò che Ivan, con i suoi colleghi di lavoro, ha ottenuto è stato di accentuare l’immagine già negativa che è stata appiccicata addosso alla Serbia e ai serbi negli ultimi 20 anni. (5) Il fatto che questi teppisti ostentino simbologie e slogan “ultranazionalisti serbi” e bigotti-reazionari in occasione dei loro show più recenti (ricordiamo anche, ad esempio, la manifestazione contro il “gay pride” a Belgrado lo scorso 10 ottobre) non ci dice molto del significato “politico” di queste loro azioni, ma viceversa serve a distorcerlo o capovolgerlo: questo è d’altronde il mestiere dei provocatori.

Come CNJ-onlus valutiamo che > (6)

E’ impressionante anche la coincidenza degli incidenti al Marassi di Genova con la visita della Hillary Clinton a Belgrado, avvenuta lo stesso giorno, dopo la tappa a Sarajevo e prima di quella a Pristina. A Belgrado la Clinton ha usato parole di scontato sostegno all’orientamento capitalista-atlantista della Serbia, nel decennale appunto del “nuovo corso”, ed ha affermato anche che i tempi sarebbero maturi per l’entrata della Serbia nella UE. In effetti, questo argomento era stato messo all’ordine del giorno a Bruxelles per il 25 ottobre.

Ma il giorno dopo essere stata a Belgrado, in Kosovo la Clinton ha ribadito piuttosto il sostegno degli USA all’irredentismo pan-albanese nei Balcani, chiedendo che tutti i paesi riconoscano la “indipendenza” e dunque la secessione della provincia dalla Serbia. La Segretaria di Stato è stata salutata come una eroina da centinaia di persone convenute in Bulevar Bill Clinton, all’incrocio dove sorge la statua che raffigura suo marito Bill, alta circa quattro metri. (7) Sempre lo stesso giorno, 13 ottobre, il parlamento olandese ha votato all’unanimità una risoluzione che chiede agli altri paesi UE di posporre la valutazione della candidatura serba almeno fino a fine 2010, e cioè almeno fino al prossimo rapporto del procuratore dell’Aia sulla cooperazione di Belgrado con il “tribunale ad hoc”. E’ ben noto che la questione dei “processi” dell’Aia è usata ad ogni piè sospinto, in maniera pretestuosa, a giustificare la costante applicazione dei “due pesi due misure” nei confronti della Serbia.

Chi sia veramente favorevole, e chi contrario, alla adesione della Serbia alla UE è questione che meriterebbe lunga e complessa analisi. La nostra impressione è che su questo punto tra i singoli paesi europei e gli USA ci sia uno strano “gioco delle parti”. L’Italia potrebbe essere uno dei paesi più favorevoli alla “normalizzazione” dei rapporti internazionali con la Serbia. Tale politica sarebbe coerente anche con la linea abbastanza autonoma perseguita dal governo Berlusconi nei confronti di vari paesi “scomodi” (Libia, Russia); ma la gestione degli incidenti di Genova fa pensare che qualcuno, a Roma oppure a Belgrado, “remi contro” la politica del proprio governo e preferisca mantenere l’isolamento internazionale della Serbia.

Dunque dieci anni sono passati, la Jugoslavia (Serbia-Montenegro) è stata cancellata ed è stata forzata una secessione de facto del Kosovo dal resto della Serbia; dal punto di vista economico e sociale, sono state prese tutte le principali misure per cancellare quanto rimaneva in Serbia delle strutture e delle prerogative del sistema socialista jugoslavo: le banche e le grandi industrie sono state privatizzate (si pensi al caso Zastava Auto, dove la FIAT ha avuto gratis la fabbrica con un migliaio di operai sottopagati da usare contro quelli di Pomigliano) e si passa adesso ad altre svendite. L’ultima operazione annunciata è quella su Telekom Serbia, di cui stanno per essere messe in vendita il 51% delle azioni detenute dalla Stato, per un valore stimato sui 1,4 miliardi di euro. (8) Dunque è passato un decennio in cui le politiche liberiste e filo-atlantiche sono state imposte in tutti i modi ad ogni anfratto della società e dell’economia della Serbia – eppure ancora qualcuno è contrario alla “normalizzazione” dei rapporti con quel paese.

Il problema della collocazione internazionale della Serbia ha assunto una cronicità che dovrebbe preoccupare anche i diplomatici più cauti. Secondo l’istituto di analisi geopolitica statunitense Stratfor (9) il clima che si è instaurato attorno e all’interno della Serbia è quello della Repubblica di Weimar. Frustrata in tutte le sue legittime ambizioni, la Serbia potrebbe covare al suo interno forze animate da un forte spirito revanscista; e questo si potrebbe ritorcere contro l’Europa come a suo tempo successe con la Germania.

