Dal Molin. Intervista a Claudio Grassi: “Così non va”

Il governo – ha fatto sapere ieri Prodi – «non si oppone» all’ampliamento della base americana di Vicenza. Qual è il giudizio che dai di questa scelta di non intervenire e, quindi, di confermare la decisione assunta dal governo Berlusconi?

Ritengo la decisione di Prodi grave e politicamente inaccettabile. E’ grave perché anche in questa circostanza il nostro Paese ha perso l’opportunità di dimostrare di essere un Paese sovrano in politica estera. La subalternità del nostro governo agli Stati Uniti d’America che questa “non opposizione” al raddoppio della base militare di Vicenza comporta ci parla invece di un Paese a sovranità limitata. Al di là del significato altamente simbolico (l’inchinarsi ancora una volta ai diktat degli Usa), la scelta di Prodi è gravida di conseguenze politiche. Sappiamo benissimo che, con l’ampliamento della base militare, la 173a Brigata “Airbone”, già di stanza alla Caserma Ederle, acquisirebbe compiti e responsabilità di guerra, incompatibili con la nostra Costituzione. L’unità che si verrebbe a creare sarebbe infatti destinata ad interventi di proiezione militare in un’ampia zona geografica che comprende il Caucaso e il Caspio, il Medio Oriente e tutta l’Africa. Qui ormai da anni le truppe della 173a Brigata operano e si addestrano.

Hai quindi l’impressione che la scelta di Prodi sia stata dettata da Washington?

Basta leggere i documenti ufficiali del Ministero della Difesa statunitense. Nel bilancio del febbraio 2006 per il progetto di raddoppio infrastrutturale dell’unità militare nord-americana a Vicenza erano previsti 322 milioni di dollari per il 2007 e altri 680 entro il 2010.
Fin dalla primavera del 2005 le autorità militari statunitensi hanno avviato la progettazione esecutiva degli edifici e delle installazioni, con l’assistenza dei tecnici dell’Ispettorato infrastrutture dello Stato maggiore dell’Esercito italiano. Contemporaneamente, lo Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana ha disposto la chiusura o il trasferimento di tutti gli enti presenti nell’aeroporto Dal Molin per liberare l’area da ogni attività militare o civile italiana. Il governo Usa decide, e mette a bilancio, il governo italiano obbedisce.

Hai definito la decisione di Prodi “politicamente inaccettabile”. Cosa intendi?

Intendo essenzialmente due cose. In primo luogo, come già dicevo, è evidente a tutti che questa parte di territorio sottratta alla giurisdizione italiana verrà utilizzata dal governo nord-americano per proseguire la sua politica di guerra preventiva e permanente. Una politica di guerra i cui risultati sono, stando ai dati diffusi ieri dalle Nazioni Unite riferiti al solo anno 2006 – e soltanto per dare un’idea paradigmatica dell’abominio di quella politica estera – , 35.000 morti civili iracheni.
In secondo luogo la presa di posizione di Prodi è inaccettabile perché nell’Unione una parte importante delle forze politiche si sono dichiarate da mesi contrarie a questa ipotesi. Prodi è presidente del Consiglio anche grazie a Rifondazione Comunista e agli altri partiti della sinistra d’alternativa. Ed è presidente del Consiglio anche grazie a quel popolo della pace che nelle scorse settimane ha espresso in maniera cristallina i propri intendimenti.

Senza contare che il popolo della pace si è incontrato, in questi mesi, con la cittadinanza vicentina…

Un sondaggio di pochi giorni fa, effettuato su un campione significativo, affermava che il 70% dei cittadini di Vicenza e di Caldogno è contrario all’ampliamento della base. Il 4 dicembre oltre 30.000 persone sono scese in piazza per chiedere al governo di bloccare il progetto. Tra ottobre e dicembre sono state raccolte 10.000 firme a sostegno di iniziative pubbliche contrarie al raddoppio. E’ sceso in piazza il popolo della pace, è scesa in piazza la società civile, è scesa in piazza la cittadinanza. Il governo – dobbiamo prenderne atto – ha deciso contro il popolo della pace, contro la società civile, contro la cittadinanza. E ha deciso senza nemmeno chiamare tutti i cittadini di Vicenza ad esprimersi. Evidentemente il timore che un referendum consultivo confermasse questi segnali avversi al raddoppio della base è stato sufficiente per eludere il confronto democratico. Voglio far notare che la proposta di un referendum non l’abbiamo lanciata noi, ma il segretario del più importante partito della coalizione, Piero Fassino.

Quali saranno le conseguenze immediate di questa frattura con le ragioni del popolo pacifista e della sinistra d’alternativa?

E’ evidente che si pongono problemi seri sulla politica estera. Prodi non può, come ha fatto, derubricare la vicenda a questione di “natura urbanistica e territoriale”. Questa è, a tutti gli effetti, una vicenda che chiama in causa la collocazione internazionale dell’Italia e, ancor prima, il nostro atteggiamento nei confronti degli altri Stati. Ricordo soltanto che tra poche settimane si riporrà in Parlamento il provvedimento di rifinanziamento della missione militare in Afghanistan. Abbiamo già espresso, in occasione del voto di luglio, la nostra contrarietà nei confronti di quella missione. Oggi confermiamo la nostra contrarietà, anche sulla base di questa inammissibile decisione di Prodi. Chiediamo anche a coloro i quali, votando a luglio il rifinanziamento dichiararono di farlo per l’ultima volta, di essere coerenti. Coerenti, del resto, con i pronunciamenti per il ritiro delle truppe da loro stessi espressi in questi mesi.

Non si pone in questo caso anche un problema di coerenza con il Programma dell’Unione?

Il Coordinamento dei Comitati dei Cittadini di Vicenza ha scritto nei giorni scorsi a Prodi una lettera nella quale si ricorda che il Programma dell’Unione impegnava il Governo alla “ridefinizione e alla rinegoziazione delle servitù militari”. Non mi pare proprio che il programma parlasse di ampliamento.

E’ sufficiente fare appello al programma?

No, non è sufficiente. Noi non molliamo la presa, tanto in Parlamento quanto nel Paese. Non solo Rifondazione Comunista, ma anche tutte le altre forze della sinistra d’alternativa hanno espresso la volontà di dare continuità in Parlamento a questa battaglia. Oltre a questo è necessaria, però, la massima partecipazione nelle piazze. Dobbiamo essere in grado di costruire una mobilitazione forte e permanente che impedisca che il governo dia seguito alle dichiarazioni di Prodi e che, quindi, si porti a compimento il progetto. Dobbiamo contrastare, nella maniera più netta e risoluta, questa scelta. Sono convinto che i compagni di Essere Comunisti, come sempre, saranno protagonisti di questa mobilitazione così urgente e necessaria.