CPN del 13-14 dicembre 2008 – Intervento di Claudio Grassi

Il tratto dominante della fase che stiamo attraversando è la crisi economica, in primo luogo per le conseguenze gravissime che sta avendo e che ancor di più avrà nei prossimi mesi sugli strati poveri e popolari della società. Siamo in recessione e questo riduzione dell’occupazione. Per chi ha un contratto a tempo indeterminato ci potrà essere la copertura temporanea della cassa integrazione (che tuttavia rappresenta pur sempre un drastico abbassamento del reddito), ma per chi ha un contratto a termine – in molti casi – si verificherà il non rinnovo del contratto con la conseguenza immediata di non avere più il lavoro e nemmeno nessuna tutela.
Siamo di fronte ad una vera e propria crisi del capitalismo, che dovrebbe fare arrossire di vergogna gli apologeti del liberismo e del mercato i quali, adesso, con la stessa veemenza con cui nel passato ci hanno propinato le loro teorie, chiedono soldi allo Stato per salvarsi dai disastri che loro stessi hanno prodotto. Come si è detto, appunto: “privatizzazione dei profitti (si vedano le ingenti e vergognose ricchezze che costoro hanno accumulato), socializzazione delle perdite”. In Italia e in tutto l’Occidente capitalistico.
Una crisi, questa, che rimanda alla necessità di rimuovere i meccanismi di base del sistema economico capitalistico che sono la causa vera di questo disastro. Dobbiamo dirlo! Il mondo non può essere governato dal profitto perché, come si vede, ciò produce l’accumulazione delle ricchezze nelle mani di pochi, l’impoverimento di grandi masse e la distruzione dell’ambiente. È impressionante come in questo contesto si registri, contemporaneamente, una crescita mai vista delle ricchezze di pochissime persone e l’incremento di chi soffre la fame che, come è emerso nei giorni scorsi, è un fenomeno che riguarda ormai un miliardo di persone.
Così come è scandaloso che mentre dilagano le difficoltà e le ristrettezze, le poche attività che registrano incrementi sono quelle che producono beni di lusso!
È impressionante che gli stessi che hanno imposto bassi salari, precarietà e tagli ai servizi con l’argomento che non vi erano risorse da poter distribuire, siano gli stessi che oggi mettono a disposizione montagne di denaro pubblico.
È impressionante che chi ha voluto privatizzare qualsiasi cosa oggi proponga l’intervento pubblico per salvare banche e aziende private. Insomma: la fiera dell’ipocrisia! La bancarotta di una banda di imbroglioni. Ma chi ci sta andando di mezzo non sono loro, ma la povera gente… questo è il dramma!
In questo contesto il problema che noi dobbiamo porci, quindi, è vedere cosa possiamo fare per organizzare i lavoratori, i precari , i disoccupati, affinché la crisi non li travolga, affinché la crisi alimenti il conflitto e la lotta e non si trasformi in una guerra tra poveri: un rischio enorme e già in essere su cui lavorano le destre, che puntano a trasformare migranti e rom in capri espiatori su cui scaricare rabbia, frustrazione e paura.
Così come, del resto, le destre e i padroni cercano di far credere ai giovani e ai precari che la loro condizione può migliorare se si tolgono i “privilegi” a chi ha un posto fisso e un minimo di tutele.
Che fare, dunque?
In primo luogo dobbiamo sostenere la lotta dei lavoratori, che ha avuto nello sciopero di venerdì un passaggio importantissimo. Questa scelta della Cgil va valorizzata e occorre lavorare per consolidarla, sapendo che vi sono forze potentissime, a partire da gran parte del Pd, che lavorano per l’operazione esattamente opposta alla nostra e cioè quella di riportare la Cgil sulla posizione di Cisl e Uil subalterna – di fatto – a governo e Confindustria.
È perciò importante un nostro lavoro sistematico e organizzato, come quello che abbiamo iniziato a fare, di presenza davanti ai luoghi di lavoro, di intervento nei luoghi di lavoro, di iniziative pubbliche capillarmente organizzate sul tema del lavoro. Tutto questo può essere utile affinché si mantenga un clima di lotta e non subentri la rassegnazione.
Dobbiamo accompagnare questo lavoro con una nostra proposta chiara, che parta dallo slogan: “noi la crisi non la paghiamo”.
