La multinazionale Abb vuole chiudere la storica azienda produttrice di trasformatori di Legnano, spostando la produzione in Germania. Le procedure di mobilità avviate mettono a rischio 249 posti di lavoro. Così ieri circa 100 lavoratori hanno presidiato il palazzo della Provincia dove si è riunito il consiglio per discutere la loro situazione. Alla fine è stato approvato all’unanimità un ordine del giorno che condanna l’ «ingiustificata ipotesi di delocalizzazione, soprattutto in un settore nevralgico com’è quello dell’energia» e ritiene «inammissibile che si sia avviata una tale procedura in termini così unilaterali e senza alcun confronto preventivo». Dunque, i consiglieri provinciali chiedono «un incontro con il ministero delle attività produttive entro il 15 febbraio affinché siano ritirate immediatamente le procedure di mobilità» e impegnano «il presidente della provincia e gli assessori competenti a intervenire sulla direzione dell’Aem di Milano, che controlla al 50% la Edison e sulla Asm di Brescia, chiedendo che lo stesso atteggiamento venga adottato dal ministero delle attività produttive verso Enel, Enipower, Enel-Terna, Ansaldo Energia e le altre società con partecipazioni pubbliche nazionali o locali, in particolare connesse alle commesse pubbliche».
La procedura di chiusura del sito, in termini unilaterali e senza alcun confronto preventivo, è un atto sbagliato e arrogante. Le richieste avanzate dal comune di Legnano, la provincia di Milano e la regione Lombardia sono il minimo. Le procedure di mobilità relative ai 249 dipendenti che la proprietà svizzero-svedese intende di fatto licenziare, devono essere immediatamente ritirate. Il presupposto per il mantenimento di un minimo clima di correttezza nei confronti delle istituzioni e del sindacato, come era sempre stato nella storia delle relazioni della Abb Italia, è il blocco dell’orologio che scandisce i 75 giorni entro cui si chiude lo stabilimento.
La chiusura dello storico sito di Legnano – ex Iel, poi Marelli – interrompe una lunga storia industriale nel settore elettromeccanico che, fin dal 1936, è stato ed è tuttora un vanto d’eccellenza nazionale ed europea. Oltretutto non crediamo che i risultati economici dell’insediamento Abb di Legnano siano negativi; risulta invece che Abb, dal 1988 al 2000, abbia concentrato a Legnano le sue varie acquisizioni in Italia nel campo dei trasformatori: Tibb, Oel, Ote, Italtrafo Milano e Italtrafo Pomezia. Ha rastrellato la concorrenza, i loro marchi e la loro rete commerciale. Raggiunto così un predominio nazionale, oggi trasferisce l’attività produttiva in Paesi, come la Germania, con un costo del lavoro più elevato, ma mantenendo intatte le commesse commerciali che provengono principalmente da aziende italiane con una forte partecipazione pubblica. Questo modo di operare è fortemente lesivo degli interessi del Paese e costituisce un danno enorme per il tessuto del nostro territorio, dove esiste il massimo tasso di insediamento di multinazionali straniere che evidentemente in questo caso stanno ricomponendo a casa loro le filiere industriali che, in Italia, sono state scomposte e offerte, a suo tempo, allo shopping in un processo di internazionalizzazione passiva. Il sistema Paese deve essere assolutamente difeso da questa deriva e le figure istituzionali preposte devono, a pieno diritto, alzare la voce e intervenire sui committenti nazionali per condizionare queste ingiustificate ipotesi di delocalizzazione, soprattutto in un settore nevralgico com’è quello dell’energia.
* Assessore al contrasto delle Crisi industriali e Occupazionali della Provincia di Milano