Dichiarazione di voto contraria alle proposte di testa di lista
Ritengo le proposte delle teste di lista sbagliate poiché, stravolgendo la reale composizione del Partito, non tengono adeguatamente conto del pluralismo interno.
Alle minoranze che hanno raccolto democraticamente al Congresso il 41% dei consensi è stato riservato il 15% delle candidature. Mi sembra di rivivere un passaggio simile a quello vissuto al congresso di Venezia, quando si decise di modificare lo Statuto a colpi di maggioranza.
Le liste elettorali sono, come lo Statuto, uno strumento nel quale deve potersi riconoscere tutto il Partito. La logica della loro composizione dovrebbe quindi esser tale da raccogliere il consenso di tutti. Ci viene avanzata invece, ancora una volta, una proposta di maggioranza.
Accade così quanto già avvenne nel 1999 alle elezioni europee, nel 2001 alle elezioni politiche e nel 2004 nuovamente alle elezioni europee, quando le posizioni diverse da quelle della maggioranza non furono rappresentate o venne loro concessa tutt’al più una presenza puramente simbolica.
In questi passaggi emerge un grave scarto tra le enunciazioni di principio, che tanto spesso risuonano in questo Partito a proposito del rispetto delle diversità, del valore del pluralismo, della intangibilità del dissenso, e una dura realtà, che le smentisce clamorosamente.
La proposta che qui viene avanzata è lesiva della democrazia interna. Essa dice al Partito e all’esterno che in Rifondazione Comunista non siamo tutti uguali, per cui vi è chi, forte di una maggioranza, può arrogarsi il diritto di prendere quasi tutto.
In nessun altro partito politico italiano si verifica alcunché di paragonabile. In nessun’altra forza politica le minoranze vengono compresse in modo altrettanto pesante.
I Democratici di Sinistra, per fare solo un esempio, rispetteranno nella scelta dei candidati le percentuali congressuali delle varie minoranze. Noi non pretendevamo tanto (benché si sarebbe trattato del semplice rispetto di un diritto). Ma un nesso, una qualche corrispondenza tra il peso politico delle minoranze e le percentuali nella scelta delle candidature quella lo chiedevamo, la chiediamo e crediamo sia stato un grave errore non averla riconosciuta.
Non basta.
Forzando lo Statuto, si è preteso di riconfermare tutti i parlamentari uscenti, alcuni dei quali hanno alle spalle già diverse legislature! Quanto agli altri criteri adottati per comporre le liste (sui quali non avevamo contrarietà di principio), ci è stato negato qualsiasi margine di intervento.
Riguardo alla scelta degli indipendenti ci è stato seccamente detto: «Lasciate perdere, i nomi li abbiamo scelti noi». Ciò ci ha impedito di avanzare proposte concernenti figure non certo meno prestigiose di quelle individuate dalla maggioranza. Non ci sembra giusto, e lo diciamo senza nulla togliere alla qualità di numerose candidature che apprezziamo molto.
Sulle scelte del gruppo dirigente nazionale non ci è stato chiesto alcun nominativo, come sarebbe stato giusto fare almeno in relazione ai coordinatori delle mozioni congressuali che fanno parte a pieno titolo del gruppo dirigente nazionale.
Infine per le candidature territoriali sono stati proposti compagni della sola maggioranza, come se sul territorio esistesse solo il 59% del Partito e l’altro 41% semplicemente non esistesse. È un fatto particolarmente grave, che materializza non solo al centro, ma anche nelle regioni e nelle federazioni una pesante discriminazione.
Anche in questo caso il messaggio che arriva è chiaro: «se hai sostenuto una posizione di dissenso sei emarginato, non hai gli stessi diritti, devi sottometterti».
Questa modalità discriminatoria porta con sé non solo ingiustizie, ma anche effetti negativi. In molte regioni in cui il radicamento territoriale delle minoranze è molto forte o addirittura superiore a quello della maggioranza nazionale vi sono teste di lista della sola maggioranza! Si tratta di una decisione di cui forse non si è valutata attentamente la gravità.
Concludendo, con questa scelta per noi si pone – come già avvenne a Venezia quando si decise di modificare lo Statuto a colpi di maggioranza – un grave problema di democrazia interna nel nostro Partito.
Claudio Grassi, coordinatore nazionale area “Essere Comunisti”
I CANDIDATI DELL’AREA ESSERE COMUNISTI NELLE TESTE DI LISTA SONO I SEGUENTI:
CAMERA:
Marilde Provera (Piemonte 1)
Alberto Burgio (Lombardia 3)
Gianluigi Pegolo (Campania 1)
SENATO:
Claudio Grassi (Emilia Romagna)
Maria Campese (Puglia)
Fosco Giannini (Calabria)