E nel dirlo dobbiamo essere in grado di proporre una alternativa concreta perché: le risorse ci sono; sappiamo dove reperirle e sappiamo quantificale (tassando le rendite, riducendo le spese militari, lottando contro l’evasione e l’elusione fiscale); e abbiamo, infine, delle proposte di utilizzo concrete (tutele per i precari, aumento dei salari e delle pensioni basse, servizi sociali a partire dal finanziamento della scuola pubblica: sarebbe essenziale, per esempio, utilizzare da subito i soldi delle grandi opere per un intervento nazionale sugli edifici scolastici).
Su questo, nel documento che presenteremo alla fine di questo Cpn, vi sono orientamenti importanti che vanno trasformati in una piattaforma concreta di lotta e di mobilitazione.
Questo è l’elemento su cui la sinistra deve lavorare unita. Qui sta la validità della proposta del coordinamento delle forze della sinistra che proprio a partire da una piattaforma di lotta condivisa contro la crisi potrebbe fare un grande lavoro insieme. E invece trovo incredibile che anziché unirci per discutere della costruzione di una piattaforma sociale comune su questi temi, da due mesi e – da quello che capisco – anche per i prossimi mesi, non si farà altro che discutere su come si andrà alle prossime elezioni.
Una sinistra così è già morta perché l’immagine che dà di sé è quella di una sinistra che pensa principalmente alla sua autoconservazione anziché occuparsi dei bisogni della parte più debole della società e cioè quella colpita dalla crisi.
Io, cari compagni e care compagne, quello che continuo a non capire nella proposta e nel progetto di chi ieri è andato all’assemblea della sinistra al teatro Jovinelli – e lo dico veramente sollecitando una ulteriore riflessione a chi crede in quell’operazione – è perché mai un nuovo partito, perché questo è quello che sempre più chiaramente e ormai in modo stringente propongono Sd, i fuoriusciti dal Pdci e un pezzo dei Verdi, dicevo, perché mai un nuovo partito con Fava e Mussi non più comunista e molto prossimo al socialismo europeo dovrebbe essere più forte e più attrattivo di Rifondazione Comunista!? Secondo me state prendendo un grosso abbaglio, il secondo in pochi mesi, analogo a quello disastroso che avete voluto perseguire a tutti i costi con la Sinistra l’Arcobaleno.
Posso capire che non condividiate l’opzione politica maggioritaria oggi in Rifondazione, ma siete sicuri che con Fava, Mussi, Francescato e Bellillo riuscirete a costruire un progetto condiviso nel quale riconoscervi? E più forte di Rifondazione Comunista?
Attenzione perché le asprezze della lotta interna possono condurre a scelte le cui motivazioni sono più determinate da questo aspetto che dalla politica. E ciò può condurre a gravi errori.
A proposito di Liberazione. Dobbiamo ricostruire con onestà i fatti. Quando Sansonetti assunse la direzione di Liberazione la vendita media era di 11.000 copie e il bilancio era sostanzialmente in pareggio. Oggi ci troviamo con un giornale che vende mediamente 5.300 copie al giorno ( con un crollo del 100% quindi non riconducibile al calo fisiologico delle vendite dei giornali, che oscilla tra il 5 e il 10%) e con un deficit di oltre 3 milioni all’anno (il partito ha dovuto far fronte ad una perdita di 10 milioni di euro negli ultimi tre anni). Perché Sansonetti non ha mai parlato di questo? Perché non ne ha mai parlato su Liberazione? Penso molto sinceramente che in un contesto del genere il direttore anziché attaccare il partito avrebbe dovuto riconoscere che la sua gestione e il suo piano editoriale sono stati fallimentari. Non hanno incontrato il consenso dei lettori e del Partito e, quindi, avrebbe dovuto trarne le dovute conclusioni. In qualsiasi altro giornale, di partito o di altro genere, sarebbe stato sostituito da tempo: altro che “partito illiberale e stalinista”. Invece di evocare queste suggestioni sarebbe stato più serio da parte sua rispondere dei risultati del proprio operato!
Infine sul tesseramento. Il 5 dicembre, alla assemblea di Roma con i responsabili di organizzazione, abbiamo aperto la campagna del tesseramento per il 2009.
Ci proponiamo di raggiungere il 30% degli iscritti del 2008 entro la fine di gennaio.
Per fare questo lanciamo un appello ai circoli e alle federazioni affinché fin da subito inizino a lavorare in questo senso. Il 24 e il 25 gennaio 2009, sabato e domenica, in tutta Italia, proponiamo di organizzare due giornate per l’adesione al partito. Tutti i dirigenti, nazionali, regionali e provinciali saranno impegnati in questa iniziativa che dovrà prevedere la apertura dei nostri circoli e la promozione di iniziative pubbliche.