Costa d’Avorio: pressioni occidentali sul presidente uscente

Traduzione di l’Ernesto online

Mentre le ultime elezioni tenute in condizioni sospette in Burkina Faso e in Guinea rafforzavano i partigiani della “Francafrique”, Laurent Gbagbo in Costa d’Avorio si è rifiutato di riconoscere la vittoria del candidato di Nicolas Sarkozy Alassane Ouattara. Il Consiglio Costituzionale ha attribuito a Laurent Gbagbo il 51,45% alle elezioni del 28 novembre.

Secondo Dady Seri, sociologo, membro del coordinamento degli intellettuali africani e delle diaspore, e responsabile ideologico in seno al Fronte Popolare Ivoriano (FPI) – il partito presidenziale – agli elettori è stato impedito di votare nel nord del paese. I voti a Parigi sono stati invalidati in 28 sezioni a causa dei disordini in 8 di esse, il che ha contribuito a complicare il calcolo dei risultati. La sera del 1 dicembre, quando i risultati non erano ancora conosciuti, Youssouf Bakayoko, presidente della commissione elettorale indipendente CEI, che comprende in maggioranza membri del RHDP e del Raggruppamento dei repubblicani (forze dell’opposizione ivoriana a Gbagbo, ndt) avrebbe subito forti pressioni a pochi minuti dalla fine del suo mandato, vale a dire poco prima che venisse rimesso al Consiglio Costituzionale, che lo avrebbero indotto a proclamare dei risultati in condizioni che fanno dubitare. Poi, il giorno seguente Bayakoko sarebbe stato preso in ostaggio nell’Hotel du Golf, sede dell’oppositore Ouattara, per proclamare la sua elezione, nonostante la fine del suo mandato, dal momento che solamente il Consiglio Costituzionale era ormai abilitato a pubblicare i risultati.

E’ di rilievo il fatto che l’8 dicembre al Consiglio di Sicurezza dell’ONU (presieduto dal Gabon, amico della Francia), la Russia abbia manifestato dei dubbi sulle condizioni di proclamazione della vittoria di Ouattara e sui metodi di verifica adottati dall’emissario dell’ONU Choi Young-jin sui 20.000 verbali.

I due candidati hanno prestato giuramento il 4 dicembre 2010, ognuno per conto suo, come presidenti della Costa d’Avorio. Nei giorni seguenti, si sono scatenate violenze tra i partigiani di Laurent Gbagbo e quelli di Alassane Ouattara, che hanno causato la morte di più di 50 persone secondo l’ONU. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’ONU e la Francia hanno minacciato Gbagbo di sanzioni. L’Unione Europea ha adottato un primo pacchetto di sanzioni il 17 dicembre.

Il quotidiano ivoriano filo-Gbagbo “Notre Voie” del 9 dicembre ha accusato l’Eliseo di preparare l’assassinio di Laurent Gbagbo, mentre sul quotidiano del Burkina Faso “Le Pays” del 16 dicembre, l’avvocato Vergés denunciava l’ingerenza francese nel processo elettorale ivoriano. Reagendo alle minacce formulate da Nicolas Sarkozy, il ministro della Gioventù, dell’Impiego e della Formazione Professionale, Charles Blé Goudé ha chiamato a raccolta le truppe. Tuttavia ha sottolineato che non inciterà i suoi partigiani ad attaccare le forze internazionali presenti nel paese per non dare alla Francia il pretesto per intervenire militarmente contro i patrioti ivoriani. Lo stesso Gbagbo ha chiesto la partenza dei caschi blu e delle forze francesi dell’Operazione “Licorne” in Costa d’Avorio.

Dopo lo scacco subito dalla sua mediazione il 17 dicembre, il presidente della commissione dell’Unione Africana, il gabonese Jean Ping, è volato direttamente ad Algeri allo scopo di discutere con il presidente Abdelaziz Bouteflika l’attivazione di un’eventuale forza di intervento dell’UA in Costa d’Avorio. I paesi africani sono divisi: alcuni, la Nigeria in testa, vorrebbero un intervento militare per sloggiare Gbagbo dal potere, altri, come l’Algeria, preferirebbero ancora privilegiare una soluzione diplomatica.

Il presidente della Banca Mondiale, Robert B. Zoellick, ha lanciato un appello a Laurent Gbagbo, la sera di domenica 19 dicembre a Bamako, perché accetti i risultati dell’elezione presidenziale ivoriana e “consegni il potere al vincitore”. Lo stesso giorno, in Piazza della Repubblica a Parigi, scontri tra filo-Gbagbo e filo-Ouattara hanno provocato due feriti. Tra le personalità francesi, Henri Emanuelli (esponente socialista, ndt) sembra essere tra gli ultimi a difendere il punto di vista di Laurent Gbagbo, mentre il Partito Socialista, precedentemente amico del FPI, si è progressivamente avvicinato al punto di vista maggioritario.