La Calabria, regione dove le minoranze congressuali hanno raggiunto circa il 70%, ha raccolto circa 5000 firme per la presentazione del compagno Bertinotti. Cosa è successo? Un passaggio plebiscitario nelle fila della maggioranza nazionale? Per nulla! I compagni della Calabria, pur non condividendo lo strumento delle primarie, sono saliti sul treno di cui parlava il segretario e sanno che maggiori consensi egli ottiene e più forte è il partito nella costruzione dei punti programmatici. E se di programma si parla, due a mio parere sono i temi che mi permetto di suggerire: sistema elettorale e Mezzogiorno. La costruzione di un polo di centro, a mio avviso, è un progetto molto avanzato e si concretizzerà, col post berlusconismo e alla prima crisi del governo dell’Unione. Da quel momento non ci sarà più spazio in Italia per le forze estreme di destra e di sinistra: noi soprattutto. Battersi per il ritorno al proporzionale significa salvare l’articolazione plurale delle espressioni politiche e salvare anche il partito, oltre che la nostra autonomia. Abbiamo fatto bene a contrastare la legge truffa delle destre, che si regge sull’imbroglio del premio di maggioranza e sulla scelta degli eletti. Ma se quella proposta viene corretta e diventa un proporzionale con premio di maggioranza non è forse vicinissima alla nostra proposta di sistema elettorale tedesco? E, allora, cosa faremo: diremo di no? Oggi per salvare la democrazia bisogna sconfiggere il sistema bipolare-maggioritario: pensiamo ai DS che con un 20% di consenso elettorale sono al governo del 50% dei Comuni, Province e Regioni e che hanno una rappresentanza spropositata a livello parlamentare.
Secondo punto il Mezzogiorno. Oggi la questione meridionale è soprattutto una questione democratica. Il sud non vive la stessa democrazia che garantisce la Costituzione: per tanti motivi, fra cui l’esistenza di un grande partito trasversale occulto e massonico e per l’occupazione del potere locale da parte delle organizzazioni criminali. Per il sud dobbiamo rilanciare una forte campagna programmatica che non sia la solita rituale lista delle rivendicazioni, Soprattutto quando diciamo no al ponte sullo stretto dobbiamo usare le giuste argomentazioni: è una opera che non serve e costituisce il patto tra mafia e potere sul mezzogiorno. Chi è per il ponte di fatto sostiene il potenziamento della mafia e il suo radicamento nel sistema economico. La mafia si fa impresa. Bisogna perciò battersi per la difesa del salario e del contratto unico nazionale, bisogna battersi contro ogni forma di privatizzazione per garantire i diritti fondamentali dello studio e della salute. Bisogna abrogare la legge 30, nonostante in Calabria il lavoro nero, lo sfruttamento, il caporalato, siano presenti da almeno vent’anni. E bisogna fare in modo che essa non abbia ricadute nel sistema regionale meridionale dove l’economia per l’80% è pubblica. Se facciamo ciò non solo metteremo insieme questione morale e finanze pubbliche, ma faremo anche una grande azione di integrazione dei tanti migranti che vivono il dramma dei CPT e sono carne da macello nelle mani di ignobili imprenditori meridionali.
Damiano Guagliardi
Direzione nazionale PRC