Da Riga decolla il Globemaster

In nemmeno tre ore, ieri mattina, il summit dei capi di stato e di governo dei 26 paesi della Nato ha tracciato le linee guida dell’Alleanza «per i prossimi 15 anni» (e c’è stato anche il tempo per la foto di gruppo). Esse sono enunciate nella «Guida politica comprensiva» che, preventivamente redatta, è stata «approvata» dai partecipanti. In questo documento (6 pagine) e nella Dichiarazione finale (11 pagine), si delineano anzitutto i «principali rischi» che l’Alleanza dovrà affrontare: «il terrorismo sempre più globale e letale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e l’instabilità dovuta alla disgregazione di interi Stati» (come la Federazione jugoslava, disgregata dalla stessa Nato). Per «far avanzare la pace e la sicurezza» in questo mondo pieno di pericoli, la Nato ha dislocato oltre 50mila militari «in sei impegnative missioni e operazioni in tre regioni geografiche», dall’Afghanistan ai Balcani e dal Mediterraneo al Darfur. Un comunicato ufficiale annuncia che i 26 capi di stato e di governo riunitisi a Riga, hanno «rafforzato il loro impegno nei confronti della missione Nato in Afghanistan» e hanno «acconsentito a rimuovere alcune restrizioni nazionali su come, quando e dove devono essere usate le forze». Nella dichiarazione si sottolinea inoltre che «tutti gli alleati continuano a contribuire alla missione Nato in Iraq», addestrando le «forze irachene di sicurezza».
Tutto ciò però non basta. La Nato deve non solo avere «la capacità di lanciare e sostenere contemporaneamente più operazioni di maggiore e minore portata», ma deve «rafforzare la capacità di anticipare le minacce» (secondo la strategia Usa della «guerra preventiva»). A tale scopo ha bisogno di forze che siano «pienamente dispiegabili» per condurre «operazioni di spedizione multinazionale lontano dal proprio territorio» anche «in difficili ambienti geografici e climatici». Di fondamentale importanza è la «Forza di risposta della Nato» di 25mila uomini, proiettabile entro cinque giorni «per qualsiasi missione in qualsiasi parte del mondo». Lo sviluppo di tali capacità, si sottolinea, «non sarà però possibile senza l’impegno di adeguate risorse».
Non sono solo parole. Un comunicato ufficiale annuncia che la Nato ha firmato un importante contratto con la statunitense Raytheon e l’europea Eads Astrium, per realizzare entro il 2010 «un sistema per proteggere dai missili balistici le truppe in missione», analogo al «Meads» (Sistema di difesa aerea di media estensione) alla cui realizzazione partecipa, insieme agli Usa, anche l’Italia. Tali sistemi «di teatro» sono concepiti per dare agli Stati uniti e ai loro alleati la capacità di proiettare le proprie forze in missioni di attacco, proteggendole da eventuali reazioni del paese attaccato. Contemporaneamente, alla vigilia del summit, il segretario della Nato Scheffer ha presentato in una cerimonia ufficiale l’aereo statunitenese da trasporto strategico C-17, annunciando che 15 paesi dell’Alleanza si sono accordati per acquistarne un congruo numero in una sorta di multiproprietà. L’aereo, costruito dalla statunitense Boeing e battezzato significativamente «Globemaster» (Padrone del globo), può volare a lunga distanza con un enorme carico composto «sia da truppe convenzionali e forze speciali, che da carri armati ed elicotteri». Tra i paesi facenti parte della multiproprietà figura, insieme agli Stati uniti, anche l’Italia. Evidentemente, per la proiezione delle forze italiane in lontani teatri bellici, non bastano i 22 aerei C-130J e C130J-30 acquistati dalla statunitense Lockheed con una spesa di oltre 1.600 milioni di dollari. Ora vi vuole anche il Globemaster, il cui costo è di 236 milioni di dollari ad aereo (calcolato al valore 1998 e quindi in realtà maggiore). Occorrerà quindi accrescere ulteriormente la spesa militare, che ha già superato i 21 miliardi di euro (oltre 27 miliardi di dollari, che collocano l’Italia al settimo posto mondiale come spesa militare). In tal modo, però, le forze Nato potranno essere proiettate ancora più rapidamente «per qualsiasi missione in qualsiasi parte del mondo». Naturalmente, per «far avanzare la pace e la sicurezza».