Cresce la lista nera dell’Ilva: a Taranto altri due infortuni

Atri due incidenti sul lavoro si sono verificati ieri all’Ilva di Taranto. Un caposquadra, Michele Gargano, si è fratturato una gamba dopo una brutta caduta e adesso è ricoverato con una prognosi di 30 giorni all’ospedale SS. Annunziata di Taranto; un altro operaio Giancarlo De Nicola di 49 anni ha riportato una ferita al volto inferta da un marinetto idraulico e, tra ospedale e cure mediche, ne avrà per almeno 15 giorni. Altri nomi da aggiungere alla lista nera della più grande azienda siderurgica italiana ed europea, che conta 14mila operai più centinaia di altri lavoratori dell’indotto. E mentre per i due operai pugliesi si prospetta una lunga degenza ospedaliera e un difficile riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Inail, nel bresciano un uomo di 65 anni muore dopo un volo di 8 metri dal tetto di un capannone di un’azienda di alimenti per cani e gatti; un altro operaio di 45 anni, nella provincia di Bergamo, rimane gravemente ferito dalla caduta di un pezzo del macchinario che stava montando. La lista nera, questa volta, è quella delle morti bianche e degli infortuni in tutta Italia: 4 al giorno, oltre 1300 all’anno.
La situazione della “in-sicurezza” sul lavoro all’Ilva -esempio di cosa accade quando i dirigenti di un’azienda fanno “orecchie da mercante” sulla sicurezza – ha scatenato forti reazioni in tutto il mondo politico, sindacale e anche nella Chiesa. «Occorre reagire – dice l’Osservatorio Romano – coinvolgendo nell’impegno per la sicurezza, la prevenzione, i controlli, tutte le componenti istituzionali, politiche e sociali. Tutti, ai vari livelli di competenza, devono sentirsi operativamente responsabili: Governo e Parlamento, Regioni ed Enti locali, imprenditori e sindacati».

L’appello del quotidiano viene subito accolto da Onofrio Introna, assessore regionale alle Opere pubbliche, che dice: «i lavoratori dell’Ilva non saranno
lasciati soli. La Regione interverrà per quanto di sua competenza perché tra sindacati, azienda, enti locali e agenzie preposte ai controlli sia innescato un processo virtuoso che porti ad interventi strutturali sia nell’ambito delle relazioni industriali che nei processi produttivi. Perché andare al lavoro ogni mattina non sia più come andare in guerra».

«L’Ilva deve assolutamente cominciare ad investire una parte rilevante degli ingenti utili in nuovi impianti di sicurezza e tutela ambientale» continua l’assessore.

Il sottosegretario alla Salute, Antonio Gaglione, ha visitato ieri il siderurgico tarantino dichiarando che utilizzerà «fino in fondo tutti gli strumenti, anche con l’intervento dell’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro (Ispesl), al fine di monitorare e intervenire, con verifiche costanti e sistematiche, nella situazione interna alla fabbrica». Le verifiche, a quanto sembra, riguarderanno sia l’organizzazione del lavoro che la sicurezza e l’ammodernamento degli impianti. Il sottosegretario ha fissato per il 30 agosto un incontro con i sindacati tarantini e, dopo aver ascoltato i lavoratori, programmerà una visita nello stabilimento, assieme ad esperti e tecnici dell’Ispesl. Tutto questo per dar vita ad una «grande operazione di trasparenza, attraverso la quale ogni aspetto della vita interna alla fabbrica può e deve essere comunicabile all’esterno».

Intanto gli operai in un clima di forte tensione e scontro con l’azienda, preparano dal 28 al 31 di agosto una serie di assemblee in cui si organizzerà uno sciopero, articolato reparto per reparto, che avrà inizio il 4 settembre. «I lavoratori sono stufi dell’offensiva “falsi infortuni” lanciata dal gruppo Riva – dice Donatella Duranti, deputato Prc di Taranto – che rifiuta oltre il 30% delle richieste. E hanno già scioperato più volte contro i licenziamenti di operai che, secondo l’Ilva, si erano fatti troppe volte male al lavoro».

«La discussione si prospetta difficile – commenta l’assessore al lavoro Marco Barbieri – oltre che sulla sicurezza, che è un problema soprattutto cuturale interno all’azienda, anche per quanto riguarda la questione dell’inquinamento ambientale».

«Un intero rione, il Tamburi – spiega il politico pugliese – è colpito da polveri sottili a causa della mancata copertura dei nastri trasportatori di carboni. Su questo è necessario intervenire».