Basta con i «fratelli separati». A dieci anni dalla scissione del ’98, la separazione tra Rifondazione e Pdci non ha più senso e bisogna ricreare un unico partito comunista. Per la prima volta, almeno dentro il Prc , la rinascita del «Pci bonsai» non è più un tabù. Anzi. Dal palco della festa di Essere comunisti , storica minoranza «rossa» confluita nella mozione Ferrero, il coordinatore Claudio Grassi è esplicito: «I motivi di quella scissione non ci sono più, oggi non ha alcun senso avere due partiti comunisti in Italia. Basta con i fratelli separati». Un’apertura vera al Pdci, tanto più significativa perché lanciata quando al suo fianco, a un dibattito attorno allo stesso tavolo, ci sono proprio i segretari Ferrero e Diliberto. La proposta di riunificazione sotto un’unica falce e martello è musica per le orecchie del segretario del Pdci: «Per la prima volta dice sornione – non mi sento ospite a un’iniziativa di Rifondazione. Impensabile fino a poco tempo fa». E sulla proposta di unione è netto: «Noi siamo pronti da ieri. Vogliamo fare non dico un grande partito comunista, ma almeno uno meno piccolo». Molto più prudente invece Paolo Ferrero. Una linea puramente «partitista» non convince il segretario: «Il nostro obiettivo – risponde sottolineando le differenze con i «comunisti» di Grassi – è ricostruire il movimento operaio, non solo Rifondazione». Per sapere se la «storica» riunificazione avrà mai luogo basterà aspettare le prossime europee, un appuntamento decisivo rispetto al quale Ferrero non esclude nulla: «Come si presenterà il nostro partito si vedrà. Non c’è cosa peggiore di dire le cose giuste al momento sbagliato». Molto dipenderà, ammette, dalla nuova legge elettorale e dalla soglia di sbarramento. Idee più chiare invece per il neo-responsabile organizzazione Claudio Grassi. Discusse in un’assemblea a porte chiuse della sua area domenica scorsa a Gubbio. Un partito «forte e credibile» è l’obiettivo per cui impegnarsi. Per questo, Essere comunisti mira a blindarsi rispetto al resto della maggioranza «ferreriana» nei prossimi congressi regionali di ottobre e lancia un’Opa verso le altre «minoranze». «Dobbiamo spaccare l’area di Vendola propone Grassi – non tutti sono pronti a uscire dal partito e non tutti condividono la costituente di sinistra». Non manca nemmeno la preoccupazione su Liberazione . Con un passato da tesoriere del partito, Grassi è chiarissimo: «In un quadro così difficile il partito ha bisogno del suo giornale, Liberazione quindi non va chiusa». Però la sua direzione politica deve essere «coerente con la linea politica approvata a Chianciano» e il suo bilancio non può trascinare a fondo il partito. «Non è che per salvare il giornale possiamo metterci a vendere le sedi dei circoli», avverte Grassi chiedendo chiarezza sui conti. Un punto, questo, su cui deve esprimersi il cda della testata al 100% di proprietà del Prc.