Costruire il partito comunista, unire la sinistra

*Direzione Nazionale PRC

Il disagio sociale calabrese è altissimo, ogni analisi lo conferma : “Il livello di disoccupazione giovanile raggiunge la punta del 65 %. La forbice che separa il Trentino Alto Adige dalla Calabria è di oltre 24 punti mentre in Europa la media dei giovani sotto i 25 anni in cerca di occupazione è del 17%. La percentuale di donne prive d’occupazione raggiunge il 41 %.” La lunga lista dei mali della Calabria è così conosciuta che ricordarla rischia di passare per esercizio liturgico: un tessuto produttivo così fragile da produrre non ricchezza ma miseria di massa; mancanza fatale di infrastrutture; devastazione ambientale e cementificazione selvaggia; illegalità diffusa e dominio mafioso, che riesce anche nell’intento di deviare a sé parti importanti dei Fondi Strutturali Europei. La questione Meridionale che con tanta forza aveva posto Gramsci trova nell’attuale realtà calabrese una probante conferma. Le ultime alluvioni, da cui la popolazione esce ulteriormente colpita e senza protezione, sono il segno di un’intera e lunga politica contraria agli interessi di massa. L’attuale Giunta Scopelliti, col suo attacco alla Sanità pubblica e con le sue linee di destra, riassume un’intera storia antipopolare.

Per capire e reagire, tuttavia, occorre legare la peculiarità della questione calabrese, meridionale, alla fase generale che stiamo vivendo.

Cosa è accaduto? Bisogna scavare sino alle radici: capire che la fase internazionale che viviamo è segnata dall’esigenza primaria, da parte delle forze capitalistiche, di conquistare i mercati, di battere la concorrenza; che questi due obiettivi il capitale vuol coglierli attraverso l’abbattimento del costo delle merci e che per giungere a ciò “vanno” abbattuti i salari, i diritti e lo stato sociale: va attaccato, innanzitutto, il lavoro. Occorre capire che le politiche liberiste dell’Unione europea chiedono, ai paesi e ai governi europei, politiche di “lacrime e sangue”, politiche che attaccano innanzitutto tutti i sud dell’Europa; va compreso che il capitalismo italiano ( nella sua ambigua forma del “piccolo è bello”) è un nanocapitalismo, che per uscire dalla crisi, invece di investire e progettare, punta ad universalizzare la linea Marchionne, l’attacco a Pomigliano d’Arco: schiavizzare la classe operaia e l’intero mondo del lavoro, assumendo la linea leghista: industria e ricchezza al nord abbandonando al suo destino il sud.

E contro questo dominio dei padroni chi si oppone? Chi dissemina speranza? Dopo la disgraziata scelta di Occhetto di sciogliere il PCI, non vi è più stata, in Italia, una forza di massa in grado di indicare il cammino. E anche la vittoria delle destre e dell’ormai troppo lungo e nefasto “berlusconismo” – da superare con un vasta coalizione nella quale i comunisti siano protagonisti – sono prodotti di quella diga rossa abbattuta.

Poniamo da tempo il problema di ricostruire, in Italia, un Partito comunista più forte dei due piccoli partiti presenti: il Prc e il PdCI. Ci battiamo e proponiamo un processo di unità dei comunisti, per giungere ad una forza comunista capace di mettersi alla testa delle lotte, capace di essere il cuore attivo dell’unità della sinistra e di riconsegnare una speranza ai giovani e alla “classe”.

Siamo dei sognatori? No: è innanzitutto la materialità delle cose a motivare la nostra scelta : nel mondo intero – dall’ America Latina all’Asia; dall’Africa all’Europa, – le forze comuniste, rivoluzionarie, antimperialiste, sono di nuovo protagoniste di grandi trasformazioni sociali e il socialismo è di nuovo concretamente costruito e all’ordine del giorno.

Ma vi è un punto: il capitalismo, che credeva di aver vinto per sempre dopo la caduta dell’Urss, ha di nuovo e profondamente fallito. Lo spoliazione dei popoli è il suo segno predominante e lo sfruttamento, la disoccupazione, la miseria di massa, la scomparsa dei diritti, il razzismo, i pericoli di guerra dilagano ovunque, anche in Italia. Occorre un’idea-forza che, sul piano strategico, rappresenti l’opposto di questi mali. L’opposto, l’idea-forza è il socialismo. E il soggetto che occorre per rilanciarne il pensiero e la prassi è il Partito comunista.

Per questo ci battiamo, per unire tutte le comuniste e i comunisti oggi divise/i o senza partito, sapendo che un partito comunista forte e dal carattere unitario sarà il cardine dell’unità della sinistra, della Federazione della Sinistra, che in questi giorni ha svolto il suo primo Congresso e senza i comunisti non potrebbe esistere. Unire, poiché è la divisione che fa felici i padroni. Lottare con un senso strategico anticapitalista, che solo l’essenza comunista può garantire. Per ridare ai giovani e ai lavoratori una speranza e riassumere la lezione gramsciana: la questione meridionale non è cosa in sé, ma è questione generale, è lotta e prospettiva di classe; che essa, come avrebbe affermato Togliatti, è questione nazionale. E oggi vediamo come il sottosviluppo del Sud, prodotto dalla divisione capitalistica del lavoro e superabile solo attraverso forti riforme di struttura ispirate da una “pulsione socialista” che torni in campo è oggi una minaccia per la stessa unità del Paese.

Ma segni di controtendenza vi sono e da essi occorre ripartire, per infondere speranza e capire che cambiare si può: in tutto il Paese le attuali lotte della Fiom e degli studenti rilanciano una parola d’ordine antica e giovanissima: “ operai e studenti uniti nella lotta”; in Calabria la lotta contro la mafia dei giovani di Locri e di tutta la regione si unisce alla lotta dei comunisti, della sinistra e delle forze democratiche per la legalità, il lavoro, lo stato sociale; dalle stesse pagine di “Calabria Ora” si levano forti le voci per il reddito minimo garantito ( questione posta ieri dal capogruppo PRC in Consiglio regionale Nino de Gaetano), contro la maledizione della ‘ndrangheta, per la RAI in Calabria. E’ davvero ora che i comunisti, le forze della sinistra, le forze democratiche, sindacali e della società civile avanzata si uniscano poiché il vento sta cambiando e noi, tutti assieme, dobbiamo issare le vele.