CPN cel 16-17 dicembre 2006. Dichiarazione di Fosco Giannini

La carenza più significativa del documento di maggioranza sta nel fatto che esso elude completamente la questione del governo Prodi, costituendo così un quadro surreale entro il quale spariscono due questioni centrali: primo, un’analisi del vasto e grave disagio sociale e, secondo, la relazione tra il pericolo governista e la crisi profonda delle nostre organizzazioni di base.
L’assunzione, nel documento di maggioranza, della categoria della “crisi della politica” quale nuova ed esaustiva “griglia di lettura” della realtà sociale e politica, con la conseguente dismissione di un’analisi di classe e materialista, produce, nel documento, una sorta di “realtà stravagante”, nella quale evaporano l’ analisi del governo Prodi, la questione dell’ uscita dall’Afghanistan, il carattere non sociale e non redistributivo della Finanziaria, la cancellazione della Legge 30, la chiusura dei CPT, la legge sulla democrazia nei posti di lavoro e la lotta contro la “fase 2” chiesta dai padroni, da Rutelli e Fassino, che vede al primo posto l’attacco alle pensioni e nuovi processi di liberalizzazione e privatizzazione.
Il pericolo è che tale linea possa, da una parte, tagliarci il respiro ( non possiamo più porre gli obiettivi di una tassazione più dura ai redditi alti, alle rendite finanziarie e immobiliari, ai patrimoni ?) e , d’altra parte, essere l’anticipazione dell’essenza politica e culturale della “sinistra europea”.
Il pericolo è che si possa essere stabilito un nesso tra questo estraniamento dalla realtà, il progetto della “sinistra europea” e la debole proposta di riorganizzazione del Partito.
Il rilancio di Rifondazione dovrebbe poggiare sulla messa in campo di una organizzazione comunista fortemente radicata nei territori, nei luoghi dei lavori e degli studi , dalla forte inclinazione conflittuale, che si ponga le questioni – inedite – di quale lotta e quale forma partito siano oggi atte a divenire punto di riferimento, oltre che del movimento operaio complessivo, del nuovo e vasto proletariato metropolitano, punto di riferimento per la lotta degli immigrati e fucina per la costruzione dell’unità di un nuovo proletariato bianco e nero. Occorre cioè una forte creatività organizzativa, una sperimentazione all’interno della nuova produzione frammentata. Ad esempio: come i comunisti si radicano nelle aree della precarietà? Come lavorano per l’unità di classe tra lavoro precario e “garantito”? Come nel movimento sindacale ? Temi del tutto assenti nel documento.
Come assente è la questione del ripristino pieno della democrazia interna, sia come cancellazione del verticismo, del leaderismo e del burocratismo, che come base materiale del rilancio di una vasta, libera, coinvolgente ricerca politico culturale ( non “impiccata” al voto congressuale , ma dalla pulsione unitaria ) che, attraverso il rifiuto di ogni nostalgia acritica e di ogni liquidazionismo strumentale, si ponga l’obiettivo originario di Rifondazione : la sintesi alta delle varie “scuole” comuniste e la costruzione di un partito comunista all’altezza dei tempi e dello scontro di classe, culturalmente autonomo, dai caratteri anticapitalisti e antimperialisti, volto, anche nei territori, ad analizzare scientemente il mondo del lavoro – generale e circostante – e radicarvisi; connesso gramscianamente alla società, ai movimenti, motore del conflitto e alla testa della lotta contro la guerra.
Un partito che rilanci l’obiettivo strategico, nella prassi e nel senso comune, del socialismo e del comunismo, partendo da un proprio stile di lavoro ( spesso tradito) che ne rappresenti l’anticipazione.
Ma la proposta strategica, segnata dal disegno di un “nuovo soggetto politico” dal carattere partitico – “ la sinistra europea ” – fa si che si indebolisca di molto sia il rilancio del progetto di rifondazione comunista che il progetto sociale e politico della costituzione della sinistra d’alternativa, che di tutto ha bisogno, per stare in campo, meno che di tale precipitazione organizzativistica, precipitazione che di per sé non include, ma al contrario esclude forze e movimenti.
Tutto ciò contraddice anche la promessa del mantenimento dell’autonomia comunista, che non può essere solo una dichiarazione simbolica, ma una teoria, un progetto strategico, una prassi nazionale e internazionale.
Queste sono le principali ragioni per cui dichiaro di non poter votare il documento di maggioranza, ma che parteciperò nelle forme possibili dando il mio contributo alla Conferenza di organizzazione.