Cremaschi: «No al sindacato unico, l’emergenza salari è ora»

«Andremo al congresso della Cgil con un documento alternativo». Giorgio Cremaschi, dal palco di un’affollatissima assemblea nazionale della Rete 28 aprile (circa 700 persone), in Camera del lavoro, apre di fatto la fase precongressuale, ancora prima della tanto attesa, quanto invisibile ai lavoratori, Conferenza di organizzazione, che doveva chiudere il percorso iniziato a Rimini nel 2006.
«Il congresso della Cgil ci sarà tra qualche anno – sottolinea Stefano Castigliego, rappresentante sindacale della Fincantieri di Marghera – ma l’emergenza salariale è adesso». La sensazione, ascoltando i lavoratori, è che il “cambio di passo” dei modelli contrattuali non sarà né facile né diretto. In un sindacato che non sciopera contro i governi amici nemmeno quando si tratta di ottenere qualcosa in più, che firma l’accordo sul welfare e mette nel cassetto la battaglia contro la precarietà, che tiene in scarsa considerazione la democrazia e che, soprattutto, progetta nelle segrete stanze una unione sindacale con Cisl e Uil che sa di «sindacato unico», c’è bisogno di un confronto fuori dai denti. E questo per il momento ha attirato l’attenzione dei Cobas, con la presenza di Piero Bernocchi, e di Rdb-Cub (Paolo Leonardi ha mandato un messaggio). Vista l’irriformabilità della Cgil, è arrivato il momento, dice Cremaschi «di organizzare dentro la Cgil» quelle forze che in questi ultimi anni si sono opposte, «anche da punti di vista diversi», alla concertazione. Un appello a chi «non si rassegna alla fine della Cgil» o, se volete, a Lavoro e Società e alla Fiom, e anche a Dino Greco, che ha parlato all’assemblea, Ferruccio Danini e Carlo Baldini, che hanno sempre espresso il loro dissenso. «Ora si tratta di passare dal dissenso alla opposizione», avverte Cremaschi. La «fase costituente del sindacato unico» sotto l’egida del Pd è alle porte. Le occasioni non mancheranno. A preoccupare di più i lavoratori è anche il cosiddetto clima generale del paese. Nei luoghi di lavoro, ascoltando gli interventi, tornano gli anni ’50. Un clima repressivo, fatto di lettere di richiamo, di licenziamenti contro chi mette il naso nei tempi e nei ritmi di lavoro, come nel caso della Terim. Il sindacato fa fatica a capirlo. Anzi, preferisce girare la testa dall’altra parte, su questo e sulle condizioni di lavoro. «La lotta e il conflitto lo vogliono far passare come uno scandalo», dice Cremaschi.
Tra i lavoratori si comincia ad avvertire che questa vicenda del contratto aziendale è una fregatura. Alla Nokia, come racconta un delegato, il salario aziendale potrebbe essere fatto da benefit legati a obiettivi mensili, ma distribuiti individualmente. Risultato, la gestione degli importi è tutta in mano all’azienda. E quindi la busta paga è due volte “variabile”. Nella piattaforma della Rete 28 aprile c’è l’aumento vero del salario, con aumenti uguali per tutti, “senza se e senza ma”. Al confronto sul rinnovo dei modelli contrattuali nei luoghi di lavoro ci si dovrà andare, comunque, presentando le due “tesi” opposte e non il sì e il no al documento che uscirà dal direttivo nazionale. Felice Di Leo racconta il caso Natuzzi, dove l’accordo aziendale avrà il semplice effetto di “bypassare” il sindacato. «Ognuno potrà scegliersi il sindacato aziendale che preferisce», aggiunge.
Tra gli altri, all’assemblea delle Rete 28 aprile hanno parlato anche alcuni migranti. «Dobbiamo restare uniti e lottare», dice Seck Badara, della Camera del lavoro di Brescia. «In fondo, sono le lotte che hanno fatto i vostri nonni», aggiunge.
In sala si sono fatti vedere il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini e il deputato del Prc Augusto Rocchi. Sul palco sono saliti Giancarlo Straini, membro della segreteria nazionale della Filcem, di Lavoro e Società e Dino Greco, membro del direttivo nazionale della Cgil. «Le peggiori disgrazie – ha detto Greco – arrivano quando i padroni peggiori si mettono d’accordo con i peggiori sindacalisti».