Anche se questa valutazione fosse esagerata, va riconosciuto che in ampi settori della opinione pubblica serba domina lo scontento per la situazione che si è determinata dopo quel fatidico 5 Ottobre. E’ opinione comune che il paese sia in mano a corrotti e ladri: se ne scrive tutti i giorni sui giornali. La situazione economica e occupazionale non è mai migliorata. Infine, non è solo opinione dell’ex collaboratore di Slobodan Milosevic, Vladimir Krsljanin, che la Serbia sia oggi “un paese sotto occupazione straniera” (10). Questa è in effetti l’impressione generale, benché ancora in Serbia i paesi della NATO non abbiano potuto installare direttamente alcuna base militare (fatta eccezione per il Kosovo, ovviamente). Insistentemente peraltro si parla di adesione del paese alla NATO: nella scorsa primavera a fronte delle dichiarazioni esplicite del Ministro della Difesa, che si è detto favorevole, c’è stata la reazione di vasti settori di intellettuali (11) e semplici cittadini. E le pressioni continuano, da ultimo attraverso una visita a Belgrado di una delegazione del “Parlamento NATO” guidata dal vicepresidente Vincenzo Bianco. (12)

Anche molti di quelli che condivisero il moto di protesta dieci anni fa, dichiarano oggi di essere profondamente delusi. A suo tempo costoro salutarono la “svolta”, incarnata in particolare dal neopresidente Vojislav Kostunica, pensando che tale ricambio della classe dirigente in senso liberista-europeista poteva meglio garantire la difesa piena degli interessi nazionali, ritenuti a rischio per la “impresentabilità” della vecchia classe dirigente erede dei valori jugoslavisti e socialisti. Con il passare degli anni, però, Kostunica è stato estromesso, ed è stato infine relegato all’opposizione. L’attuale governo ha una posizione di compromesso sulla questione del Kosovo, che in tanti ritengono rinunciataria: no alle secessione formale ed al riconoscimento di qualsiasi statualità, si invece ad una interlocuzione da pari a pari con la classe dirigente dell’ex UCK. Insomma una rinuncia de facto a quel territorio, benchè da non formalizzare e “salvaguardando” le enclave non-albanesi ed i locali simboli e tesori della storia serba.

Uno dei paradossi serbi oggi è che al governo, a perseguire tali politiche liquidazioniste (privatizzazioni e svendita dello stato sociale, rinuncia al Kosovo), c’è un governo composto anche dal Partito Socialista della Serbia (SPS) – o meglio, da ciò che ne rimane. Già Milosevic dal carcere dell’Aia contestava come opportunisti e traditori diversi esponenti dell’ SPS che si trovano oggi al governo. Dopo quel 5 Ottobre, il partito ha subito fuoriuscite e scissioni. Tra le varie formazioni “socialiste” che sono nate, vale la pena di segnalare il “Pokret Socijalista” guidato dal giovane Aleksandar Vulin, che appare tra le formazioni più vivaci e ferme su di una linea contemporaneamente attenta alla sovranità nazionale e ai diritti dei lavoratori.

Vivace è anche l’area comunista, che registra continue “fondazioni” di organizzazioni nuove ma anche incessanti tentativi di unificazione. Questi ultimi si scontrano però da un lato con il soggettivismo e le logiche di piccolo gruppo – che “a pensar male” sembrano talvolta di carattere provocatorio – e dall’altro con settarismi ideologici di vecchia data tra l’area “cominformista”, quella “trotzkista” variamente declinata, e i “titoisti”. Va detto anche che tale vivacità in campo comunista (nel bene e nel male) ha pressoché gli stessi connotati in tutta l’area jugoslava, cioè anche nelle repubbliche confinanti con la Serbia. Un esercizio semplice ma abbastanza istruttivo può essere il seguente: si provi in Facebook a digitare “Jugoslavija” oppure “Tito” oppure “Komunisticka partija”, e simili. Si troveranno decine di migliaia di risultati di gruppi e singoli individui che si richiamano (anche solo simbolicamente, anche solo nel nome o nell’immagine del profilo) al passato socialista. Evidentemente, nonostante le pressioni di ogni genere che hanno subito, gli jugoslavi (serbi e non solo) sanno distinguere tuttora molto bene che cosa sia nel loro comune interesse, e che cosa no.

NOTE:

(1) Repubblica online, 15 ottobre 2010: http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/15/news/serbia_italia_15_ottobre-8069677/ .

(2) Si veda: http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/13/news/arresti_italia_serbia-7997211/?ref=HREA-1 e http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/10/13/news/polemica_maroni-8010519 .

(3) Repubblica online, 16 ottobre 2010: http://www.repubblica.it/sport/calcio/2010/10/16/news/serbi_pagati_per_incidenti-8119237/ .

(4) Fonte: http://www.pressonline.rs/sr/vesti/vesti_dana/story/136784/Huligan+sa+Dedinja!.html .

(5) > (Dal Comunicato stampa di CNJ-onlus: “Hooligans serbi? Sgombriamo il campo dagli equivoci” – http://www.cnj.it/CNJ/huligani2010.htm )

(6) Ibidem.

(7) Voice of America, 14 ottobre 2010: http://www.voanews.com/english/news/europe/Clinton-to-Push-for-Wider-Kosovo-Recognition-104901414.html .

(8) B92, 19 ottobre 2010. La privatizzazione dell’altra compagnia di telefonia mobile, la Mobtel, era già avvenuta nel 2006. In Kosovo alla Telekom Serbia poche settimane fa hanno arbitrariamente “spento” le antenne. E’ anche interessante confrontare questa prevista privatizzazione con l’operazione Telekom Serbia che tanto scandalo scatenò in Italia alla fine degli anni 90: in quel caso allo Stato serbo rimaneva il “golden share” della maggioranza assoluta del pacchetto azionario…

(9) Stratfor 14.10.2010: “Serbia: A Weimar Republic?” – http://www.nspm.rs/nspm-in-english/serbia-a-weimar-republic-q.html .

(10) Intervista rilasciata a “junge Welt” (Berlino), 6 ottobre 2010.

(11) Da registrare il cosiddetto “Appello dei Trecento”: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6647 .

(12) Tanjug, 22 ottobre 2010.