Denaro, amore e dolore in una storia di redenzione

In un territorio urbano desolatamente anonimo, Bruno e Sonia – venti e diciott´anni, padre e madre di un neonato chiamato Jimmy – navigano a vista nella precarietà di chi è nato dalla parte sbagliata della scala sociale. Lui traffica in telefonini e lettori di CD rubati, vende e acquista da mattina a sera, deciso a fare dei soldi a qualsiasi costo in un mondo dove i soldi sono tutto quel che conta. Quando finisce in rosso, trova naturale vendere Jimmy: tanto, tutti i bambini si equivalgono, e “se ne può sempre fare un altro”.
Il tema avrebbe potuto tentare Ken Loach, con l´avanzare dell´età sempre più sensibile alle storie di giovani e giovanissimi. Lo svolgimento è quello caratteristico dei Dardenne: cinepresa incollata ai personaggi, che li circonda e li esplora “alitando” allo stesso ritmo del loro respiro. Nessun sospetto di manierismo, però, nel nuovo film dei fratelli belgi, la cui capacità di rendere realistica l´immagine riesce ancora una volta a farti vivere l´azione in presa diretta. Di più. La semplice, dura vicenda è raccontata con tratti che superano largamente l´aneddoto per assumere un significato generazionale, e oltre. Anche i genitori sono due bambini – lui totalmente irresponsabile, lei più consapevole perché donna e madre – strappati in fretta all´infanzia ancora con la voglia di farsi scherzi e d´inseguirsi come dodicenni. Se Bruno, capo di una minigang di ladruncoli, vende il piccolo, più che per cinismo è per incoscienza, come in un gioco condotto con la crudeltà tipica dei minorenni. Tant´è che, attonito davanti alla disperazione di Sonia, decide di pagarne il riscatto esponendosi al rischio. Lungi dal raccontarci la storia di un mostro, i Dardenne mettono in scena un percorso morale, una redenzione (ecco perché, dove sarebbe legittimo aspettarsi di trovare ogni porta sbarrata, concedono una via d´uscita ai loro protagonisti). In questo si rivelano i veri eredi di Robert Bresson; diversissimi da lui per stile, lo emulano nel risolvere l´urgenza di un rapporto morale col mondo non predicando, ma affidandosi totalmente al linguaggio. Il vecchio maestro fu l´autore di un memorabile “L´argent”, rigoroso fino alla spietatezza. In un certo senso “L´enfant”, meritata Palma d´oro a Cannes, è il proseguimento a lunga distanza di quel capolavoro. Perché la cosa più focalizzata, e più perturbante, del film resta il rapporto dei personaggi col denaro: spettro della monetizzazione universale per cui, smarrito ormai ogni rapporto simbolico con il mondo, tutto è vendibile, tutto ha un prezzo; e la parola pronunciata più spesso da chicchessia è “euro”.