Ho letto con notevole sorpresa l’articolo di Franco Russo (Liberazione, 29 giugno) sulla Conferenza europea di Parigi (24-25 giugno) convocata dai promotori del vittorioso No francese alla Costituzione europea, e soprattutto alcuni passaggi cruciali che supportano lo sconcertante titolo “Da Parigi il Manifesto congiunto del No e del Sì critico”.
Ho partecipato senza pause alla “due giorni” assembleare, ho ascoltato con attenzione i più di sessanta interventi, ho preso la parola più volte soprattutto nella parte conclusiva proponendo alcuni emendamenti (accettati) al testo finale: insomma, mi pare di avere gli elementi sufficienti per affermare che quanto è scritto nel titolo e nell’articolo su un presunto “manifesto congiunto” del No e del cosiddetto Sì critico è del tutto fuori luogo. E semplicemente perché all’Assemblea non ha parlato nessun sostenitore/trice del Sì (più o meno “critico”) ma solo gli esponenti, francesi ed europei, del No “senza se e senza ma”.
Per ciò che riguarda i francesi, la stessa espressione “Sì critico”, tipica dell’elevata ipocrisia della politica istituzionale italiana, non ha senso: in Francia (come in Olanda) i No e i Sì si sono affrontati e scontrati senza esclusione di colpi e senza impossibili mediazioni, dividendo spesso a metà partiti, sindacati, associazioni. E coloro che hanno parlato a Parigi, anche quando appartenenti a strutture espressesi a maggioranza per il Sì, erano comunque i/le battaglieri esponenti del No. In quanto ai paladini nostrani del Sì (più o meno “critico”), essi a Parigi non c’erano, alle prese con quasi impossibili correzioni di linea (penso alla Cgil) o tuttora convinti (vedi la maggioranza del centrosinistra) che il voto francese sia stato prevalentemente di destra, nazionalista e xenofobo, e comunque una iattura.
Il netto prevalere in Italia del Sì nel campo della “sinistra”, comunque intesa, è ciò che spiega perché il nostro paese è stato alla retroguardia della battaglia contro la Costituzione liberista, nonché il fallimento di ogni tentativo di seria mobilitazione sul tema. Ora che francesi ed olandesi ci hanno “salvati”, bruciando il progetto costituzionale, evitiamo almeno di procedere come se, alla fin fine, il No e il Sì “critico” fossero stati, o siano ora, quasi equivalenti. Non si tratta certo di mettere all’indice nessuno/a, si può cercare di lavorare insieme contro il liberismo in Europa anche con chi ha preso posizioni così errate sul tema costituzionale, ma guai ad ignorare i danni che possono ancora procurare i progetti “emendativi” della Costituzione e soprattutto la strategia generale che li sottende e che è quella della grande maggioranza del centrosinistra europeo, che vorrebbe operare nel quadro di un’Europa “forte”, liberista e bellicista, concorrenziale sul piano economico, politico e militare con gli Stati Uniti.
In questo quadro mi sono sembrati preoccupanti, nell’articolo di Franco Russo, anche i continui richiami alla lotta che andrebbe fatta per una Costituzione europea, seppur ovviamente “altra”. Essi non fotografano affatto l’andamento dell’Assemblea, durante la quale, anzi, tanti interventi hanno sottolineato la vanità e la pericolosità di progettare “altre” scritture costituzionali da parte del movimento antiliberista. Ciò che è scaturito da Parigi – e questo Franco lo riporta ma, appunto, affiancandolo a numerosi richiami all’ “altra” Costituzione – è la proposta di lavorare, in vista del Fse di Atene, «ad una Carta, ad un Manifesto dei diritti sociali, economici, politici, civili» per l’Europa, da mettere in discussione e possibilmente varare ad Atene: e questo dovremmo fare, senza vagheggiamenti costituzionali di sorta.
Due ultime annotazioni su Parigi, entrambe positive. La prima riguarda l’ampia accettazione da parte della maggioranza degli/delle intervenuti/e (ivi compresi rappresentanti di partiti e parlamentari europei) della centralità del Forum sociale europeo come luogo unitario di elaborazione e mobilitazione per un’Europa antiliberista e antiguerra: e in tal quadro i tentativi di una parte degli Attac europei (quelli “non-movimentisti”, che ritengono anzi di essere essi stessi il movimento, in polemica aperta con gli altri Attac, tra i quali gli italiani e parte dei francesi, che invece si considerano pienamente interni al movimento e ne rispettano luoghi e scadenze) di fornire calendari di mobilitazione e piattaforme precostituite al di fuori del contesto unitario, sono stati battuti con chiarezza.
Il secondo elemento riguarda il largo consenso ottenuto dalla proposta di mobilitazione contro la direttiva Bolkestein e le altre direttive liberiste sul lavoro, per la difesa e la riqualificazione dei servizi pubblici e contro la loro mercificazione/privatizzazione, che era scaturita sia dall’Assemblea preparatoria Fse di Praga sia dal Forum sociale mediterraneo di Barcellona. L’Assemblea di Parigi si è pronunciata a favore della mobilitazione, della data proposta (che è quella del 15 ottobre) e delle modalità, e cioè manifestazioni in tutte le nazioni europee dove opera il movimento, in stretto collegamento con l’iniziativa contro il Wto che si terrà da parte di Via Campesina e delle strutture mondiali anti-Wto a Ginevra nella stessa data.