Più migranti, più soldi nelle casse dello Stato. Secondo la relazione tecnica che accompagna il ddl delega sull’immigrazione approvato ieri dal consiglio dei ministri, un maggiore flusso di migranti regolari comporterà un aumento del tasso di crescita del Pil, nonché maggiori entrate fiscali e contributive. Cioè più ricchezza.
Ma non aumenterà la spesa pensionistica: la stragrande maggioranza degli stranieri è giovane e in età di lavoro. Lo conferma l’Istat: solo il 5,5% supera i 55 anni. Il discorso semmai è rovesciato: sono i migranti in regola a pagare una parte della pensione agli italiani, il popolo più vecchio del mondo con un 20% di ultrasessantenni e un tasso di fecondità tra i più bassi del pianeta.
Il ministero dell’Interno prevede che dal 2008 metteranno piede in Italia 220mila migranti extracomunitari e non stagionali l’anno, 80mila dei quali grazie al ricongiungimento famigliare. Grazie al maggiore afflusso di migranti, nel 2008 lo Stato incasserà 205 milioni di euro in più, che diventeranno un miliardo e 29 milioni di euro nel 2012.
Da Paese di emigrazione, l’Italia è diventata un Paese di immigrazione. Non si torna indietro. Gli stranieri regolarmente soggiornanti sono 3 milioni e 35mila, cioè il doppio di 5 anni fa; costituiscono il 5,2% della popolazione totale, ma l’Italia è ancora lontana dai picchi percentuali della Spagna e della Germania, ormai all’8-9%.
I minori sono quasi il 22%: 585mila, e questo conferma l’età media molto bassa della popolazione straniera. Sui banchi di scuola, il 5% circa degli alunni è straniero.
Il dato conferma anche come molte coppie straniere abbiano deciso di progettare un futuro in Italia e di mettere al mondo dei figli, con un tasso di fecondità doppio rispetto alle italiane: 2,8 figli per donna straniera contro 1,33 figli per donna italiana.
La progettualità include un posto dove vivere: ormai due migranti su dieci sono proprietari di una casa o hanno acceso un mutuo, e questo significa che le condizioni lavorative stanno lentamente migliorando. Il rapporto Caritas/migrantes del 2006 rileva come ormai un decimo dei lavoratori non sia nato in Italia, e come un sesto dei neo-assunti sia straniero. Colpisce la crescente normalizzazione della vita dei migranti: un numero sempre maggiore smette di lavorare da dipendente, apre una partita Iva e diventa imprenditore. L’hanno già fatto 130mila migranti.
La vita di uno straniero, insomma, assomiglia sempre più a quella di un italiano: il 90% ha un cellulare, l’80% un televisore, il 55% è riuscito a comperarsi una macchina. Intervistati sulla qualità della vita, 8 su 10 ammettono di aver migliorato la qualità della vita in seguito all’arrivo in Italia, nonostante le difficoltà legate al lavoro e all’alloggio.
Eppure i sondaggi indicano che dal 25 al 40% degli italiani continua a considerare i migranti con sospetto e timore. Sono convinti che gli stranieri vengano a rubare il lavoro, a commettere reati e che, insomma, l’integrazione è un processo difficile se non impossibile a causa delle differenze culturali, religiose e di costume. Basti pensare alla paura legata ai musulmani, ai media che dedicano spazio agli stranieri essenzialmente quando delinquono. Sul totale delle denunce presentate, solo un decimo riguarda cittadini non italiani, eppure quattro italiani su dieci pensano che siano gli stranieri ad essere maggiormente coinvolti nelle attività criminose. Naturalmente non basta una legge per cambiare l’approccio ad un fenomeno così vasto ed epocale come l’immigrazione. Come puntualizzato più volte dai ministri Amato e Ferrero, autori della riforma alla Bossi-Fini, l’attenzione della società italiana dovrebbe concentrarsi sugli episodi di quotidiana routine che coinvolgono i migranti. Chiunque ormai vive a stretto contatto con gli stranieri: la badante della madre anziana, la colf che pulisce casa mentre siamo al lavoro, il fruttivendolo all’angolo, il dirimpettaio, i genitori del compagno di scuola di nostro figlio, i compagni di classe a scuola guida e così via.
Criminalizzazione (a destra) e pietismo (a sinistra): queste sono state negli ultimi anni le oscillazioni nei confronti dei migranti. Con la Bossi-Fini gli stranieri in effetti sono stati questo: delinquenti e vittime allo stesso tempo. Per fortuna la ratio della legge Amato-Ferrero, pur con i suoi limiti, è quella di governare l’immigrazione «non come emergenza ma come elemento ordinario delle società moderne da gestire in base all’accoglienza e dell’inclusione sociale».