Rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare dei corridoi europei (compresa la Torino Lione). Impegno sulla mobilità sostenibile. Le parole che precedono, costituiscono il terzo punto del documento diffuso da Romano Prodi il 22 febbraio, quello detto dei dodici punti «Prioritari, non negoziabili». (Agitati, non shakerati, direbbe James Bond).
Un mese dopo, l’ultimo giorno di marzo, Valle Susa ha dato una risposta di massa a Prodi. Un bellissimo corteo di primavera, con bambini, carrozzine e il resto della fantasia. Pochi slogan, molte risate. Quando la scampagnata allegra ha percorso la leggera discesa tra il santuario di Trana e il Lago Piccolo di Avigliana, dall’alto, si è vista nella sua vera forza: ventimila persone, un fiorire di bandiere colorate, altre con una scritta in campo bianco: No Tav, No Dal Molin, No coke, …No rigassificatore. Segno che il Grande cortile, quello che raccoglie tutti i cortili, in un solo bene comune, in un unico paese civile, funziona ancora. Un iperbolico schieramento di polizia, proteggeva inutilmente la linea ferroviaria da una temuta occupazione.
Il percorso, di sette chilometri, era stato scelto con cura. Muoveva da Trana, all’imbocco di Val Sangone, per arrivare ad Avigliana, all’imbocco di Valle Susa, costeggiando il Lago Grande. Univa le due valli, mostrava insomma che un’idea di tirare dalla propria Valle Susa, sacrificando Val Sangone, con una Tav alternativa, era proprio un’idea sbagliata. I sindaci di Val Sangone non c’erano. Là il personaggio più rappresentativo è Osvaldo Napoli, a lungo sindaco di Giaveno e ora in Parlamento come deputato di Forza Italia. Partecipavano però le minoranze dei consigli comunali di Giaveno, Trana, Coazze… e tante famiglie quasiasi della valle.
Se l’idea del presidente Prodi era quella di divedere una valle dall’altra, o quello indebolire il movimento, sottraendogli i partiti della sinistra, tenuti all’obbedienza, sarà meglio che ne pensi un’altra. Il movimento punta sull’osservatorio presieduto da Mario Virano, nel quale è presente il professor Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino, in rappresentanza della Valle. L’osservatorio deve dare risposta ai quesiti veri, relativi alla linea storica e alla sua possibilità di reggere il traffico del futuro. «Fino a oggi tutti hanno condiviso l’idea che ci sono margini di aumento della potenzialità di questa linea del 300-400%. Quando qualcuno dimostrerà che non è vero, discuteremo di altro». Così Antonio Ferrentino, intervistato dal manifesto (24 febbraio, Carlo Lania). E questa di Ferentino è una buona mediazione, di una persona tranquilla, sicura della propria buona ragione e della forza che ne discende. I comitati sono più sospettosi e tengono alta la guardia.
L’Osservatorio deve ancora dare le sue risposte e probabilmente saranno tali da mettere fortemente in dubbio l’esigenza, o anche l’opportunità, della nuova linea ferroviaria tra Lyon e Torino lungo Valle Susa. Prodi dovrà così trovare un compromesso tra le ventimila persone del 31 marzo – e le decine di migliaia che si uniranno loro se fosse necessario -, la necessità di shakerare il suo governo, la difficoltà di attivare i finanziamenti europei e l’assoluta mancanza di fondi per costruire questo pezzo di ferrovia, attraverso le Alpi, con il treno ad alta velocità. E’ un problema complicato, tanto più che se manda la forza, finisce per perdere davvero l’ala sinistra della sua compagine di governo e la sua maggioranza; e il suo governo. Il movimento contro la Tav in Valle Susa aspetta: qualcuno verrà a vedere.