Curzi critica la legge Tv: «Un errore equiparare il sistema Rai a Mediaset»

«Fa una certa impressione riflettere sulla dignità e sul rigore culturale di un uomo come Gillo Pontecorvo, mentre si assiste a questo degrado del dibattito politico», osserva Sandro Curzi nel bel mezzo della polemica sulla riforma del sistema televisivo approvata giovedì dal governo, e del cordoglio per la scomparsa del carissimo amico e compagno Gillo. «Presentare un ddl di questa portata, tanto atteso dai cittadini che hanno votato l’Unione e tanto temuto dal leader dell’opposizione e del partito-azienda, mentre tutta l’attenzione e le polemiche sono inevitabilmente concentrate sulla Finanziaria, non mi è sembrata una gran bella idea. Non a caso ha dato adito a sospetti di strategie di scambio che poco avrebbero a che fare con la televisione e molto, invece, con l’approvazione della Finanziaria e con i movimenti interni all’opposizione».

Ho l’impressione che questa iniziativa del ministro Gentiloni non ti sia piaciuta molto.

La riforma della Gasparri deve essere fatta e deve essere radicale. Su questo non ci possono essere dubbi, perché lo richiede l’intollerabile asservimento dell’intero sistema e delle esigenze di democrazia agli interessi del partito-azienda che quella legge ha prodotto, e perché anche su questa priorità l’Unione ha ottenuto dagli elettori il diritto a governare. Ma non mi piace il modo e il momento in cui è stata posta la questione.

«Fa una certa impressione riflettere sulla dignità e sul rigore culturale di un uomo come Gillo Pontecorvo, mentre si assiste a questo degrado del dibattito politico», osserva Sandro Curzi nel bel mezzo della polemica sulla riforma del sistema televisivo approvata giovedì dal governo, e del cordoglio per la scomparsa del carissimo amico e compagno Gillo. «Presentare un ddl di questa portata, tanto atteso dai cittadini che hanno votato l’Unione e tanto temuto dal leader dell’opposizione e del partito-azienda, mentre tutta l’attenzione e le polemiche sono inevitabilmente concentrate sulla Finanziaria, non mi è sembrata una gran bella idea. Non a caso ha dato adito a sospetti di strategie di scambio che poco avrebbero a che fare con la televisione e molto, invece, con l’approvazione della Finanziaria e con i movimenti interni all’opposizione».

Ho l’impressione che questa iniziativa del ministro Gentiloni non ti sia piaciuta molto.

La riforma della Gasparri deve essere fatta e deve essere radicale. Su questo non ci possono essere dubbi, perché lo richiede l’intollerabile asservimento dell’intero sistema e delle esigenze di democrazia agli interessi del partito-azienda che quella legge ha prodotto, e perché anche su questa priorità l’Unione ha ottenuto dagli elettori il diritto a governare. Ma non mi piace il modo e il momento in cui è stata posta la questione, e soprattutto non mi piace la sottovalutazione della centralità e delle specifiche esigenze del servizio pubblico. Ha ragione il compagno Bellucci: equiparare gli interventi su Rai e Mediaset significa assecondare la logica di deriva del servizio pubblico.

Vuoi dire che la “questione televisiva” non può essere ridotta né all’assecondamento degli interessi di Berlusconi, né all’esclusivo ridimensionamento delle intollerabili pretese di Berlusconi, e che bisogna guardarsi anche da altri pericoli?

Alzando un po’ lo sguardo dalle questioni contingenti, ricordo innanzitutto a me stesso che due sono le insidie che hanno minato e minano alla radice il diritto dei cittadini a un sistema televisivo plurale, democratico e basato su una vera concorrenza non al ribasso (la tv-spazzatura) ma sul terreno della qualità e dei valori. La prima è l’antica ma sempre attuale insidia proveniente da chi vuole il dissolvimento del servizio pubblico teorizzato e avviato sin dai tempi della P2. La seconda insidia è di tipo, diciamo così, più moderna, di stampo liberista, che punta alla privatizzazione e alla marginalizzazione della Rai, a favore di nuovi capitani di industria e di finanza. Perciò ritengo che una vera e progressiva riforma della Gasparri deve avere al suo centro, insieme, un autentico pluralismo di iniziative, proprietà e professionalità, e il rilancio e il potenziamento del servizio pubblico. E perciò non mi convince il fatto che, nel ddl Gentiloni, si ipotizzino misure, tempi e modalità analoghe per Rai e Mediaset, e che si rinvii ad altro provvedimento ad hoc la questione-Rai.

Cosa ti saresti aspettato?

Innanzitutto un processo decisionale più trasparente e partecipato, e legato, per quanto ci riguarda, a una maggiore coerenza con lo spirito e la lettera del programma dell’Unione. Invece non c’è stata alcuna consultazione. La stessa Commissione parlamentare di vigilanza, come si sa, è stata insediata solo da qualche settimana ed ha avuto appena il tempo di dedicarsi, quasi accademicamente, solo alla questione delle nomine. Sul tavolo vi sono poi, inevase, le questioni del Contratto di servizio e dell’aggiornamento del canone. Infine, per toccare direttamente un aspetto fondamentale del ddl Gentiloni, si dice improvvisamente alla Rai che entro quindici mesi deve digitalizzare almeno un canale.

E cosa vi impedirebbe di farlo? Non era una innovazione già ampiamente prevista e programmata?

Il processo di digitalizzazione, di grande rilievo anche democratico, è assai complesso e soprattutto assai costoso. In Gran Bretagna, il governo se ne è fatto direttamente carico: non lo ha scaricato sulle spalle della Bbc, peraltro più solide di quelle della Rai. Leggo oggi che nella Finanziaria sarebbero previsti 40 milioni all’anno per i prossimi tre anni e che “buona parte di queste cifre” potrebbero essere utilizzate per aiutare il servizio pubblico ad avvicinarsi “a un suo compito essenziale, cioè la copertura da servizio universale nella tv digitale”. Intenzioni ottime, ma accenni assai vaghi sul piano della loro concreta attuazione e praticabilità all’altezza delle risorse effettivamente necessarie e dei tempi richiesti. Senza contare che la Rai, volenti o nolenti, continua ad essere sottoposta a disposizioni periodicamente diverse ed opposte, e quindi alla necessità di rivedere continuamente le strategie aziendali. Dalla privatizzazione all’annullamento della entrata in Borsa, dalla divisione contabile fra servizio pubblico e servizio commerciale alla digitalizzazione di una rete in tempi brevi…

Per concludere, come dovrebbero procedere oggi le cose, secondo te?

Prima voglio capire esattamente le ricadute di un’ipotesi di provvedimento improvvisamente annunciato. Poi dobbiamo vedere a quali integrazioni e modifiche esso sarà sottoposto in Parlamento. E lì spero che si possa proficuamente lavorare. Infine, c’è da dire che non sono poi così certo, purtroppo, che esso potrà essere effettivamente approvato in questa legislatura. Le contrapposizioni sono molto forti, a tratti quasi isteriche, e considerando purtroppo i numeri, specie al Senato, non sembrano garantire l’agibilità che una riforma fondamentale e complessa come quella televisiva indubbiamente richiede.