Bravo Romano Prodi, è quasi come George W. Bush. In sostanza è questo il giudizio positivo che arriva da Israele dopo che il presidente del Consiglio italiano, sabato scorso, ha indicato «la garanzia» che in futuro il Paese «continuerà a essere uno Stato ebraico» come una condizione indispensabile per arrivare a una pace con i palestinesi. «Un’ affermazione pregnante con significato diplomatico che implica l’ accettazione del rifiuto israeliano alla richiesta palestinese di un “giusto ritorno” per i profughi e i loro discendenti», ha commentato ieri il Jerusalem Post. Il quotidiano israeliano ha ricordato che la tesi di Prodi fa eco a quella del presidente Bush, il quale nel 2004 scrisse all’ allora premier Ariel Sharon che gli Stati Uniti «sono impegnati fermamente a favore della sicurezza di Israele e del suo benessere come Stato ebraico». In verità, non è che Prodi sia un fan dei neoconservatori americani. Il suo intervento a un convegno dell’ Aspen Institute conteneva un appello a garantire ai palestinesi «uno Stato vitale, con continuità geografica». La novità, colta anche dal Jerusalem Post, è che la sua opinione sul diritto all’ ebraicità di Israele non ha tanti precedenti tra le dichiarazioni recenti degli uomini di governo europei. Di tanto in tanto, al Senato, un ex uomo di governo sicuramente filo-arabo, Giulio Andreotti, sostiene che per dare una vita decente ai palestinesi costretti nei decenni scorsi a emigrare in Libano si potrebbe cercare spazio in Africa. Quasi nessuno, però, nella politica italiana, aveva impiegato parole capaci di suonare come un freno all’ idea di un ritorno dei palestinesi nelle terre passate sotto controllo dello Stato ebraico nel 1948. Invece, è proprio il timore di vedere Israele schiacciato dall’ incremento demografico arabo uno dei motori delle scelte dei governi di Israele. È soprattutto per questo che Sharon decise l’ uscita da Gaza. «Il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha guidato sforzi, nei mesi scorsi, per far sì che leader europei pronunciassero un’ affermazione del genere», riferisce il Jerusalem Post a proposito della posizione di Prodi. «Se i profughi palestinesi e i discendenti fossero autorizzati a trasferirsi in Israele, ciò rovescerebbe a favore degli arabi l’ equilibrio demografico e porterebbe alla morte di Israele», ricorda il giornale aggiungendo che alti diplomatici di Gerusalemme definiscono «molto significativo» il discorso di Prodi. Secondo uno di loro, se venisse condiviso dalla comunità internazionale si potrebbero cercare soluzioni permanenti per i rifugiati senza aspettare un accordo globale. Per preparare la visita del premier israeliano Ehud Olmert, prevista mercoledì prossimo, con discrezione l’ altro ieri sono stati a Roma due suoi consiglieri, Yoram Torobovich e Shalom Turgeman. L’ ambasciatore Gideon Meir è stato ricevuto dal presidente del Consiglio. Olmert incontrerà Giorgio Napolitano, Prodi, Massimo D’ Alema, Silvio Berlusconi, e, in Vaticano, il Papa. Molta dell’ attenzione sarà per il Consiglio europeo del giorno dopo nel quale si parlerà di Medio Oriente. Dice Emanuele Fiano, deputato ebreo dei Ds: «Il discorso di Prodi misura un avanzamento nella qualità dell’ analisi del conflitto».