Dalle urne esce un’Italia piccola piccola

Il non voto è lo specchio di un Paese che va in pezzi: dall’economia alla cultura
I sociologi: «Non si pensa più a modificare la realtà e ci si affida a Ruini: se lo dice lui… ».
È finita. Venticinque e nove per cento. I referendari perdono ovunque. Perdono al nord, al centro, al sud. Perdono nelle isole, nelle grandi città e nelle campagne. «Se neppure a Modena città sono arrivati al cinquanta per cento…».
Lo dice uno di Forza Italia: «È un voto contro la sinistra». Di fronte ai settantaquattro italiani che non hanno votato come può sentirsi felice uno che vive di elezioni, il consigliere regionale emiliano Andrea Leoni? Neppure il cardinal Ruini dovrebbe sentirsi felice. «Per la Chiesa – mi dice Michele Salvati, economista liberal – è una vittoria di Pirro. La Chiesa, che dovrebbe far appello alle coscienze, dopo aver incitato all’astensione, si trova nelle mani una vittoria dell’indifferenza e di fronte una società più secolarizzata e più estranea di prima».
La seconda giornata del referendum è stata breve, nonostante le otto ore d’apertura dei seggi. I numeri di domenica sera, il diciannove per cento delle ventidue, davano scontato il risultato, anche se l’animazione del mattino attorno a qualche seggio, le polemiche con Pisanu che aveva sottostimato i dati parziali, anticipando i conteggi, gli ultimi sms, persino la fiducia nell’Italia che ogni tanto si “desta” avevano illuso qualche irriducibile. Popolare Network, la radio che più aveva fatto campagna, continuava a spronare. Chiamavano ascoltatori che incitavano i ritardatari, qualcosa come trentasei milioni di italiani ritardatari. Ma le dichiarazioni di resa cominciavano ad arrivare: «Vittoria con trucco» (Di Pietro), «Nei partiti non c’è stato dibattito» (Pannella), «Non mi dimetto» (Fini)…
I risultati, l’Italia divisa. Sembra di tornare a Gramsci: città e campagna, nord e sud. Il nord: il vertice è l’Emila Romagna (41,6), poi c’è la Toscana, poi la Liguria, poi il Piemonte. Il centro: qui è il Lazio davanti (31,5). Il Sud: un precipizio, una teoria di sedici per cento e il punto più basso in Calabria (12,7). Isole: la Sardegna (27,2) e la Sicilia (15,8) e s’allinea al settentrione. La provincia: Bologna è in testa (47,4), Firenze subito dopo (45,9) Roma (34,8) batte Milano (33,6), Torino (33,9) batte Genova (35,5), Napoli racconta la sua crisi (16,3), Reggio Calabria (11,4) e Vibo Valentia (10,7) sono ultime.
Di fronte alla fuga dal voto si può dire che qualcuno ha vinto? Naturalmente Giovanardi alza la mano: «Ha vinto il Parlamento», per lui la coalizione di centrodestra. Finisce qui. Il bilancio che ci propone Carlo Donolo, sociologo, è più complesso. Intanto il quadro generale: «C’è un’Italia che perde in Europa, con i suoi conti economici sballati. Un’altra Italia, che declina perchè la sua industria va in crisi pezzo dopo pezzo. E c’è quest’ultima Italia che declina da un punto di vista sociale e culturale. La noncuranza mostrata di fronte alle questioni poste del referendum s’aggiunge al disinteresse di fronte a tanti altri problemi: quelli ambientali, di convivenza civile, di qualità della vita. Dove le condizioni sono peggiori ci si rifugia nella sopravvivenza. L’atteggiamento che prevale è di tipo adattativo. Ci si adatta alla realtà così come è senza pensare di poterla mutare. La risposta che la gente si dà non sta nella politica. Chi non vota ha compiuto altre scelte: cerca protezioni nelle reti familiari, clientelari, locali. Persino il sommerso che dilaga ha fortuna in questa logica. Che cosa ci si deve attendere, quando la forza lavoro più dinamica, giovane e scolarizzata, se ne torna ad emigrare? Meglio il rimedio vicino, il lavoro nero, per quanto segnato dall’illecito. Ma che differenza fa, quando si è addestrati ormai a convivere con la violenza. Noi sociologi diciamo che si è abbassata la soglia di tolleranza e chge i diritti sono lontani. Il voto, come espressione di un senso politico comune, non conta. Lo si dà solo a un presunto protettore. Altrimenti si delega. Il cardinal Ruini, che fa campagna per l’astensione, è un aiuto forte al sentimento di delega: se lo dice lui… Ruini e la Chiesa rappresentano un’autorità morale. Altre non ne compaiono. San Giovanni Rotondo e Padre Pio sono una centrale di controllo della anime».
Non è un altro mondo. È il nostro. Salvati cita Disraeli, che a proposito di ricchi e poveri in Inghilterra usava l’espressione «Two Nations»: due nazioni anche l’Italia, una urbana, relativamente ricca e acculturata, un’altra che non legge, non s’informa, non s’interessa, «noi che scriviamo sui giornali e un paese che non ha più fibra morale con la Chiesa che fa i giochini…». Donolo parla di «retrocessione culturale» e il riferimento è a Napoli o a Palermo e a una «rinascita solidale» passata ormai.
Carmen Lingardi, sociologo che insegna a Milano e che ha insegnato a lungo ad Arcavacata, chiama in causa la Chiesa, la sua presenza capillare al sud, la resistenza di una famiglia a ruoli tradizionali (soprattutto per mancanza di lavoro, per cui la donna può trovare un’identità solo dentro casa), una tendenza contraria alla laicizzazione e alla secolarizzazione che vivono altri paesi europei. Nella tradizione sta anche una idea, fatalista: «Se i figli non vengono, è colpa della donna..». Peccato che le pratiche contro la sterilità siano antiche quanto l’uomo. Dalle magie alle benedizioni alle medicine. «Qui cade la scienza – spiega Carmen Lingardi – per la difficoltà del suo linguaggio, quando tocca questioni come la vita e la morte: non ne sa parlare.
Ne sa parlare invece la Chiesa». Che ha avuto un enorme vantaggio: doveva solo “smobilitare”. Mobilitare è un’altra cosa, rinunciare al mare pesa. A parti inverse, anche Ruini avrebbe dovuto soffrire. Come dice Ilvo Diamanti, sono finiti i tempi in cui il voto veniva sentito come un dovere e in cui nessuno si sarebbe sognato di usare il non voto come un voto.
L’Italia è un paese dove non si pensa, dove la politica e i media si sentono al centro del mondo, senza conoscerlo. E il cittadino non votante? Risponde Goffredo Fofi: «Di scienza non sa nulla e di morale non gliene frega niente. Continuerà fare la sua vita, le donne ad abortire, i mariti a picchiare le mogli. Attaccato al particolare, perchè la classe dirigente è così abbietta…».