Cossiga scrive a Rutelli «Ora l’ amerikano sei tu. Ma coi voti dei pacifisti»

LETTERA APERTA

Caro Francesco, fin da quando ti ho conosciuto, io presidente del Consiglio dei ministri e tu, vicino di casa con la cara Barbara, ancora un giovane militante in politica, non soltanto per la simpatia che entrambi mi ispiraste, pensai che tu saresti potuto diventare un leader politico e un uomo di governo. E ne trovo con gioia conferma nella tua intervista di giovedì scorso al Corriere della Sera, pur dissentendo quasi totalmente dalle tue argomentazioni, in favore delle posizioni assunte dalla sinistra radicale contro la conferma della partecipazione di unità italiane alle operazioni militari, io direi di «guerra non dichiarata», contro i talebani, i «signori della guerra» ed i militanti di Al Qaeda, condotte da una coalizione internazionale sotto l’ «ombrello» della Nato. Anzitutto, credevo di avere io il monopolio di sopranome di «amerikano» e di «servo dell’ America», ma vedo che tu ormai mi insidi, dato che tra poco ti meriterai l’ appellativo di «amerikkano», non con una, ma con due «kk», ed anche forse non solo di «servo», ma di «schiavo dell’ America». Come tu ben sai, io sono contro, da posizioni di realismo «guerrafondaio» e «militarista», al mantenimento della nostra permanenza in quel teatro di operazioni, nel quale l’ «escalation» militare è già in atto, e senza la possibilità di raggiungere nessuno degli obiettivi politici che ci si era preposti sotto l’ impulso e sotto la direzione degli Stati Uniti d’ America. Difendo le posizioni dei «pacifisti», con non neanche troppo lontane ascendenze antiamericane e anti-Nato, della sinistra radicale cui voi «amerikani» ed «atlantici», da te agli amici D’ Alema e Parisi, obiettate il «Patto», seconda «Bibbia laica»!, che mi sono con non poca fatica riletto e che su questo come su altri argomenti non dice nulla, almeno di certo. Vorrei che tu ti ricordassi che senza i voti dei pacifisti, degli anti-americani, degli anti-atlantici, di coloro che sentono ancora il coraggio, e li rispetto, di dirsi comunisti e non hanno buttato nel secchio della socialdemocrazia, come da te e da me da tempo auspicato, il ricordo di sessant’ anni di lotte, e anche dei «no-global» e dei ragazzi che per ira contro la sinistra sono arrivati ad urlare e recentemente a scrivere sui muri: «Dieci, cento, mille Nassiriya!», voi, L’ Ulivo e L’ Unione, non avreste vinto le elezioni. E poi anche tu e gli altri «amerikani» non dovete esser certi, se avete dichiarato di voler ridurre di quattrocento le unità colà dislocate, di mantenere le regole d’ ingaggio: «Sparate poco, anzi pochissimo, meglio nulla», perché per la coalizione meglio un soldato italiano «eroe», con tanto di Messa Funebre solenne in una delle Basiliche maggiori o minori di Roma, che il pasticcio di qualche afghano morto, anche se talebano o di Al Qaeda, e avete rifiutato l’ invio richiestovi dai comandi Nato di una squadriglia di Amx! Che cosa triste! Vuol dire che questa volta l’ «amerikkano» sarai tu, con Arturo e Massimo: ma risparmiate Romano! Con amicizia.